Libri da leggere
Arturo Petix
Da Milocca a Villa Littoria a Littoria Nissena a Milena
Milena 2003

Raccogliendo l'invito-quesito di Leonar-do Sciasela, divulgato su La Voce di Campofranco di Nov.-Dic. 2003, Arturo Petix, con-dusse la ricerca sui cambi di nome di Milena, uscendo postuma, ora, la plaquette "Da Milocca a Villa Littoria a Littoria Nissena a Milena".
Il tecnicismo dello schema del titolo si rivela e trascina fino in fondo con l'equo apparato di note. Petix, usa indistintamente i termini di robbe e robe; lo si puntualizza, nei riguardi di qualche pseudo critico sull'u-tilizzo del secondo modo.
La storia del cambio di nome, scivola via, senza intoppi; così, Milocca, per risolvere problemi di ordine pratico, di necessità, si rende «capace di avallare la richiesta del nome Villa Littoria, in cui se i vari villaggi giustificano l'appellativo di Villa, quello di Littoria, nome caro al Duce, inseriva la comunità Milocchese nel pieno contesto della realtà Fascista», venendo depauperata della propria identità, snaturata, perché il nome indigeno (e dell'indigeno) è milocchese! Difatti scrive A. Petix: «si era voluto Villa Littoria, quasi a conservare la propria individualità, ed ora si ha una Littoria Nissena che non dice niente a nessuno».
E, poi «in fondo Littoria Nissena non era un brutto nome, tanto più che la gente dei paesi vicini, e non solo quelli, continuavano a chiamarla Milocca e la gente continuava a chiamarsi Milocchese». La situazione «si prestava allo scherzo sagace della gente dei paesi vicini che canzonando i Milocchesi, chiedeva come potevano essere chiamati gli abitanti di una Littoria Nissena!».
Si disponeva la successiva modifica in Milena, omaggio alla madre della Regina Elena di Montenegro, Milena Vukotic, moglie dello zar Nicola I, deceduta nel 1923.
Ma, alla caduta del Fascismo, si chiese e ottenne il doppio utilizzo di Milocca e di Milena, protrattosi fino al gennaio del 1947 quando "tornò" ad essere Milena. Nel sag-gio manca, però, l'aspetto narrativo, quella "commedia collettiva" posta ad epigrafe del testo.
Anche se vi sono diversi intercalari di un'ironia che parrebbe tutta di influenza sciasciana, a volere porre il sigillo dell'invito.
Vincenzo C. Ingrascì


Ritorna alla Home Page