Quali altri capolavori nasconde il già ricco patrimonio artistico di Sutera ?
Pur abitando in Lombardia da quasi 35 anni, sono sempre attratto dalle vicende di Campofranco e di Sutera, cittadine che a cavallo del 1910 diedero i natali ai miei genitori e che formarono la mia infanzia i cui ricordi si fan sentire con crescente veemenza, specialmente in questi tempi in cui prevale la superficialità ed il disinteresse.
Da assiduo lettore di questo giornale, tanto prezioso per chi si trova lontano dalla indimenticabile terra dei propri avi, apprendo con rammarico e amarezza del furto perpetrato alcuni mesi fa ai danni della Chiesa del Carmine: monumento che da solo rappresenta il grande libro della storia di Sutera, dei vari periodi della sua vita, della impressionante varietà dell’arte architettonica e scultorea, della polietnia dei suoi abitanti nonché dei suoi figli più valorosi.
E’ superfluo e fuori luogo rendere palesi attraverso questo giornale i sentimenti che albergano in coloro che, oggi avendo raggiunto una certa età, accarezzano i ricordi degli anni quaranta, quando ancora erano vive tradizioni antichissime e la città con le sue stupende chiese esibiva alquanto frequentemente feste suggestive dalle antichissime origini e dal misterioso connubio di usanze e costumi provenienti da popoli sia autoctoni e cristiani che arabi e musulmani.
Mi rattrista molto, ripeto, questo ennesimo scempio del ricchissimo e preziosissimo patrimonio artistico suterese.
Ecco perché oggi, dopo anni di titubanza, intendo rivolgermi alle autorità ed alle persone più anziane di Sutera per dare finalmente una risposta definitiva al dubbio relativo ad un grande stupendo Crocefisso, che almeno fino al 1949 si trovava nella Chiesa di S. Agata su un altare della navata sinistra (per chi dà le spalle all’ingresso principale) e che presentava i piedi di Cristo separatamente trafitti da un chiodo ciascuno, alla maniera stessa del capolavoro del Cimabue (la Crocifissione del 1270).
Oggi il Crocefisso presente in quello stesso posto è un Crocefisso “moderno”, nel senso che presenta i piedi sovrapposti trafitti da un unico chiodo, secondo l’iconografia dominante dal secolo XV in poi.
Orbene, la presente mia richiesta è di sapere dove si trovi ora quel Cristo, ovvero se dopo gli anni cinquanta furono effettuati lavori di trasformazione della preziosa opera sulla eventuale spinta delle tendenze correnti.
Il dilemma non meriterebbe alcuna attenzione se non si trattasse di una questione di fondo che, nel caso esistesse ancora quel Cristo crocefisso, Sutera potrebbe annoverare tra i suoi capolavori artistici, un’opera eccezionale che solo poche prestigiose città possono vantare: un’opera tipica di qualche Scuola toscana che eseguiva Crocefissi con piedi separati, proprio come il citato capolavoro del fiorentino Cenni di Pepo, soprannominato “il Cimabue”.
Infatti, anche un profano in materia sa che crocefissi siffatti si trovano solo fino al secolo XV, dopodichè l’iconografia cristiana, stravolgendo con molta probabilità le tristi ma realistiche operazioni delle crocifissioni romane, si evolve nell’attuale.
Nel caso quindi che l’opera in oggetto dovesse essere riposta in qualche remoto luogo, sarebbe opportuno che le venisse dato tutto il rilievo che merita, sia per il carattere di antichità che per quello ancor più interessante dell’alto livello di fattura, in quanto apparterrebbe ad una delle più insigni scuole di pittura e scultura di tutto il Medio Evo italiano.
Nel caso malaugurato, invece, in cui l’opera fosse stata manomessa e trasformata in uno dei soliti Crocefissi a piedi sovrapposti, sarebbe il caso di “stracciarsi le vesti” e gridare ad un “colpo più grave” di quello perpetrato nel Luglio scorso nella Chiesa del Carmine.
Nella speranza che qualcuno degli anziani suteresi dìa un risposta adeguata e confortevole, ringrazio vivamente “La Voce di Campofranco” per l’opportunità offerta e saluto cordialmente entrambe le cittadine.
Vincenzo Scannella
Bergamo
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