La Serendipity

Sul volgere del Terzo Millennio, se ne cominciò a parlare dapprima in musica con la PFM coadiuvata da Fernanda Pivano, poi in editoria con il recupero del saggio di Robert K. Merton collaborato da Elinor G. Barber, scritto nel 1958, ora al cinema. Ma che cos'è? E da dove inizia la sua storia?
Questa teoria di sociologia rifugge in una favola persiana, dove i tre figli del re di Serendip (Ceylon), viaggiando nel mondo superano varie disavventure con acume e capace spirito d'osservazione. Nel 1754, Horace Walpole, per primo conia la voce "Serendipity" (in italiano si è detto di recente "Serendipità"), ovvero il giusto connubio di "sagacia" e "fortuna", che permette in intenzionali scoperte. Da qui parte Merton, a metà degli anni '40 introducendo il termine nelle scienze sociali, cioè: la teoria per la quale cercando qualcosa si trova altro, l'inatteso. Perciò si può dire: made in Serendipity, ad essere l'incipit all'originalità, all'incedere degli "ismi" accomunati nella strumentalizzazione dell'uomo che conduce alla finzione in luogo della valorizzazione.
Vincenzo C. Ingrascì


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