Alla ricerca delle nostre radici
Le abitazioni di Sutera tra l'Ottocento e il Novecento - 2
(Continuazione dal numero di Dicembre 2001)
4. Un indicatore significativo: l'acqua.
L'arrivo dell'acqua a Sutera e l'introduzione dei primi servizi igienici producono i primi e importanti mutamenti di vita..
L'acqua potabile arriva a Sutera nel 1874. E' stata costruita una conduttura di piombo lunga 9 km per collegarsi alla sorgente Corvo in territorio di Acquaviva che ha una portata di 40 litri al minuto. Altri tubi di piombo la portano in 15 punti del paese e 12 fontanelle munite di bottoni a pressione servono la popolazione; per gli animali 2 abbeveratoi.
Prima dell'arrivo dell'acqua i suteresi attingevano largamente ai pozzi ed alle sorgenti del territorio (Girgitello, Musa, Sciacca, Capra, Donnibesi ecc.). Ma la migliore acqua per cucinare era quella piovana.
Sulla facciata di ogni casa correvano le grondaie. Al momento della pioggia all'ultima tegola venivano agganciate delle canalate di ferla che convogliavano l'acqua verso il davanzale della finestra. Qui veniva collocato u lemmu che appena si riempiva veniva rapidamente svuotato in una brocca.
Le canalate di terracotta sono ormai introvabili: ce n'è una molto decorativa in una casa di via Roma con spioventi che partono dal centro per arrivare ai lati (ma non è funzionale ai fini del convoglio dell'acqua piovana); un'altra, caratteristica, al Rabato in via Chiesa, sembra portare l'acqua direttamente alla finestra! mentre un'altra nel quartiere Archi arriva da entrambi i lati fino al centro di una finestra che, una volta, doveva essere solo un davanzale. (Nel rione Archi, in case tuttora abitate, ci sono anche ringhiere di legno in buono stato di conservazione).
Di solito le canalate corrono parallele al ciglio della strada e non creano problemi ai passanti; talvolta si incrociavano con la strada a 90 gradi (vedi in una casa di via Sant'Agata) e per i distratti era una doccia assicurata).
Poiché non ci sono fogne in casa i bisogni del corpo, quando non vengono fatti nei rinali, vengono consumati direttamente all'immondezzaio. L'urina invece, buttata spesso dalle finestre di prima mattina, sconsigliava ai passanti di camminare troppo vicino ai muri.
5. La parete esterna
Nel 1890 " tutte le case non si elevano al di là del secondo piano, compreso il piano terreno", cioè hanno al massimo un solo piano. Ogni stanza, continua il Vaccaro, ha una finestra ampia al massimo un metro quadro, la sua posizione rispetto alla porta provoca spesso delle correnti d'aria poco salutari. Le case "sono sprovviste di affacciate e quasi tutte di balconi".
Il fiorire dei balconi e delle roste deve ancora cominciare: il censimento del 1881 dava come operanti a Sutera-Milocca soltanto 3 fabbri e ciò non deve meravigliare molto perché il risveglio del ferro battuto in Sicilia è degli ultimi decenni dell'Ottocento con i fabbri palermitani che iniziano a lavorare, oltre che nelle loro botteghe, anche nelle fonderie. Ed a proposito di balconi in ghisa, seppure poco usati, ne abbiamo due splendidi esemplari in una casa di via Roma ed un terzo al Rabato.
A partire dal 900 tutti i fabbri suteresi vengono da fuori, come se a Sutera il mestiere non si tramandasse di padre in figlio.
Né il lavoro deve essere abbondante, se il fabbro Francesco Diprima emigra in America (poi però ritorna e rimette bottega) ed altri (ma non tutti) vanno e vengono ad intermittenza.
L'uso del ferro a Sutera cresce parecchio nel Novecento. Negli anni Trenta balconi e ringhiere in ferro sono numerosi, ma lo sono anche (per ragioni di economia) le ringhiere di legno (una in piazza Roma, due vicino la via Mormino poco dopo il numero 150; diverse nelle vie del quartiere Archi, in buono stato di conservazione). Il ferro è invece usato con molta parsimonia in agricoltura. Ancora nel 1955 il 98% degli aratri suteresi erano di legno ed il lavoro dei fabbri si limitava alla sola punta, o vomere (in compenso più di un aratro di legno veniva tenuto nei vari piccoli appezzamenti di proprietà).
Sotto la finestra c'è il davanzale, ricoperto di mattoni, che non sporge dalla casa più di 50 cm (altrimenti il gesso cade sotto il proprio peso).
6. La costruzione della casa ( materiali, tetto, pavimento, scala).
L'andamento delle case e delle vie segue l'inclinazione naturale del terreno. Quando le pendenze superano il 10/15% del terreno la via pubblica prende la forma di una scalinata.
Nel 1890 il selciato delle strade è di pietre di gesso e di malta di gesso.
Anche le case sono dello stesso materiale. Dentro, la parete si lisciava con la cazzuola, senza fracasso: esso, in uso almeno dagli anni 40, è di legno o anche in ferro, ed accompagnato dallo sparviere (sprimieri in siciliano).
"I muri d'ambito normali alla linea di scorrimento delle frane dove sottostà un terreno argilloso, sogliono erigersi con la scarpa del 5% e più"; possono avere uno spessore di 80 cm e oltre; ma in media sono larghi mezzo metro. All'interno i vuoti tra una pietra e l'altra vengono livellati con il gesso e la parete traversata con malta di gesso.
Il tetto è sostenuto da travi di legno, poste a 70 cm l'una dall'altra e ricoperte da canne impastate con cemento di gesso (ad esempio al Rabato in una casa del Comune). Sopra, le tegole a coppo siciliano. Il pavimento è come il tetto, ma è reso più solido dal fatto che sulle canne è steso uno strato di calcinacci e gesso.
Le scale sono molto strette e ripide e di solito lasciano alla propria destra la stalla. Molto basse le porte interne ed esterne, caratteristici i chiavistelli (licchittuna) per chiuderle senza usare la chiave. Le famiglie più benestanti o sensibili avevano splendidi battenti o picchiotti solitamente in ghisa e a forma di animali vari (leone, serpente), animale mitologico (medusa), conchiglia, mano o testa di egiziano (i battenti del Comune in bronzo o ottone sono più recenti, di gusto e sensibilità in voga nel ventennio fascista). Gli altri usavano semplici anelli, rotondi, di ferro grandi o piccoli (per afferrarli con tutta la mano o solo con un dito) o a forma ovale ed erano in ferro battuto. Talvolta bastava anche una maniglia di braciere, riciclata.
Mario Tona
(2 - Continua)
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