Il problema dello smaltimento dei rifiuti
e l’improponibilità della costruzione dell’inceneritore a Campofranco
Anche se l’argomento in oggetto viene trattato continuamente dai vari mass media, compreso anche questo giornale, ritengo non superfluo aggiungere qualche ulteriore particolare a quanto finora scritto con inimitabile chiarezza e competenza.
La situazione siciliana in genere e quella del Vallone in particolare, richiede ulteriori particolari riflessioni che, partendo da un’analisi planetaria del fenomeno, conduca responsabilmente a comportamenti e decisioni aventi la prerogativa della consapevolezza, della necessità e dell’impellenza.
1) Attuale realtà mondiale
L’affannosa ricerca del massimo benessere da parte dei paesi industrializzati sta generando un fenomeno dalle conseguenze disastrose: una percentuale molto bassa di individui, protesi egoisticamente a raggiungere tenori di vita sempre più elevati, produce crescenti quantità di sostanze di scarto non sempre facilmente smaltibili. Il tutto a spese di paesi naturalmente ricchi ma dalle popolazioni semplici, mantenute nell’ignoranza e al limite della sopravvivenza, al punto che oggi vige lo slogan “ i pochi ricchi diventano sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri”.
Le ripercussioni di questo stravolgente fenomeno sono sotto gli occhi di tutti: deforestazioni, desertificazione, depauperamento delle risorse minerarie, effetto serra, profonde alterazioni delle condizioni meteorologiche, e via discorrendo.
Anche gli effetti più o meno indiretti stanno assumendo proporzioni gigantesche causando a loro volta preoccupazioni di difficile soluzione: anarchie finanziarie, guerre civili o “preventive”, migrazioni bibliche di masse umane sempre più affamate, sfruttamento di donne e bambini, proliferazione di organizzazioni criminali, e via di questo passo.
In tale contesto, apparentemente ininfluente sul fenomeno in oggetto, emerge con crescente invadenza un consumismo sfrenato il cui effetto più vistoso e allarmante è la produzione di montagne di rifiuti, molti dei quali assolutamente non degradabili per via naturale.
La televisione molto spesso mostra città stravolte dagli enormi accumuli di materiale di scarto d’ogni genere: involucri metallici, plastici, cartacei, vitrei, ecc., in mezzo ai quali non è raro vedere esseri umani brancolare alla ricerca di qualcosa da riutilizzare.
Immagini di questo genere non riguardano più esclusivamente metropoli indiane, africane o sudamericane, bensì anche città di casa nostra, città dal passato splendido e dall’urbanistica inimitabile. Pertanto ci si chiede: come è stato possibile arrivare a tanto scempio? Chi sono i responsabili ?
L’unica risposta risiede nella sottovalutazione del fenomeno sia da parte di chi governa che del singolo cittadino!
Infatti dalla superficialità con cui viene affrontato il problema e dai molteplici comportamenti irresponsabili di molti individui se ne evince una diffusissima scarsa consapevolezza e senso di responsabilità.
Quanti, ad esempio, riflettono seriamente sul numero di alberi necessari per produrre poche centinaia di fogli di carta, ovvero, su quanto combustibile sia necessario per portare la temperatura di un inceneritore a quella di fusione di una lattina di alluminio o di una bottiglia di vetro? Ovvero ancora, quanti si rendono edotti sulle gravi malattie provocate dagli inquinamenti da gas di scarico, da oli esausti o incombusti, da fumi industriali, ecc.?
Solo quando l’individuo darà maggior peso a tali verità e ai pericoli paventati dai mass media, potrà nascere quella giusta sensibilizzazione al problema, necessaria perché si incominci ad intervenire utilmente con manovre correttive; insomma urge modificare i comportamenti quotidiani da parte di tutti, indistintamente!
Questa è la prima necessaria forma di intervento che può contribuire in misura rilevante alla soluzione del problema!
Indubbiamente ciò non basta, in quanto un problema di tali proporzioni e pericolosità che investe tutto il pianeta, deve trovare anche interventi correttivi che investano la sua stessa genesi: le industrie e le relative politiche consumistiche.
Purtroppo, la filosofia del profitto a tutti i costi che obbliga a livelli di “produttività” spinta fino all’annichilimento della dignità umana; il turpe appoggio politico a certe manovre industriali; il facile ricorso a “guerre di interesse”; lo sfrontato rifiuto da parte di governi farisaici a voler migliorare le condizioni ecologiche del pianeta (es.: Trattato di Tokyo); e via discorrendo, costituiscono i primi grossi freni al miglioramento delle condizioni di vita nel mondo. E’ dai governanti, quindi, che innanzitutto devono partire gli imput per una saggia e positiva politica di risoluzione del problema!
Ad ogni modo, tuttavia, non è col palleggiamento delle responsabilità che si superano difficoltà e problemi; anche perché quello dei rifiuti è ormai il problema dei problemi!
2) Tipologia degli interventi finora applicati
In una realtà planetaria come quella precedentemente descritta, l’attuale situazione del Vallone si colloca in una posizione ancor più negativa, sia perché non è mai esistita una cultura individuale della lotta agli inquinamenti, sia perché nessun governo locale, provinciale o regionale fino a poco tempo fa si è mai adoperato in modo serio e globale nell’affrontare adeguatamente il problema; in contrasto, per altro, con quanto intanto avveniva nel resto d’Italia.
Infatti, anche in alcune regioni d’Italia il problema viene affrontato da qualche decennio con decisione, in particolar modo nelle regioni settentrionali della penisola, con il coinvolgimento dei cittadini, migliorando nel tempo strumenti e metodi per adeguarli alle necessità dell’ambiente in continua evoluzione.
Sono state quindi realizzate pubbliche discariche che costeggiano persino grandi arterie stradali, camuffate da ridenti e lussureggianti colline nelle quali però dispositivi e strumenti idonei controllano ininterrottamente le variazioni e le trasformazioni termochimiche in atto; inceneritori e termovalorizzatori che, utilizzando buona parte del calore globale, mediante reti sotterranee forniscono il calore necessario per riscaldare a distanza interi palazzi; depuratori di liquami in cui acque di varia provenienza, dopo essere state filtrate vengono sottoposte in ambienti anaerobici all’attacco di colonie di microbatteri utili alla ritenzione delle sostanze inquinanti con conseguente trasformazione del liquido in acque riutilizzabili.
Gli obiettivi preposti vengono per lo più raggiunti grazie anche ad una raccolta che viene differenziata all’origine dell’intero processo, proprio all’interno degli stessi nuclei familiari. Si hanno così i seguenti settori di rifiuti: resti organici; carta e cartoni; bottiglie e vetri; materiali metallici; materiali plastici; batterie; oli esausti; medicinali scaduti; gomme usate di automezzi.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: ambienti cittadini più puliti e vivibili; smaltimento dei rifiuti in modo organizzato; riutilizzazione e riciclaggio di materiali costosi; utilizzazione di calore altrimenti disperso; reimmissione di acque pulite nei bacini idrici; e tant’altro.
I costi, specialmente quelli iniziali, sono elevati e vanno evidentemente a carico della collettività, ma la migliore vivibilità e prevenzione di pericolose malattie che si ottengono, ripagano abbondantemente di quanto speso, specialmente se il gravame imposto da scelte di tal genere viene accettato con buon senso e responsabilizzazione individuale.
3) Osservazioni e proposte per le realtà locali
Contrariamente a quanto finora detto, in molte regioni del meridione d’Italia, Sicilia inclusa, solo da qualche anno a questa parte il problema, esploso in tutta la sua enormità e drammaticità, incomincia ad assumere dimensioni sempre più rilevanti e contorni sempre più grotteschi. Stranamente solo dopo che le città vengono sommerse dai rifiuti ed il rischio di epidemie bibliche diventa sempre più immediato ed evidente, si incomincia ad invocare la realizzazione di discariche ed inceneritori. Naturalmente non nella propria zona ma in territori di altri comuni, per via di quel gretto campanilismo che rende l’egoismo il vero gestore della società.
Nel frattempo si continua ad imbrattare qualsiasi angolo disponibile, eludendo le ridottissime sorveglianze dell’autorità locale, e non rendendosi ancora conto dell’enorme danno arrecato a sé stessi ed all’intera collettività.
Indubbiamente qualsiasi forma d’intervento ha un costo, ma nel Vallone, dove finora non se ne è registrato alcuno del tipo citato, i costi sono stati finora forse più alti; infatti, sembra che più di un Comune sia ricorso allo smaltimento dei propri rifiuti inviandoli persino in località compiacenti molto distanti ed a costi rilevanti.
Anche il governo isolano ha la sua parte di colpa, per il fatto stesso che non ha seriamente affrontato il problema a livello regionale, non tanto con la semplice convocazione dei responsabili delle singole province quanto specialmente con la messa a punto di progetti realizzabili in breve tempo: dal confronto all’interno della realtà siciliana e con le altre realtà delle varie regioni italiane, sarebbe potuto scaturire qualcosa di buono e di accettato da tutti.
Oggi, con l’ulteriore accresciuta autonomia regionale (che la devolution non la trasformi in isolamento!) diventa ancor più difficile attivare interventi che non scontentino tutti o che comunque siano il più possibile validi.
Il maggior freno è senz’altro la lentezza con cui si procede nell’attuazione delle idee realizzabili anche senza eccessive spese. Qualche decennio fa si parlava di trasformare in un grande museo turistico le vecchie miniere di zolfo; il bacino da un milione di metri cubi d’acqua dell’Italkali, da specchio risplendente di luce, oggi è ridotto a cloaca a cielo aperto; il discreto patrimonio boschivo circostante, da oasi piacevole qual era, oggi va ad intristire ancor di più il silenzio e la desolazione di un paesaggio divenuto arido e pseudolunare.
Diversamente, un coraggioso e costante interessamento dei cittadini locali associato ad una profonda sensibilizzazione sulla improrogabile necessità di rivalutare l’intero territorio, avrebbero potuto contrapporre al drammatico crollo di tutte le speranze lavorative, l’intelligente trasformazione della zona in una stupenda area a vocazione turistica di alto livello: un grande parco giochi e di svago per week-end e picnic, al quale le vicine strutture carsiche del Monte Conca avrebbero costituito un’invidiabile cornice di interesse scientifico.
I costi oggigiorno dipendono dalla validità dei progetti, dalla volontà di realizzarli e dal coinvolgimento di grosse società specializzate nel settore: basti ricordare Gardaland, Mirabilandia, le varie Minitalie, ecc..
Insomma, dove c’è disinteresse, superficialità e scetticismo prendono subito piede interessi occulti, speculazioni d’ogni genere ovvero, come nel caso in oggetto, proposte di impianti di smaltimento rifiuti.
L’impellenza del problema richiede decisioni sagge, oculate, eque ed ecologicamente ineccepibili; non si può e non si deve decidere d’imperio dall’alto solo perché il lancio del dado ha così stabilito: una scelta di questo genere, dev’essere suffragata da considerazioni ed analisi eseguite da commissioni che valutino i vari aspetti biologici, floro-faunistici, geologici ed ecologici!
Lungi da qualsiasi pretesa di essere nel giusto, intanto ritengo che un qualsiasi impianto di smaltimento dei rifiuti nella valle del Platani, in territorio campofranchese, è improponibile; e lo è per una serie di motivi diversi da quelli finora emersi in altri dibattiti.
La valle campofranchese del Platani è una valle chiusa, ad un’altitudine relativamente modesta, ricca di falde idriche più o meno profonde, le cui acque sono durissime per l’elevata presenza di sali derivati dello zolfo e del calcio, in quanto la composizione petrografica del territorio è rappresentata dalla serie gessoso- solfifera.
Analisi eseguite su alcuni campioni di acqua prelevati in zona, hanno infatti dimostrato l’assenza quasi assoluta di microbatteri, con un pH quasi neutro ma con alte percentuali di solfati (5-6 volte superiori ai valori massimi) e bicarbonati (oltre i 400 mg./l.), effetti dovuti alle reazioni delle acque eluviali sulle rocce incassanti.
Tali precisazioni sono necessarie per capire che una ulteriore struttura altamente inquinante, in un ambiente già dissestato dai precedenti insediamenti industriali diventa quindi assolutamente improponibile, non solo perché andrebbe a peggiorare irrimediabilmente la situazione ma perché le infiltrazioni di altre sostanze potrebbero generare nuove pericolosissime ed irreversibili reazioni chimiche dagli effetti che nessun esperto potrebbe prevedere!
Tra l’altro non si dimentichi anche la lunga permanenza di impianti di acido solforico prodotti fino agli anni sessanta dalla Montecatini, i cui rifiuti e scorie nessuno sa con esattezza dove siano andati a finire!
Un’altra motivazione contraria all’insediamento di una struttura in oggetto è data dalla particolare ubicazione dei centri di Campofranco, Sutera e Casteltermini, posti esattamente sulle sommità delle colline circostanti. La trasformazione dei rifiuti da parte di eventuali impianti posti in fondo alla valle, si concluderebbe con la precipitazione al suolo dei prodotti inquinanti e dei fumi di combustione a causa dell’elevato gradiente barico in quota, con negative ripercussioni sulle condizioni di vita di questi centri, già fin troppo bistrattati dalle passate vicende minerarie.
Quale potrebbe essere allora la soluzione?
1. Innanzitutto è necessario prendere coscienza del problema e farsene carico tutti quanti, governanti locali e cittadini
2. Confrontarsi e proporre, abbandonando qualsiasi forma di gretto campanilismo
3. Non sperare affatto in aiuti esterni alla regione
4. Individuare aree aperte, ventilate, lontane da strutture rocciose e da valli impluviali idonee alla localizzazione degli impianti
5. Incaricare una commissione tecnica variegata che esamini l’eventuale impatto sull’ambiente umano, floro-faunistico, sul suolo e sottosuolo
6. Creare un tipo di impianto per ogni comprensorio che non superi i 50-80 mila abitanti
7. E soprattutto, fare presto!
In tal modo ogni gruppo di Comuni (i grossi centri costituirebbero unità a sé stanti) avrebbe la propria discarica ed il suo specifico inceneritore, sulla tipologia e caratteristiche dei quali dovrebbero intervenire tecnici qualificati con progetti di moderna concezione.
In un contesto di stagnazione del lavoro, inoltre, la realizzazione di tali impianti contribuirebbe non poco a dare “una boccata di ossigeno” nel triste settore della disoccupazione.
Per tutti quelli, infine, che abbiamo in passato lasciato l’amata terra per necessità, il miglioramento delle condizioni ambientali potrebbe essere un motivo
in più per un ritorno senza patemi d’animo.
Vincenzo Scannella>7b> - Bergamo
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