La descrizione del veterinario Giuseppe Carruba Toscano
"Per un caso, due casi di carbonchio ematico nel continente mettono le autorità civili e sanitarie sossopra. A Saluggia (Torino) per due casi di carbonchio nella Cascina Maria, andata e sopralluogo del personale della stazione sperimentale. Nel comune di Furia Canavese, riunione nella casa comunale e sopralluogo alla conceria dei fratelli Romana. Discussione ecc. ecc. Si tratta di casi sporadici di carbonchio (4 agosto 1917 - Giornale Accademia Nazionale).
Nel mio comune e nel territorio dei comuni limitrofi il carbonchio ematico si presenta sotto forma enzootica e panzootica.
Le autorità nessun provvedimento escogitano; niente riunioni, niente profilassi.
Lì c'è l'abitudine, morta la pecora o il bovino di carbonchio, di scorticarla, buttare gli intestini ai cani, la pelle salarla per poi venderla e la carne venderla o mangiarla. Il sangue, l'acqua di lavaggio della carne sparsi sul terreno. Il coltello asciugato sul calzone serbato in saccoccia. Ciò avviene nei pressi dell'ovile, in una parete della casupola o del pagliaio ove si appende l'ovino per la manipolazione.
Il pastore nell'insufflare l'aria per lo più si contagia alla faccia, pigliando la pustola maligna. Non c'è pastore in quelle contrade che non porti gli stampi del fuoco, ricordo al viso per la causticazione della pustola. Negli altri individui, come pure nelle donne, la pustola maligna per lo più viene alle mani perché nel manipolare per cuocere la carne avuta in regalo o comprata si contagiano in quelle regioni del corpo perché sono quelle che ne sono a contatto.
I dintorni degli ovili e gli ovili sono i luoghi infetti e che rappresentano tanti campi morti. Sono stati infettati come continuano ad esserlo per quella disseminazione di deiezioni, sangue e acqua di lavaggio dell'ovino morto in mandra o nel pascolo.
E rappresentano dei luoghi pericolosi. Temutissimi dai pastori. Ivi appena comincia l'estate, pecore non gliene fan dormire più. Si portano in punti non troppo distanti.
Per lo più gli ovili pericolosi sono quelli che hanno il suolo di terra. Gli altri sulla nuda roccia non tanto. Sebbene di questi quasi tutti hanno una o più venature di terra intercalate con delle strisce di terreno.
Nell'inverno non si lamentano casi di carbonchio nelle pecore degli ovili, perché le piogge impastando la terra, le spore restano imprigionate e quindi non possono venire aspirate e poi deglutite dalla faringe come nell'estate quando la polvere si forma a ogni momento e per il vento e per il passaggio degli ovini.
L'infezione degli ovini si verifica così: questo timido animale cammina sempre con la testa bassa annusando il terreno. Il naso è quasi sempre infreddato e vi scorre del muco a candelette. Le spore che si trovano frammiste alla polvere vengono a fissarsi nel muco il quale venendo in qualche inspirazione a cadere nella faringe, da qui passa nel panzone deglutito. Nel panzone le spore si sviluppano e moltiplicano. Ivi trovano un ambiente alcalino, ricco di sostanze nutritive e un calore adatto. In un secondo tempo invadono l'intero organismo portandosi negli organi di predilezione per comparire nel sangue poche ore prima della morte.
Quali i rimedi.
Si tentò la vaccinazione, ma con poco profitto. Il pastore, per non perdere una diminuzione di due tre giorni di latte nell'acme del rendimento (aprile, maggio prima metà), vuole vaccinare nella seconda metà di maggio. Per completare la vaccinazione abbisognano 18 giorni. Si va così ai primi di giugno. Tutta la metà di giugno passa pel periodo di ipersensibilità. Di modo che per potersi dire immune un ovino vaccinato bisogna che dalla prima iniezione passi un mese.
Cosa succede in questo frattempo? I calori han polverizzato la terra del suolo dell'ovile e luoghi circonvicini. L'ipersensibilità in luogo dello stato d'immunità a vaccinazione completa, o di semimmunità naturale per quella che ciascun individuo possiede o per eredità o perché acquisita.
Il contagio è lì presente e la spora viene ispirata tutti i momenti. Gli organismi si trovano allo stadio di ipersensibilità, quindi patatrac. Avviene quel che è prevedibile, parecchi ovini si ammalano e muoiono di carbonchio, mentre di quelli di un branco non vaccinati non ne crepa alcuno.
Ciò si è avverato in alcune mandrie; ne avvenne la sfiducia da parte dei pastori e non ne vogliono più sentir parlare. Non tutti; ma i più sono di tale convincimento.
Nessun ragionamento potrà rinsavirli. La loro mentalità non va al di là di quanto han potuto constatare. La ragione per loro è semplice. Se di due branchi, uno vaccinato e l'altro no, in quello comincia la moria pria che nel secondo è segno che quel rimedio non va; e non va per loro qualunque cosa potrete dire.
Quale i rimedi da escogitare? Due.
Primo: formare la coscienza del pastore di seppellire la carogna morta di carbonchio. Bisogna che denunzi alle autorità civili la perdita. E siccome lui non lo fa per utilizzare un guadagno con la pelle e la carne, bisogna invogliarlo col dargli un premio: in denaro per ogni caso e che superi di poco il ricavato di quei residui.
Secondo: obbligare per legge i proprietari a costruire il suolo degli ovili in cemento, per la opportuna pulizia. La carreggiata larga 5 metri per oltre 100 metri dall'ovile, in acciottolato. Acciottolato nei dintorni del pagliaio o della casetta.
Così solo, e col sopprimere tutti gli ovili infetti, costruendo i nuovi distanti da quelli, si potrà fare la profilassi del carbonchio ematico in Sicilia."
Le vaccinazioni perché diano il massimo utile e si affermino bisogna vengano fatte nel mese di marzo o aprile. Il gregge nel periodo della 1a e 2a vaccinazione, come in quello di ipersensibilità, bisogna portarlo in pascoli e ovili indenni.