SUTERA PRIMO '900, L'EMIGRAZIONE NON ERA AFFARE DI SOLI UOMINI


Il ruolo delle donne nella emigrazione di inizio secolo era stato esaminato nel 1995 da Linda Reeder come tesi di dottorato presso l'università Rutgers del New Jersey. Nel marzo scorso il lavoro di Linda, una donna di quaranta anni sposata con David Tager, da cui ha avuto una adorabile figliola di cinque anni, ha visto pubblicare il suo lavoro dalla "University of Toronto, press" a cui ha ceduto i diritti; libro che è attualmente distribuito anche nel Regno Unito con lo stesso titolo di una volta: widows in white, vedove bianche.
Vedove bianche erano le donne rimaste in paese agli inizi del Novecento mentre i loro uomini si recavano negli Stati Uniti. I suteresi andavano principalmente in Alabama e Pensilvania. Le informazioni economiche che in America accompagnavano gli elenchi dei paesi di provenienza degli emigrati consideravano Sutera come paese minerario ed a Birmingham (Alabama) c'era una economia prevalentemente mineraria. Una inchiesta del Senato americano accertava che gli italiani lavoravano nelle miniere, o nei negozi e attività collegate ai bacini minerari. Dunque anche i suteresi andavano negli Usa per essere impiegati nelle miniere.
Linda ha svolto la sua indagine nei comuni di Ficarazzi, dove ha trovato poco materiale, e principalmente a Sutera, dove ha avuto a disposizione le informazioni ricavabili dalla anagrafe e dall'archivio storico. New York era la destinazione di lavoro dei ficarresi, mentre i suteresi andavano principalmente negli stati già ricordati dell'Alabama e Pensilvanya o, in misura minore, a Buffalo.
Ma come vivevano a Sutera le donne degli emigrati?
Le Vedove Bianche, intanto, erano le più attive nel mercato delle case, sia come compravendita sia come nuove costruzioni. Le loro case erano più grandi, con qualche stanza in più; c'era anche un primo piano (altrove, in provincia di Caltanissetta, erano attive anche nel commercio o nella gestione dei bar: ma questo, pur possibile, non è documentabile a Sutera). Negli uffici dell'anagrafe Linda ha ricostruito la composizione delle famiglie, seguendo il filo dei registri delle nascite (in cui talvolta si dichiarava che il padre non poteva rivelare al Comune il neonato, in quanto emigrato), l'elenco dei passaporti a Sutera, l'elenco dei passeggeri sbarcati a New York. Ed a Caltanissetta ha controllato i catasti delle case e i nomi dei proprietari. Infine ha inserito nel computer le informazioni più disparate, che comprendevano un arco di tempo tra il 1880 ed il 1920, e comparato i dati. Per accorgersi, tra l'altro, che i tre quarti del suo campione di indagine avevano fatto ritorno nel proprio paese.
Inoltre l'emigrazione motivò le donne ad imparare a leggere e scrivere. C'era necessità di comunicare direttamente con i propri familiari, vedere con i propri occhi la consistenza delle rimesse, anziché far conoscere questo tipo di informazione agli istruiti estranei. Tra il 1905 ed il 1913 (gli anni a più forte intensità migratoria) aumenta sensibilmente il numero delle donne che frequentano i corsi serali e le scuole domenicali.
Infine le donne collaboravano anche nella organizzazione dei viaggi. L'emigrazione non fu una questione di soli uomini, fu un "affare" di famiglia, discusso e pianificato insieme. Viaggiano sulle navi uomini apparentemente senza rapporti, fino a quando non si scopre che sono accompagnati da donne che risultano essere nipoti, cugine, cognate, mettendoli così in relazione. Dunque, in modo invisibile ma solido, attraverso un processo indiziario credibile, è possibile ricostruire un ruolo importante e complementare delle donne.
E così Linda, oltre a darci preziose informazioni in un campo poco illuminato, ci ha fornito anche una buona lezione di "metodo" di indagine.

Mario Tona


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