La fiaba nello sviluppo mentale del bambino - 1
Pubblichiamo volentieri, a puntate, il saggio del pediatra dott. Antonio Cumella per soddisfare le numerose richieste pervenuteci, da ogni parte, dopo la presentazione che è stata organizzata dal nostro giornale in occasione della raccolta di fondi per aiutare le gemelline Eva e Federica Favata. (La Voce di Campofranco, n. 403, febbr.-marzo 2004, pag. 1)
Sia il pediatra Cumella che l’editore Terzo Millennio di Caltanissetta hanno dato il consenso alla pubblicazione gratuita su queste pagine. Li ringraziamo anche a nome dei lettori.
Iniziamo con la prefazione curata dal prof. G.B. Cavazzuti, Ordinario di Pediatria all'Università di Modena, fra i maggiori esperti di Neuropediatria in Italia.
PREFAZIONE
Come pediatra "di lungo corso", costantemente contiguo alla neuropsichiatria infantile, ho sempre visto con un certo interesse i contributi dei pediatri che, rimanendo tali, si sono dedicati a ricerche nel campo della psicologia dell'età evolutiva.
Purtroppo questi contributi sono stati sporadici, no-nostante alcuni splendidi esempi; basti citare D.W. Winnicot e, in Italia, Renata Gaddini.
Ho quindi seguito con attenzione e soddisfazione il percorso di Antonio Cumella che, pediatra - psicologo, dimostra di conoscere i bambini in tutte le loro dimensio-ni e che, nel giro di dieci anni, ha pubblicato diversi saggi di sicura utilità per colleghi, genitori e insegnanti.
Quest'ultima fatica di Cumella (La fiaba nello svi-luppo mentale del bambino) merita particolare considerazione, e non solo perché il tema della fiaba è stato trattato sinora, a mia conoscenza, da psicologi, pedagogisti e letterati.
Nella generalità delle famiglie, la televisione ha oggi sostituito la fiaba, che è una comunicazione verbale che innesca una elaborazione concettuale oltre che una partecipazione personale del bambino alla vicenda narrata. Il racconto della TV, fondato sull'immagine del fumetto continuamente cangiante, non può essere alternativo alla fiaba, semmai dovrebbe esserne la conferma visiva o l'integrazione, mai contraddittoria.
Appare interessante, tra l'altro, lo studio di Cumella che confronta la narrazione della violenza nella fiaba con la sua rappresentazione televisiva. Nel primo caso la vio-lenza potrebbe essere esorcizzata, nel secondo il suo effetto sul bambino potrebbe essere devastante. Questa ipotesi merita di essere confermata da ulteriori ricerche, ma qui ci viene presentata in modo senz'altro credibile.
Venendo ai rapporti della fiaba con lo sviluppo men-tale, si deve senza dubbio convenire con Cumella che la partecipazione del bambino alla storia sotto la guida del narratore contribuisce, alla regolamentazione della fantasticazione, iniziata col gioco e col sogno ed esasperata dalla fase edipica. È certo che la struttura della fiaba con-sente una corretta identificazione (il protagonista) e da un contributo allo sviluppo etico (la giustizia).
D'altronde il substrato comune a tutte le fiabe in tutte le latitudini, fondata su elementi semplici chiari e accettabili, può essere a ragione considerato espressione di un inconscio collettivo, donde la sua validità etico-sociale.
C'è da augurarsi che il lavoro di Cumella prosegua e si estenda, anche con esemplificazioni casistiche, e che i pediatri, che oggi sono i consiglieri delle famiglie e i difensori dei bambini, raccolgano e diffondano il suo insegnamento.
Andando oltre il tema della fiaba e considerando le attuali competenze dei pediatri, che si estendono a tutta l'adolescenza, bisognerebbe esaminare la molteplicità dei messaggi che, dopo la prima infanzia, i nostri ragazzi ricevono: dai giornalini, ai libri di avventura, alle novelle, ai romanzi, al teatro, ai film (oltre alla TV e ai video-giochi). Sono messaggi via via più complessi e inevitabilmente contradditori. E ciò mentre il sostegno della famiglia è spesso limitato e nella cultura domina il "pensiero debole".
Se è vero che i messaggi dei media concorrono al clima di inquietudine col quale è iniziato il nuovo millennio, occorre anche dire che il pediatra non può farsi coinvolgere da un generale pessimismo, perché è suo compito prendersi cura dei bambini, che saranno i protagonisti di questo secolo. Per cui ha senso l'interrogativo finale di Cumella: "La fiaba è solamente una prerogativa dell'infanzia?" In realtà la fiaba insegna anche a noi che "bisogna combattere contro le difficoltà della vita" (anche contro quelle interiori) e che, dopo momenti drammatici tutto può volgersi verso un lieto fine.
Per bambini e per adulti la fiaba è speranza.
G. B. CAVAZZUTI
FIABA E MENTE
La gran parte dei genitori pensa che la mente dei propri figli funzioni come la propria, ma non è così.
Un bambino sviluppa la propria mente in tanti modi, ma in particolare attraverso la comprensione della sua individualità cosciente.
Per fare ciò non può utilizzare le vie razionali, ma solamente le uniche vie che nel suo cervello hanno un funzionamento preponderante se non unico, cioè le vie emotivo-affettive. Ecco perché la fiaba ha un valore senza pari, tanto grande quanto purtroppo sottovalutato oggi. Infatti la fiaba viene recepita dal cervello proprio attraverso le vie emotivo-affettive, offrendo nuove dimensioni all'immaginazione del bambino, che non potrebbe scoprirle se fosse lasciato completamente a se stesso.
Inoltre la fiaba da suggerimenti al bambino per mezzo dei quali può strutturare la sua esistenza, dimostrandogli che bisogna lottare contro le difficoltà della vita e lo pone dinanzi alle problematiche umane più importanti.
La fiaba per sua natura è esemplificativa, ed infatti esprime le difficoltà esistenziali in modo conciso, chiaro, in modo che il bambino possa affare il problema nella sua essenzialità, mentre delle trame complesse la renderebbero incomprensibile confusa.
Ogni personaggio è tipico e non unico, esprimendo il netto dualismo tra male e bene.
Il bambino tende ad identificarsi con l'eroe della fiaba e la lotta che l'eroe svolge col mondo esterno instaura nel bambino il senso morale.
La fiaba vuole dimostrare al bambino che il delitto non paga e che la sola punizione o la paura di essa, è un semplice deterrente per il delitto, mentre il delitto in sé è esecrabile al di là della punizione stessa.
I personaggi delle fiabe sono ben caratterizzati buoni o cattivi, o intelligenti o stupidi e così via mai ambivalenti, proprio come il modo di ragionare del bambino.
La polarità consente al bambino di comprendere subito e senza indugi la differenza fra le due caratterizzazioni.
Il bambino apprezza e si schiera a favore non soltanto del bene, ma anche dalla parte di chi suscita la sua simpatia. L'enorme valore della fiaba sta risposta che dà ai quesiti esistenziali che tutti, dico tutti i bambini si pongono.
La fiaba prende sul serio le ansie, le paure, le angosce e i complessi del bambino. Questa risposta
sta viene data nell'unico modo in cui il bambino la può comprendere, cioè per mezzo dell'immaginazione.
La fiaba aiuta il bambino ad abbandonare i suoi desideri infantili di dipendenza ed a ricercare l'indipendenza.
Il significato ed il valore comunicativo di una fiaba è diverso per ciascun bambino e nello stesso bambino a seconda del momento della sua vita e degli interessi e dei bisogni che ha.
Ecco perché il bambino vuole ripetuta spesso una fiaba: a) per avere una conferma alla necessità di chiarimenti sulla sua angoscia o sul suo problema; b) Per cercare altre possibili risposte ai suoi problemi; e) Per confrontare la sua personale esperienza di vita con i messaggi insiti nella fiaba.
Il modo di raccontare una fiaba è importante e così pure il tono della voce ed in una parola l'empatia con cui attraverso la fiaba si entra in contatto col bambino.
Nel raccontare una fiaba bisogna seguire se è possibile, le indicazioni del bambino, registrando il suo entusiasmo e la sua partecipazione emotiva, senza mai chiedere perché gli piaccia o no una data fiaba perché il bambino non saprebbe rispondere e noi avremmo rotto o tentato di rompere l'incanto della fiaba.
Le interpretazioni che noi adulti diamo con la nostra ragione sono ben diverse da quelle che può dare il bambino medesimo.
Il bambino attraverso le fiabe impara ad affrontare da solo e con successo, ascoltando e riascoltando la storia e meditando su di essa, le difficoltà più e meno grandi che man mano incontra sul suo cammino.
La fiaba ha una grande funzione terapeutica perché lo scopo della fiaba non è quello di comunicare informazioni sul mondo esterno, ma di chiarire processi interiori ed equilibrare il rapporto che ogni bambino ha sia con gli altri coetanei, sia con gli adulti e con il Mondo che lo circonda.
Dottor Antonio Cumella
(Continua – 1)
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