La fiaba nello sviluppo mentale del bambino - 2


Fiaba e mito
Alcune fiabe si evolsero dai Miti o s'incorporarono in essi. Prima della tradizione scritta le fiabe come i Miti non avevano una forma definita.
La fiaba ha un carattere sovrannazionale nel senso che lo stesso tema sia pure con variazioni lievi viene ripetuto in un contesto di popoli molto diversi e distanti anche geograficamente.
Il Mito ha essenzialmente un carattere nazionale, cioè è proprio di quel popolo, come per esempio il mito greco, egiziano, indiano e così via.
Il Mito può esprimere un conflitto o comunque un processo interiore, come la fiaba, ma non allo stesso modo, perché rappresenta la tematica in forma solenne e grandiosa con la presenza di eroi sovrumani di fronte ai quali gli esseri umani rimarranno sempre inferiori, e con dialoghi complessi e spesso di difficilissima e personale interpretazione.
Insomma il Mito è rivolto sempre ad un gruppo numeroso di individui, ad un popolo intero e mai al singolo soggetto.
La fiaba è invece presentata sempre in modo semplice, familiare ed ovviamente è d'impatto e comprensione immediati. Dobbiamo ripetere con Aristotele che "l'amico della saggezza è anche amico del Mito".
E nato prima il mito o la fiaba? Verosimilmente né il Mito né la fiaba sono nati come strutture come noi oggi le intendiamo. Presso i popoli primitivi quando ancora non era nata la scrittura, v'era l'usanza di raccogliersi attorno al focolare e di raccontare.
D'altra parte l'abitudine di raccontare è un fenomeno tipicamente umano perché non è presente in nessun'altra specie vivente. Solamente l'uomo ha scritto nel suo codice genetico questo comportamento: raccontare ed il mito e la fiaba sono espressione di questo comportamento innato.
Doveva essere presente un modo di raccontare, un tutt’uno, da cui poi man mano emersero e si caratterizzarono, differenziandosi in modo netto, fiabe e miti, anche se le note strutturali di base, o archetipiche, ritengo siano rimaste simili, se non identiche. Secondo alcuni studiosi fra cui Mircea Eliade, miti e fiabe derivano da riti d'iniziazione o da rites de passage come ad esempio la morte metaforica di un vecchio capo tribù che serve a farlo riconoscere ad un piano superiore d'esistenza.
Ma cosa sono i riti d'iniziazione, detti anche riti di passaggio?
Erano dei rituali cioè delle manifestazioni collettive che gli uomini primitivi usavano compiere per determinati ed importanti motivi come per esempio il passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza, il matrimonio, e così via. Ancora oggi in alcune regioni non civilizzate si compiono riti simili a quelli che migliaia d'anni fa compivano i nostri antenati. Come a dire delle feste particolari che spesso vediamo in televisione nei film o nei documentari, dove si compiono delle magnifiche danze effettuate dai protagonisti con particolari fogge. Questo sarebbe il motivo per il quale le fiabe ed i miti soddisfano una necessità fortemente avvertita e sono latori di un significato profondo.
"Gli scenari iniziatici sono espressione di uno psicodramma che va incontro ad un bisogno profondo dell'essere umano. Ogni uomo vuole esperimentare certe situazioni rischiose, affrontare prove eccezionali, aprirsi la Via nell'altro Mondo, ed egli vive tutto questo nella propria vita immaginativa, ascoltando e leggendo fiabe e miti", così recita M. Eliade.
Diversamente la pensano i cosiddetti strutturalisti.
Chi sono questi strutturalisti? Parola apparentemente, complessa ma, se permettete, cerco di spiegarla con un esempio: Se prendiamo in mano una magnifica pietra preziosa, ci desta meraviglia la sua bellezza. Ebbene, lo studioso strutturalista invece è attratto solamente dalla sua composizione e struttura. Vladimir Propp, uno dei più noti strutturalisti, asserisce che la fiaba deriva dai riti d'iniziazione, ma anche dai riti di caccia dell'uomo primitivo e dai riti di Religione.
Ovviamente la rispondenza diretta tra racconto di fate e rito non è facile da cogliere per tanti motivi, tra cui la difficoltà di studiare usanze e riti antichi e il trasferimento di generazione in generazione del patrimonio culturale solo attraverso la tradizione orale.
Solo verso il 1800 i fratelli Grimm furono tra i primi a raccogliere e scovare le fiabe. Per gli strutturalisti dunque, non nella psiche sta l'origine della fiaba, ma nella realtà storica del passato, costituita da tanti rituali comuni in tutta la terra e che accompagnano ogni momento della vita. Ciò spiega l'analogia universale dei termini delle fiabe. Analogia non spiegabile con la teoria delle migrazioni ne con la teoria dell'Unità della psiche umana. Naturalmente anche la psicanalisi ha tentato di interpretare il valore ed il significato della fiaba.
Ecco quindi gli psicologi del profondo pronti a trovare analogie tra Miti e fiabe, tra sogni e fantasticherie degli adulti. Anche loro concludono osservando che Miti e fiabe esprimono ciò cui è normalmente impedito di affiorare alla coscienza come la vittoria sui rivali, la distruzione dei nemici, l'esaudimento di desideri impossibili, e così via.
In particolare vengono rilevate le differenze tra fiaba e sogno:
1) Nel sogno il soddisfacimento dei desideri è mascherato mentre nella fiaba è latente;
2) La fiaba proietta l'allentamento di tutte le tensioni e non solo offre dei modi per risolvere ogni problema, ma addirittura garantisce la soluzione felice, mentre nel sogno abbiamo espressi ma non risolti i problemi e i conflitti che assediano l'individuo; 3) La fiaba deriva soprattutto da un contenuto comune coscio ed inconscio, ma plasmato dalla mente conscia;
4) II contenuto è appunto comune a molti o a tutti i membri di quel dato popolo. Se così non fosse, se la fiaba non avesse risposto ad esigenze consce ed inconsce di molte persone, non sarebbe stata tramandata di generazione in generazione.
Il sogno invece rimane un fatto individuale.
Miti e fiabe ci parlano dunque col linguaggio dei simboli che rappresentano un contenuto inconscio.
Gli psicoanalisti di estrazione Junghiana come Bruno Betthelein e Maria Luisa Von Franz sottolineano che sia gli eventi che i personaggi delle fiabe e dei Miti rappresentino dei fenomeni psicologici archetipici cioè caratteristici di tutti gli individui della terra. Essi asseriscono che fiabe e miti sollecitano il bisogno che ognuno ha di raggiungere uno stato superiore di coscienza individuale.
Miti e fiabe hanno però delle profonde differenze che cercherò di spiegare.
Gli eventi che si verificano nelle fiabe sono insoliti ed improbabili, ma vengono presentati come ordinari cioè come qualcosa che può capitare a tutti noi, come se fosse una faccenda di tutti i giorni. Nel Mito, invece, ogni evento è straordinariamente unico, grandioso, mai tipico di un comune mortale. Inoltre le fiabe sono quasi tutte a lieto fine mentre il Mito ha un finale quasi sempre tragico. Esemplificando, potremmo dire che il carattere del Mito è un po' pessimista, mentre quello della fiaba e decisamente ottimista.
Ciò accade perché il mito doveva suscitare nell’adulto reazioni emotive potenti tanto da provocare un’esperienza catartica, ciò purificatrice. Per mezzo del Mito il soggetto fa luce sui propri pensieri e sentimenti repressi o comunque ricchi di tensione interiore, risolvendo così gli svariati conflitti. Questa possibilità esiste perché il mito si riferisce ad eventi avvenuti in epoche remotissime.
Il Mito non ci ammonisce come una favola, suscitandoci ansia. Secondo l'interpretazione psicoanalitica il Mito riguarda le richieste del Superlo, con cui si confronta sempre senza mai essere all'altezza, il nostro Io.
Le fiabe invece integrano l'azione dell'Io con i desideri e le soddisfazioni dell'Es. La fiaba offre delle stimolazioni continue al bambino in modo da consentirgli di autorealizzarsi, sempre nell'ambito, per così dire della quotidianità.
Gli eventi più rari ed inconsueti non rendono sovrumano l'eroe di una fiaba, a differenza di quanto succede all'eroe del Mito. Mentre la fiaba tratta di persone comuni, assai simili a noi, ogni mito è invece la storia speciale di un eroe particolare, come per es.: Eracle, Teseo, Edipo, etc. Questo dato è ben sottolineato dal fatto che nella fiaba nessun personaggio ha un nome, eccezion fatta per il protagonista.
Così fate, streghe, genitori, giganti, matrigne, quasi sempre rimangono senza nome, rendendo possibile ogni tipo di proiezione e di identificazione da parte del bambino. Le risposte fornite dai Miti sono precise, mentre la fiaba è allusiva e i suoi messaggi possono implicare delle soluzioni senza però presentarle mai in modo esplicito. Le fiabe lasciano che il bambino faccia lavorare la propria fantasia e decide se e applicare a se stesso ciò che viene rivelato dalla storia.
Ma perché la fiaba è così apprezzata dal bambino? La risposta è semplice, perché lo svolgimento ed il messaggio forniti dalla fiaba sono perfettamente conformi al modo di pensare del bambino. II pensiero del bambino rimane magico ed animistico fin quasi alla pubertà.
In ogni uomo, in fondo, si verifica un processo di maturazione mentale identico a quello che si è svolto nella storia del pensiero scientifico e dell’evoluzione sociale. L'uomo primitivo, come il bambino, per avere sicurezza si serviva di proiezioni emotive come gli dei dell’Olimpo e così si spiegava le ansie, le paure e le angosce derivanti dall'Universo che lo circondava. A poco, a poco, migliorando le sue conoscenze scientifiche, come il bambino che cresce, l’uomo cominciò a liberarsi dalla costante paura per la sua stessa esistenza e sopravvivenza. In tal modo cominciò ad acquistare sicurezza, ma nel contempo cominciò a dubitare della valida delle “spiegazioni” passate e le sue proiezioni infantili furono dissolte.
L’uso della ragione aveva preso il sopravvento sull’uso delle emozioni e dell’immaginazione. Quando però sopravvengono improvvisi periodi di penuria e di gravi tensioni, l'uomo ritorna a cercare conforto nel mondo delle emozioni e dell'immaginazione.
Nel comportamento umano tutto ciò si traduce nel bisogno, per l'uomo che si sente insicuro, di aggrapparsi a proiezioni infantili, tra cui le fiabe e i miti, in risposta agli eterni problemi della vita. Tuttavia bisogna fare una considerazione: il sopravvento della ragione nella storia dello sviluppo dell'uomo sulla terra, allo stesso modo della progressiva maturazione del bambino che man mano diviene adulto, non significa affatto che il mondo affettivo, emotivo e tutto il suo immaginario, debba essere proscritto.
Guai se si tentasse di fare così. L'equilibro tra ragione ed emozioni è indispensabile per un armonico sviluppo del cervello durante il periodo dell'infanzia e dell'adolescenza e successivamente per mantenere uno stato di benessere. Ecco allora che la fiaba ed il Mito ci consentono di mantenere quest'equilibrio perché viaggiano sulla lunghezza d'onda delle emozioni.

Dott. Antonio Cumella
Pediatra
(Continua – 2)
La prima parte è stata pubblicata sul numero di Agosto-Settembre 2004


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