Il Presepe Vivente di Sutera tra religione e tradizione
Col termine presepio, dal latino "praesepium" mangiatoia, si indica l'usanza, la tradizione natalizia di rappresentare plasticamente, ma anche con delle figure mobili, alcuni momenti della natività di Gesù quali, ad esempio, la visita dei pastori e dei Magi.
Il presepio in sé ha origini medievali, basta ricordare che San Francesco d'Assisi ne è stato il promotore, ma la sua diffusione si ha intorno alla seconda metà del 1400. Nel corso dei secoli si accresce sempre più tale usanza fino a raggiungere il massimo sviluppo tra il XVII ed il XVIII secolo in Sicilia, a Roma, a Napoli.
Tale tradizione tramandata da generazione a generazione è giunta anche a noi che viviamo alle soglie del terzo millennio.
Forse, immersi come siamo nella vita frenetica di tutti i giorni, nell'eccessivo consumismo che a volte ci abbaglia facendoci perdere di vista i veri valori, nelle tante sfide che il nuovo millennio propone, oggi si corre il rischio di perdere la vera identità del Natale.
Il presepio è sì rappresentare la natività ma soprattutto è e deve essere, per ogni credente, il luogo da cui ripartire per fare una più profonda riflessione sulla propria fede: Gesù Cristo il Figlio di Dio che si fa Uomo per fare dell'uomo un figlio di Dio.
Ed è in questa cornice che è maturata la consapevolezza di rilanciare agli uomini di oggi il messaggio di Natale, rappresentandolo.
L'ambientazione naturale del quartiere Rabato, la cura dei particolari ha reso sempre suggestivo lo scenario entro cui si snoda e si svolge il presepe al punto tale da rivivere un passato ormai scomparso. Il taglio etno-antropologico e della civiltà contadina suterese, che è stato dato al presepe, mira a recuperare la memoria storica di un passato scomparso ma ricco di valori, di tradizioni.
Le vie del Rabato per otto sere (24-25-26-28-29 dicembre, 4-5-6 gennaio) sono state trasformate nella Sutera di fine Ottocento inizio Novecento, una Sutera la cui cultura era prevalentemente contadina, semplice, accogliente e calorosa. Gente che con poco riusciva a vivere e sapeva essere sorridente, gente che esternava una fede semplice e genuina.
Chi ha avuto modo di visitare il presepe non ha potuto fare a meno di ascoltare le nenie e i canti natalizi eseguiti dal coro Kamicos. Sono nenie, canti popolari che la tradizione, i nostri nonni ci hanno tramandato e che esprimono la vera musicalità del popolo siciliano e la devozione del suterese verso il Natale. I nostri nonni vivevano il Natale celebrando la Novena con grande devozione, basta ricordare che alle cinque del mattino le nostre chiese erano gremite di persone che prima di andare nei campi a lavorare andavano a celebrare la novena mentre oggi le nostre chiese non sono gremite e la novena non sempre è vissuta come tempo di attesa: dovremmo imparare molto dai nostri antenati i quali ci hanno trasmesso tanti insegnamenti e valori che noi abbiamo lasciato "morire" perché sottoposti a continui condizionamenti di culture personalistiche che se da un lato inneggiano la persona dall'altro riducono i rapporti, e nei peggiori dei casi calpestano i veri valori.
Il presepe vivente quest'anno presentava alcune novità. Bisognava pagare un biglietto di 4 euro, c'erano il doppio delle postazioni (45) rispetto all'anno precedente, disposte lungo un tragitto più ampio e articolato, si poteva acquistare qualche prodotto tipico.
Per l'occasione il Comune ha provveduto alla creazione di nuovi parcheggi, al potenziamento della segnaletica, al reclutamento di alcuni ausiliari del traffico che hanno permesso di ammortizzare egregiamente l'afflusso enorme di automobili, camper, pullman. Inoltre erano disponibili una decina di wc dislocati lungo il percorso, affittati per l'occasione (che probabilmente sarebbe meglio realizzare in muratura), ed una decina di vigilantes controllavano che tutto andasse bene. L'organizzazione a tempo di record è andata benissimo grazie al senso di responsabilità mostrato da tutti e di cui la cittadinanza si può vantare. Molto gradita, poi, è stata la cartolina raffigurante il presepe che si poteva ritirare con l'annullo filatelico delle Poste Italiane presso la postazione della Pro Loco.
La Via Mameli artisticamente illuminata e i negozi di alcuni commercianti locali brillantemente addobbati precedevano la fila di persone all'ingresso del presepe; nell'attesa, i bambini assistevano meravigliati allo spettacolo dei burattini annunciato da un corpulento Babbo Natale organizzato dall'associazione teatrale G.O.D.
All'interno il presepe è un vero tuffo nel passato: sono riproposti antichi mestieri ormai scomparsi che le persone anziane ricordano con nostalgia mentre per i giovani diventa tangibile quello che finora avevano appena intuito dai racconti dei nonni e dai libri di storia. E' incredibile verificare come l'ingegno umano sopperisse alla mancanza della tecnologia: il metro fatto dallo spago interrotto ad uguale distanza da nodi; anche i piatti venivano riparati con una mirabile tecnica (si foravano i piatti rotti con uno trapano artigianale, si cucivano col fil di ferro e venivano incollati con una colla particolare ); la tessitura era fatta dall'antico telaio, la gustosa e genuina pasta fresca fatta in casa, "lu canalaru" che faceva le tegole con la creta, il fabbro ferraio e le tecniche del ferro battuto ecc. ecc. Tutto era artigianale ed è veramente una fortuna che il nostro paese possa riproporre questa incommensurabile eredità che ci ha permesso di diventare una delle mete più visitate dell'intera Sicilia, registrando circa ventimila presenze, con Monte San Paolino illuminato a indicare la via ai visitatori affascinati dalla sua maestosità e ciò grazie al passaparola messo in atto dalla popolazione, ai manifesti, alle locandine, alla pubblicità sulla televisione e sui giornali.
Le botteghe, riprodotte fedelmente come erano un tempo, sono inserite all'interno di grotte e "dammusi" tipici del quartiere Rabato, cornice ideale, che in questo periodo risuscita dalle proprie ceneri e si offre al visitatore con un fascino surreale, indescrivibile, tra odori di fieno e di olive nere riscaldate sui tizzoni ardenti, tra il canto di nenie antiche e l'inebriante sapore di ceci bolliti arricchiti dal profumato olio locale, tra l'odore intenso di animali vari come muli, asini, pecore, galline che un tempo erano residenti abituali nelle stesse case della gente e il gusto genuino del succulento "pitirri". E che dire delle fave "calliati", dapprima quasi scartate dai degustatori e che invece poi, una volta assaggiate, andavano a ruba accompagnate dal buon vino offerto nella postazione vicina, mentre nella successiva, all'interno di una grotta, la za Rita, la za Norina e la za Pippina erano intente a schiacciare mandorle "cu lu chiuvu 'ncapu la valata" e a raccontarsi come quella mattina, andando a prendere l'acqua al canale di lu "pisciuttulu", s'era rotta la "quartara" di la za Turidda e "lu conzapiatta" per ripararla le aveva chiesto "tre soldi e un "quartu" di frumento: per quella sera le mandorle sarebbero bastate, insieme alle olive e al formaggio; per i bambini invece un po' di latte di capra.
Decisamente un vero e proprio tuffo nel passato.
Qualche visitatore si commuove vedendo il suo vecchio mestiere di "scarparu", ricordo di una gioventù lontana e subito ne approfitta per dare lumi al nipotino che guarda stupefatto; altri invece osservano incuriositi l'antica arte del "siggiaru". Tra tanta genuinità mi è pure venuta voglia di acquistare qualcosa da portare a casa per ricordo, forse un centrino all'uncinetto o magari un lavoretto di ceramica fatto dai bambini della scuola o forse un "panariddu" mirabilmente realizzato in diretta da mani esperte.
I suteresi si sono organizzati veramente bene, hanno dimostrato una eccezionale vitalità, hanno lavorato con sacrificio e si sono impegnati per confermare ancora una volta la calorosa ospitalità della quale sono dotati, la straordinaria genuinità dei loro prodotti: è la riprova che insieme si possono ottenere risultati strepitosi.
La città di Sutera rifiorisce , un popolo si ritrova, si rivaluta e tutto sembra più facile : Sutera ingens ac subtilissima civitas, retaggio di un lontano e fiorente passato che alimenta miti e leggende e inorgoglisce i suterese di oggi.
Conservare, valorizzare, proporre quello che il paese può offrire risulta vincente e un museo in pianta stabile al Rabato verrebbe sicuramente apprezzato da scolaresche e da chiunque lo visitasse.
I suteresi hanno in mano il proprio destino e creare un comitato direttivo al quale partecipino le rappresentanze del paese nell'ambito di tutte le manifestazioni di carattere culturale finalizzate allo sviluppo turistico forse sarebbe opportuno.
E intanto è arrivato il giorno dei Re Magi, girano le postazioni di stanchi ma soddisfatti figuranti, e il bambino Gesù riceve i doni di chi più di 2000 anni fa assistette al miracolo più grande della storia. Il Natale è quest , è la nascita di Gesù all'insegna dell'amore per gli uomini e tra gli uomini: ricordiamocelo! .
Prima di concludere questo articolo, che speriamo vi sia piaciuto e abbia potuto trasmettere qualche sensazione, sentiamo il dovere di fare un appello particolare ai nostri emigrati che non erano presenti: Rabatisi emigrati, il prossimo Natale venite a riscoprire il vostro vecchio, caro quartiere. E voi, nuove generazioni, venite a vedere la memoria dei vostri padri.
Infine, facciamo i complimenti a tutti i volontari, a tutte le associazioni ed enti: la Parrocchia Madre Maria SS. Assunta, l'Ass. Reg. Beni Culturali, Proloco, Ass. Kamicos, Comune di Sutera, G.O.D., Prov. Reg. di Caltanissetta con l'auspicio che possano anche il prossimo anno lavorare insieme e in sintonia per il bene di tutta la comunità.
Giovannella Difrancesco
Giulio Amore
Le postazioni del Presepe Vivente: 1. la sarta; 2. lu furnu; 3. lu falignami; 4. degustazione pani cunzatu; 5. li picurara; 6. la grutta; 7. lu conzapiatta; 8. lu pastaru; 9. la lavannara; 10. lu mulinaru; 11. lu scarparu; 12. lu pitturi; 13. lu viddanu; 14. lu burgisi; 15. lu uttaru; 16. lu siggiaru; 17. la putìa; 18. lu firraru; 19. lu carrittiri; 20. li panarara; 21. li raccamatrici; 22. li tessitrici; 23. lu canalaru; 24. l'osteria; 25. degustazione ceci; 26. lu zì Lillu: rosolio, vinu rossu e bianco; 27. lu zì Nofriu: favi, ciciri e cafè calliati; 28. la za' Rita e la za' Nofria: scacciu di mennuli e fastuchi; 29. la za' Rosa: pizzu, tili e coperti tissuti; 30.la za' Angilina: tulara, fusu, busu e tric e trac; 31. lu Rabatu ammucciatu; 32. lu zì Peppi: meli, cira e cirazzu; 33. u zì Lorinzu: firru abbattutu; 34. la za' Pappina: pitirri e taglierina; 35. lu Rabatu inthirnatu; 36. la za' Carmela: pani callu, viscotta e virciddrata; 37. la za' Turidda: raccamu, linzola e curredu; 38. lu zì Carmelu l'ogliaru; 39. curtigliu di l'assaggiu; 40. aiutammu li carusi: ciramichi e terracotta; 41. l'aria; 42. lu trappitu; 43. lu zì Totò: ugliu e tumazzu; 44. sapuri antichi; 45. canistri, panara e panareddi.
Ritorna alla Home Page