Emigrati montedoresi nel mondo


Enza Buccoleri - Belgio
Tra i tanti emigrati che sono rientrati a Montedoro, per il periodo delle ferie, abbiamo incontrato Buccoleri Enza figlia di Giuseppe e di Rosalia Chiarelli, nata in Belgio 45 anni fa, sposata con Francesco Marotta di Aragona (AG) insieme alla loro figlia Laura, che esprime la sua gioia di essere ancora una volta nel paese dei suoi genitori e dei suoi nonni. La prima volta che Enza è venuta a Montedoro aveva otto anni ed ha potuto sperimentare l’ affetto dei suoi nonni materni: Salvatore Chiarelli e Marietta Licata che abitavano in cima alla via Roma, nella parte alta del paese da dove si ammiravano i tetti delle case del paese, il Calvario, Pupiddu, il castello di Mussomeli, la rocca di Sutera, il Monte Cammarata, Gibellini; “immagini che ho fissato nella mia memoria e che mai dimenticherò” dice Enza con una certa emozione. Poi, andava a trovare i suoi nonni paterni: Salvatore Buccoleri e Vincenzina Saia che abitavano in via del popolo in una casa che in seguito è stata demolita per dare spazio ad uno stabile di Giuseppe Saia. In quegli anni trascorreva i suoi giorni di vacanza a Montedoro nella massima libertà giocando con i ragazzi dei Carlotta e dei Guarnirei per le strade e al Cozzo Tondo, andando ad assistere agli incontri di calcio tra la squadra di Montedoro e quella di Serradifalco che spesso finivano in baruffa. La festa di San Giuseppe era il momento forte delle vacanze di Enza: la banda musicale che suonava per le strade, le bancarelle nella Piazza principale, la Gimcana automobilistica e i fuochi d’ artificio con i botti molto forti, la raccolta delle offerte alla ‘ntorcia con i cavalli tutti bardati accompagnati dalla banda musicale ed infine la processione della statua di San Giuseppe per le vie del paese. Dice ancora Enza: “ ormai, non posso giocare più per le strade come facevo allora, però posso rivivere le emozioni ed i sentimenti che provavo per la Festa di San Giuseppe e per questo sono venuta a Montedoro in questo periodo. La Festa riunisce molti montedoresi nella gioia e questo è molto bello! A me in particolare piace la processione della statua di San Giuseppe per le vie del paese e la notturna fatta di suoni e di balli del sabato notte durante la quale vi è un sano divertimento. Un altro particolare, dei ricordi di Enza, è costituito dalla figura di Turiddu Filidda (Salvatore Taibbi) con i suoi cani e le biciclette, ma che nel periodo della festa suonava un tamburo e si vestiva in modo eccentrico e stravagante: da soldato romano, con delle pelli d' animale, con dei mantelli rossi ecc. Un personaggio che accendeva la fantasia dei ragazzi che spesso lo seguivano per le vie del paese.
Per Enza la bellezza del paese, più che nel suo aspetto paesaggistico che è rilevante, sta nella possibilità di sviluppare tutta una serie di rapporti umani che è impossibile nelle città sia in Belgio che anche in Italia. Del paese le piace la parte più antica quella costituita dalle case unifamiliari una attaccata all’altra, ma tutte diverse, dove le persone vivono nei piani terrani, nelle vie strette magari con le gradinate. I segni della civiltà contadina sono quasi scomparsi del tutto, quando per le strade vi erano i carretti , con i muli e gli asini, le galline nelle gabbie per le strade, le donne sedute all’ ombra che lavoravano all’ uncinetto e ricamavano al telaio magari con delle bambine accanto alle quali insegnavano i primi rudimenti del ricamo.
Certamente in un piccolo paese ci si conosce tutti, si conoscono i parenti e gli antenati ed anche l’uso del soprannome costituiva il segnale che tanti altri avevano lo stesso nome e lo stesso cognome. “Il paese è ben sistemato ed accogliente e si organizzano diverse manifestazioni in estate per trascorre le giornate in allegria quindi – conclude Enza – è auspicabile che tanti emigrati tornino a trascorrervi le ferie, sia per rafforzare i ricordi dell’ infanzia, sia per riscoprire le proprie radici e la propria identità”.

Lillo Paruzzo

Salvatore Tulumello - Vercelli
In un paese basta un nome di una persona o meglio un soprannome, una denominazione di un angolo, di una piazzetta, di una casa perché si accenda la memoria personale, ma a volte collettiva di persone; fatti, eventi e situazioni dell’ intero paese con risvolti che hanno dello storico, della vita sociale della stessa comunità.
Questo mi è successo incontrando Totò Manazza per distinguerlo dai tanti suoi omonimi. Salvatore Tulumello figlio di Giuseppe e di Gueli Giuseppina, nato a Montedoro nel 1945, conseguito il Diploma presso l’Istituto Agrario Angelo Di Rocco di Caltanissetta, nel 1965, è emigrato a Vercelli nel 1968 lavorando come chimico presso l’ industria tessile Chatillon e l’ anno successivo, a causa della chiusura della fabbrica a Delepio in provincia di Sondrio. Nel 1970 sposa Michelina Cerfoglia dalla quale ha avuto due figli: Luca e Marco.Quindi viene assunto a Samolaco (SO) nell’ Azienda Vallespluga famosa per i galletti amburghesi dove tuttora lavora come tecnico agrario. Il padre di Salvatore, Giuseppe aveva una sala bigliardo in quello che era stato il Dopolavoro dell’ ONF, ma nello stesso tempo, in periodi successivi, vendeva radio, orologi, rasoi elettrici e, dal 1958 , le prime lavatrici elettriche quelle che avevano lo strizzatoio a mano, cioè, erano ancora senza centrifuga e dal 1965 le bombole a gas.
La sala bigliardo, molto frequentata, da studenti, impiegati, professionisti, ma anche minatori, era uno dei punti di aggregazione del paese e le partite a carambola, all’ italiana, alla parigina, a bazica erano tutto uno spettacolo in quanto vi erano diversi spettatori ed i giocatori, in eterna sfida, sotto la guida del vecchio farmacista Tatà Lima, disegnavano lo spostamento delle palle ad ogni tiro. La piazzetta XX Settembre, per oltre mezzo secolo, ha preso la denominazione di Dopolavoro in quanto locale esclusivo diverso dai bar, delle stesse sedi di partiti od associazioni mantenendo la denominazione ancora dopo molti anni la sua chiusura.Ancora oggi, dalla maggior parte della gente, la piazzetta, viene denominata”Dopolavoro”. Accanto ai locali dei Tulumello c’era un grande cipresso che, certamente, costituiva un angolo caratteristico del paese, nel quale si rifugiavano migliaia di passerotti.Il loro potente cinquettio era un perenne concerto che, si diffondeva nel silenzioso paese, in maniera unica e straordinaria. Era “l’albero” del paese: un simbolo. Della bellezza del grande cipresso se ne è sentita la mancanza quando è stato abbattuto per dare spazio allo stabile di Zingali, Piccillo, Attardo. Carlo Bona, Nicolò Bona, Lillo Messana, Lillo Randazzo, Salvatore Chiarelli, Alfonso e Lillo Alfano, i fratelli Angelo e Salvatore Morreale, Amedeo La Porta, Rosario Piccillo, Angelo Randazzo, Nicolò Bufalino, Giuseppe Piccillo di Giovanni, Lillo Morreale di Francesco, Salvatore Tulumello di Ignazio, Federico Messana di Ludovico e i minatori: Antonio Sanfilippo, Angelo Morreale, Giuseppe Galante,Orazio Randazzo, Giuseppe Provenzano sono stati alcuni degli assidui frequentatori degli anni 50-60 del secolo scorso.
La mamma di Salvatore Tulumello, Giuseppina Gueli, era figlia di Emanuele, macchinista delle ferrovie in pensione, di Caltanissetta, trasferitosi con la famiglia a Montedoro nel 1935 perchè aveva in gestione il Parco delle rimembranze e quindi: curava gli alberi e le piante con molta perizia riuscendovi ad intagliare, in quelle ornamentali, diversi motivi e addirittura delle figure di animali suscitando l’ ammirazione dei visitatori. Confezionava le ghirlande di fiori per le varie occasioni e vendeva anche mazzi di fiori. Aveva un’ altra grande passione costituita dai palloni aerostati di carta colorata che preparava nelle fogge più originali per le feste patronali non solo di Montedoro, ma anche dei paesi vicini. Lo zio di Salvatore, padre Angelo Tulumello (1915-2003), è stato il primo sacerdote gesuita montedorese con una lunga attività di predicatore, autore e pubblicista degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio, di M. Ledrus, W.H. Longridge(anglicano) e R.M. Benson.
La zia di Salvatore, Angelina è stata insegnante di scuola elementare per alcuni anni a Montedoro e diversi ex alunni ne conservano un caro ricordo. Salvatore e la moglie Michelina, ogni anno, tornano a Montedoro per trascorrervi le ferie e riaccendono la memoria collettiva del paese con la loro presenza, ma nello stesso tempo – come dice lui – viene per respirare un po’ di aria paesana e fare un tuffo nel passato.

Lillo Paruzzo


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