Alla ricerca delle nostre radici
Le abitazioni di Sutera tra l'Ottocento e il Novecento - 3
(Continuazione dal numero di Marzo 2002)
5. La divisione delle stanze.
Le famiglie più agiate oltre alla stalla a pianterreno hanno una o più stanze al primo piano.
Chi ne ha diverse ne destina una per la cucina e il forno, un'altra per dormire ed abitare ed una terza per riporre gli attrezzi per lavorare la farina ed il pane.
L'angolo notte è a forma di alcova, con una tenda che lo separa dal resto della stanza (vedi alcove al Rabato, ancora in casa comunale, e al Pisciottolo in case private; spesso vengono aggiunte nuove stanze, o si allungano, scavando la roccia della montagna).
I contadini meno agiati hanno il letto-granaio: è un rettangolo di 2 m. di lunghezza, con rialzo di 70 cm, in gesso. Al capezzale molte immagini sacre, candele e palme benedette legate al rito della candelora ed alla pasqua. In diverse case è possibile individuare ancora i vari angoli di uso o di lavoro, ma difficilmente tutti insieme per via di ristrutturazioni successive.
Letti-granaio, qualche "superbo" cufilaru, forno, la stalla con la volta a dammuso e la mangiatoia, la scala stretta e ripida, il catarrato ed il pavimento in gesso abbiamo molte probabilità di vederli ancora in certe abitazioni del Rabato, dove alcuni angoli sono rimasti intatti perché difficilmente adattabili ai comfort moderni. Questi angoli sfrutta il Presepe Vivente per riproporci la vita quotidiana di una volta.
6. Il dammuso di gesso.
Solo pochi potevano permettersi di costruirsi una casa con stalla al piano terra e abitazione sopra. Chi mette su famiglia non ha solidità economica e quindi chiede al muratore soltanto il piano terra, con tetto a forma di dammuso. Il vantaggio del dammuso è duplice: è tutto in gesso (materiale abbondante) e permette di ricavare, tra la volta ed il solaio, due piccoli ambienti dove conservare il grano e le fave. Quando avrà i soldi, il contadino chiederà di aggiungere il primo piano.
Tali abitazioni, fatte in due tempi, sono riconoscibili dalla scala che deve essere ricavata al piano terra: poiché originariamente non era prevista, il muro di sostegno incontra il tetto del dammuso facendogli perdere la originaria forma rotonda.
Il dammuso è una volta rotonda che percorre la casa in tutta la sua lunghezza e nella parte più alta fa da sostegno al solaio. Tra dammuso e solaio, in vicinanza ai muri vengono costruiti altri due archi minori che permettono di ricavare due vani-ripostiglio per i cereali.
La sua costruzione è un piccolo capolavoro di perfezione. Per ottenere una curvatura semisferica, con una canna si tracciava un arco a tutto sesto nei due muri più lontani ed intorno si cominciava a gettare del gesso. Poi si disponevano le tavole che dovevano reggere il gesso e guidarne la forma circolare. Quando ci si era discostati per circa un terzo dai muri laterali, c'era il rischio che il peso del gesso potesse deformare le tavole di sostegno ed allora si disponevano dei legnami laterali di rinforzo. E quando si giungeva alla parte più alta della volta, si aggiungevano delle pietre di sostegno che poi, ultimato il lavoro, venivano rimosse.
Rimaneva da fare il solaio. Esso coincideva soltanto con la parte più alta del dammuso. Nei due vuoti laterali, venivano costruiti due piccoli archi a sesto ribassato che partivano dai muri laterali, toccavano anch'essi con la loro parte alta un punto del solaio e si congiungevano con una parte del dammuso vero e proprio. Ne uscivano fuori due piccoli vani, molto utili per deporvi gli alimenti di famiglia. Il resto dello spazio tra dammuso e solaio veniva riempito quasi tutto con detriti e calcinacci di gesso e diventava il calpestio del piano superiore: chi poteva lo copriva con mattoni in semplice cotto oppure rimaneva di gesso.
La volta del dammuso aveva uno spessore di 15 cm.
Oltre al dammuso comune, c'era quello a volta reale: veniva realizzato solitamente nelle stanze quadrate, in quanto la curvatura avveniva partendo da tutti e quattro i muri alla stessa distanza.
Esempi, invece, di volte a crociera si trovano nella chiesa di S. Agata, con qualche imitazione puramente decorativa, senza una funzione reale, in qualche casa di campagna.
7. I "petralora" e la preparazione del gesso.
Oggi a Sutera non esistono più cave di gesso né petralora. Una calcara funzionante con metodo tradizionale è ancora a Campofranco, di proprietà della famiglia Modica.
Il gesso veniva comprato dai petralora. Non è una banalità ricordarlo, perché alcuni preferivano comprarsi direttamente la calcara, o fornace, dove il gesso sarebbe stato ridotto in polvere.
Il mestiere dei petralora era pericoloso, qualcuno ci ha rimesso la vita. Bisogna fare dei buchi nella montagna e sistemarvi la polvere da sparo per staccare grandi massi. Ogni chilo di polvere da sparo conteneva 300 gr. di salnitro e 700 di zolfo; ma vi si aggiungeva anche della cenere, per attutire la violenza dell'impatto. La miccia era costituita da una pezza incatramata entro cui veniva messa della polvere da sparo. A volte l'attesa dello scoppio si prolungava eccessivamente e ci si convinceva, talvolta a torto, che la miccia era difettosa. In questi casi la tragedia era purtroppo possibile.
La calcara assumeva l'aspetto di una calotta semisferica che veniva elevata progressivamente partendo da una "porta" lasciata libera per potervi aggiungere altre pietre e paglia. Sotto la calcara veniva scavata preventivamente una fossa, detta cassaro, dove andava a finire la paglia man mano che veniva "spagliata" e consumata. Per accendere la calcara ci voleva molta esperienza. L'imboccatura non veniva mai collocata a tramontana, altrimenti il fumo stentava ad uscire; e le pietre di gesso venivano collocate in modo da lasciare delle fessure che permettevano alle lingue di fuoco di insinuarsi in ogni angolo della calcara.
La cottura poteva durare sei ore o anche molto di più: dipendeva dalla grandezza della calcara e dalla quantità di gesso che si pensava di ricavare. Alcune ne producevano trenta salme, altre anche il doppio.
Terminato il processo di cottura, si producevano alcuni fori nei punti di equilibrio della calcara in modo da farla crollare ed iniziare il lavoro di piccone per ridurlo in polvere. Molto tempo dopo vennero acquistati di seconda mano dei macina-gesso in ghisa che funzionavano come i normali macinini. L'asta che faceva girare la vite centrale era trainata da un mulo.
Preliminarmente i grandi massi fatti staccare dalla montagna venivano ridotti in pezzi più piccoli per favorire il processo di cottura all'interno della calcara.
L'evoluzione dello stile abitativo va di pari passo con gli eventi che incidono sul tenore di vita e le comodità del progresso. Limitatamente alle ripercussioni materiali, è misurabile attraverso alcuni indicatori quali, probabilmente, i servizi igienici (accesso alle fogne e all'acqua in casa), nuovi materiali di costruzione, fonti di energia in casa e nel lavoro (nel '52 la saldatura elettrica rivoluziona da noi il modo di costruire le ringhiere e, più in generale, l'energia elettrica conduce al pensionamento di molti oggetti "pieni" di sudore), la meccanizzazione delle campagne. Chi lo farà avrà agganciato il nostro progresso a quello più generale della civiltà.
Mario Tona
Fine
(Le precedenti puntate sono state pubblicate sui numeri di: Dicembre 2001; Marzo 2002)
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