Il latente senso manifesto della "Roba" a Milena

E se ci accordassimo a mo' di gioco, un po' di letteratura, magari filosofica, senza pretese di scienza né tanto meno d'essere un surrogato di storia locale,anche se qualche cenno bisogna pur darlo, allora occorre subito iniziare. Agli inizi del Novecento l'antropologa americana Charlotte Chapman, fece uno studio socio-etno-antro-pologico prendendo visura in loco e scrivendo il saggio "Milocca. A sicilian village"
L'odierna Milena com'è risaputo, ha avuto una nascita spuria data da due frazioni: Milocca appartenente al comune di Sutera e San Biagio del comune di Campofranco e ambedue formatesi da ben cinquantasette robbe (cascinali) Queste dovettero sistemarsi a difesa dal fenomeno del banditismo e le abitazioni- sorgevano attorno ad un cortile e la sera era un piccolo mondo chiuso, che manteneva le tradizioni d'origine.
Le robbe assumevano il nome o il soprannome del capofamiglia più rappresentativo o dal luogo. Nascono così, il senso della robba (roba) e della famiglia (familismo). La Gower sottolinea tal senso, quando conversando con don Peppino, questi con ars philosophandi asserisce che un siciliano è siciliano in Italia, italiano in qualsiasi altra nazione, mentre in Sicilia, costui se di Milocca (Milena) è milocchese (milenese). E a Milocca s'identifica ed è identificato nel villaggio (clan) d'appartenenza.
La robba ed il villaggio sono due entità distinte: per la prima basta pensare a "la roba" del "Mazzarò" di Gíovanni Verga, (Verismo); per la seconda alla convenzione.
Con questo filosofema è messo in risalto che il villaggio o meglio la robba è la "ousia" sociale ed architettonica del sito: si é partiti dalle robbe orthotes physei (per natura) per giungere agli aggruppamenti convenzionali dei villaggi orthotes nomo (per convenzione) e conseguente reductio ad unum, a paese: se si osserva da Pizzo S. Marco in Sutera, l'unità appare pressoché completa. Quest'unità, però, è soltanto "fisica", continua a sussistere nell'animo della persona la specificazione d'appartenenza; sussiste ancora l'ars philosophandi di don Peppino.
Oggi, ormai, è anacronistico parlare di villaggi in numero di quattordici: ne esistono, sopravvivendo alla globalizzazione, solo tre o quattro e sono: Montegrappa, Masaniello, Bonfiglio e Liuzza, prendendo in considerazione i nuclei staccati dal resto urbano ed ancora abitati. Filosoficamente, avanzo un'ipotesi: parlare di "zone" e specificatamente, ad esempio di Zona Mazzini, Zona Piave, Zona Cavour, etc., sostituendo il toponimo villaggio con "zona"e mantenendo il nome di convenzione: già il villaggio riunisce le robbe della zona.
La Gower scriveva: "Gli altri paesi hanno vicinati o zone". Metteva in risalto la peculiare koínè del posto: ebbene, oggi le "zone" sono reali ben al di là del philosophari. E' quando si va ancora a scrivere "Milena, il paese delle robbe" è errato. E' un concetto che necessita d'un chiarimento: "Il paese delle robbe è Milocca"; Milena, semmai è stato "il paese dei villaggi". Ora, empiricamente si coglie nella suddivisione d'origine quel che è definibile: l'aporìa, il latente senso manifesto della robba. Essa è dovuta alla scissura primigenia che si trasmuta in lisi interiore ed interna, in discrasia nell'animo: v'è nel milocchese-milenese, eo ipso, l'antimilocchese- -milenese, emblematico il cielo nuvoloso della foto, sceverando un atteggiamento di benevolenza e di credenza nonché d'affabulazione e pure adulazione nei riguardi del forestiero, perchè, ritenuto ancora, l'ospite del villaggio. Si può definire tale atto: etica aporetica. L'inesorabile apodissi . L'aporia è superabile, confutabile, essendo incoata nel familismo di genesi che è il nocciolo "teoretico" su Milena, con la "virtù". Senofonte nei "Memorabili", scrive: Nessuna bella azione (...) si compie senza di me (…) ottima collaboratrice nei travagli di pace (...) perfetta compagna dell'amicizia. E' la virtù medesima ad esprimersi.
Ma che cos'è l'esercizio del bene nella severità dell'amore. Ciò latita ove si personifica un'associazione (nella personifícazion si "vede" il capovillaggio d'un tempo) e nell'ospite che traviato dall'alto senso d'ospitalità non s'addentra nei meandri particolari, subendo un senso distorto delle cose. Si può obiettare che "l'unità" storicamente c'è stata a partire dall'edificazione dell'attuale chiesa madre, ricordando i fatti dell'Autonomia; la cosiddetta "rivolta delle donne", citata da Luigi Pirandello ne "I vecchi ei giovani''; i fasci dei lavoratori del 1891-93; la riforma della cassa agraria negli anni '50.
L'unità è dovuta alla presenza di forti intenti comuni. E non si fraintenda, come sovente accade, l'affermazione di Arturo Petix in "Da Milocca a Milena" dove dice che di fronte a momenti significativi (calamità, avversità) la gente s'unisce; appunto per necessità: etica estetica.
L'inconfutabile epidissi.
Vincenzo C. Ingrascì


Ritorna alla Home Page