Personaggi
Giuseppe Buccoleri
Uno dei più affezionato abbonati al nostro mensile, tra gli emigrati montedoresi in Belgio, è Giuseppe Buccoleri fu Salvatore, nato a Montedoro nel 1930 ed emigrato, inizialmente in Francia, nel 1956. Lavora nell'edilizia, in fonderia ed in una fabbrica di ceramica.
Nel 1957 sposa la compaesana Rosalia Chiarelli di Salvatore dalla quale ha avuto due figlie: Enza e Maria Lina. Nel 1963 si trasferisce in Belgio, nella Louviere. dietro pressante invito dei cognati Angelo e Raffaele Chiarelli. Affezionato al paese d' origine ha cercato di farvi ritorno quasi ogni anno nel periodo delle ferie in concomitanza con la Festa di san Giuseppe.
Uno degli avvenimenti che ricorda come un tassello storico della seconda guerra mondiale risale al 15 luglio 1943. Giuseppe insieme al padre e agli zii Calogero, Rosa, Cannela, Calogera e Giuseppina intesi Testa di peddri, si trovavano a Bellanova ed erano intendi "a pisari" con i muli il raccolto di grano insieme a Calogero Mantione inteso Patamuri. Verso le ore 12 arriva una pattuglia di americani: tutti i presenti, nella roba, ebbero paura.
Un certo Calogero Lo Conte di Milena ebbe una crisi e cadde a terra come morto. Per rassicurarli gli americani distribuirono a tutti, ma specialmente ai ragazzi, cioccolatini e scatolame. Poi chiesero se a Montedoro vi fossero dei tedeschi. Uno zio fece cadere dalle mani di Giuseppe i cioccolatini perché pensava che fossero avvelenati, ma il padre che parlava in inglese, per essere stato in America, dal 1912 al 1915, rassicurò i soldati ed anzi li accompagnò in cima a Cappeddu d'azzaru per far vedere con i binocoli che, a Montedoro e nelle vicinanze, non c'erano tracce di tedeschi. 1 soldati americani, dopo una ulteriore perlustrazione, fecero ritorno a Canicattì dove si trovava il loro comando.
L'indomani una commissione formata da Giovanni La Porta (calzolaio), Salvatore Salvo, inteso Sintinedda, (carrettiere),Pietrino Giudici (muratore), Paolino Tona (bracciante) e Gaetano Macaluso, 'mpari Tanu, (bracciante), padre del giovane Michele ucciso il giorno prima dallo scoppio di una Bomba, e che parlava l'inglese, per essere stato emigrato in America, arrivarono a Bellanova con l'intento di parlamentare con gli americani e comunicare che Montedoro era stata abbandonata dalle autorità e che in paese non c'erano tedeschi, la popolazione chiedeva di arrendersi purché si facesse salva la vita dei cittadini e fossero rispettati l'onore e la roba. La commissione, non trovando gli americani a Bellanova, proseguì per Canicattì e arrivata al comando consegnò una lettera, scritta in inglese, dalla signorina Lina Caico Hamilton con la quale si assicurava che il paese era indifeso e che la popolazione era pronta a ricevere gli americani. Il Macaluso protestò energicamente per avere avuto il figlio sedicenne ucciso dalla bomba americana dicendo di averlo ancora chiuso in casa per paura di altri bombardamenti e che il figlio Giacomino ne faceva la guardia.
Gli americani rifocillarono i cinque montedoresi e diedero anche caffè, sigarette, caramelle, cioccolatini, scatolame, ma trattennero Giovanni La Porta e Gaetano Macaluso per precauzione rilasciando invece tutti gli altri che fecero ritorno a Montedoro con l'assicurazione che era stato dato l'ordine di sospendere i bombardamenti aerei e togliere i cannoni puntati sul paese e che i trattenuti non correvano alcun pericolo.
Il 16 luglio arrivarono a Montedoro gli americani ed il comandante dei gruppi, un capitano, fece firmare un Documento di resa al Commissario del Comune Giuseppe Salvo, inteso Capurali, dandone comunicazione, via radio, al Comando di Canicattì. Per ritornare a Canicattì, gli americani requisirono l'automobile di Alessandro Paruzzo abbandonandola poi in contrada Canalotto per mancanza di carreggiata. Alaimo Calogero, inteso Ristuccedda, si è premurato di avvisare il Paruzzo per andare a recuperare l'automobile che stava per essere smantellata se non fosse stata sorvegliata dal fratello Salvatore. Il 17 luglio verso le ore 11.00 rientrarono, a Montedoro, La Porta e Macaluso che raccontarono: di essere stati trattati bene anche se trattenuti come ostaggi. Un maggiore americano aveva consegnato, al farmacista Cataldo Lima, la chiave del piano terra dove giaceva il cadavere del giovane Michele Macaluso, affinché fosse tumulato nel cimitero.
Ad un ricordo storico Giuseppe aggiunge un ricordo di costume: il Piano di lu zi Canninu che si trovava nella via Alighieri e dove i giovani, esclusivamente, si riunivano per ballare. Infatti, lu zi Canninu aveva un giradischi a manovella che azionava per fare ballare i maschi dietro pagamento di cinque lire a ballo. Spesso il dammuso era strapieno di ballerini e alcuni si mettevano a ballare nello spazio di fronte ma senza pagare. Di tanto in tanto gruppi di giovani si riunivano, ordinavano una lanna di carne di agnello al macellaio Calogero Licata che avrebbero pagato a rate e facevano lu fistinu, cioè passavano la serata in allegria.Quando nei paesi vicini C'erano le feste patronali Giuseppe con i suoi amici vi si recavano a piedi utilizzando viottoli e scorciatoie, ma che richiedevano sempre tanto tempo e tanta stanchezza pur di trovare gente, rumori, fuochi d'artificio, facce nuove.
Altri tempi.
L. P.
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