Contributo alla conoscenza della biodiversità e del paesaggio vegetale della Riserva Naturale Integrale Monte Conca - 4 -


Elenco della flora briofitica

Non risulta che la flora briofitica della zona in esame sia stata, finora, oggetto di studi approfonditi e a tale riguardo la bibliografia è scarsa. Scopo di questo lavoro è quello di fornire una prima lista delle Briofite che vivono all’interno della Riserva di Monte Conca.
Il campionamento è stato effettuato nell’arco di tempo compreso tra ottobre 2002 e marzo 2003. La scelta delle stazioni è stata eseguita in modo tale da cogliere la più ampia variabilità possibile di microambienti.
Sono state raccolte tutte le Briofite presenti sul suolo, su pietre e su muri di cinta. La raccolta è stata realizzata tramite escursioni periodiche sul territorio, soprattutto nei periodi in cui la brioflora sviluppava gli sporofiti, strutture importantissime e, per la maggior parte delle volte, indispensabili nella determinazione delle specie stesse. Per la nomenclatura dei Musci è stata adottata quella proposta da CORTINI PEDROTTI (2001), mentre per le epatiche quella seguita da GROLLE & LONG (2000). Per ognuna delle specie riscontrate è stato indicato il gruppo corologico di appartenenza, secondo DÜLL (1983, 1984, 1985, 1992). In particolare è stata approntata una scheda di approfondimento su un taxa rappresentativo, Tortula revolvens (Schimp.) G.Roth, caratteristico dei substrati gessosi, e mai segnalato per la zona in esame.

Elenco delle briofite censite
(si rimanda al testo della Tesi. N. d. R.)
Considerazioni
Nell’area indagata, per quel che attiene alle Briofite sono stati censiti 11 taxa, appartenenti a 11 generi di 6 famiglie. Dal punto di vista dell’areale di distribuzione, si nota la prevalenza dei tipi mediterranei; questi, nella zona studiata, si sviluppano su substrato roccioso di natura gessosa. La famiglia più rappresentata e quella delle Pottiaceae, con 6 taxa. Di questi, Tortula revolvens è un muschio raro in Sicilia essendo noto soltanto a Pantelleria e presso la città di Enna (CORTINI PEDROTTI, 2001). La presenza di Tortula revolvens (Schimp.) G.Roth sui rilievi della Riserva di Monte Conca è in sintonia con la similitudine dei litotipi affioranti in tale zona (serie Gessoso-solfifera) e in Emilia Romagna (Vena del Gesso), risalenti entrambi al periodo Messiniano.

IL PAESAGGIO VEGETALE

Si indica come comunità o biocenosi l’insieme delle popolazioni di animali, vegetali, funghi e batteri che vivono in un determinato ambiente ed in un dato momento (PIUSSI,1994). Una comunità non rappresenta quindi una unione casuale di individui, ma un’organizzazione che è caratterizzata in termini di composizione specifica, di struttura spaziale e temporale, e che possiede una sua fisionomia. Per gli organismi vegetali si usa il concetto di vegetazione, che è costituita dal complesso di piante che vivono in un ambiente più o meno esteso, considerate nel loro modo di aggregarsi, ed in relazione ai fattori attuali e storici dell’ambiente stesso. Tale concetto va distinto da quello di flora con il quale si intende l’insieme delle specie che occupano una determinata della superficie, considerate individualmente.
Le comunità vegetali sono combinazioni di piante di solito dipendenti dal loro ambiente e condizionate dalla concorrenza. La loro origine e il loro cambiamento nel tempo possono essere studiati osservando in particolare i processi di colonizzazione dei suoli nudi. La biosfera in realtà è un continuum, ma spesso sono riconoscibili comunità vegetali adiacenti delimitate in modo molto netto. Secondo la tesi, molto accreditata, di tipo organismico, proposta da CLEMENTS (1936), le specie sono riunite in gruppi determinati e non casuali; questi gruppi chiamati “associazioni” sono definibili come comunità di piante a composizione floristica ricorrente in determinate condizioni ambientali, caratterizzate dalla presenza di certe specie e dalla dominanza di altre, dotate di notevole stabilità nel tempo.
Esse pertanto rispecchiano le caratteristiche dell’ambiente fisico a cui sono legate alcune, o tutte, le specie di quella data associazione (PIUSSI, 1994).
Lo studio della vegetazione, per mezzo di confronti e di astrazioni, cerca di tipizzare e di raggruppare questi popolamenti concreti o comunità vegetali.
Così in base alla composizione floristica, si possono stabilire associazioni vegetali, in base alla fisionomia formazioni vegetali, a seconda dei rapporti spaziali complessi di vegetazione o, infine, dal punto di vista dello sviluppo della vegetazione serie dinamiche o successioni (EHRENDORFER in STRASBURGER, 1896).
La vegetazione esistente oggi nella Riserva “Monte Conca” è il risultato di vari elementi: modificazioni tettoniche, variazioni climatiche e migrazioni da un continente all’altro che si sono verificate nel corso delle ere geologiche. Da quanto osservato mediante le escursioni in campo è facile ipotizzare che il territorio della Riserva abbia subìto nel tempo notevoli trasformazioni, soprattutto ad opera dei frequenti incendi e delle attività antropiche, le quali hanno provocato una notevole riduzione dell’originale copertura vegetale mettendo in risalto gli aspetti di degradazione della stessa. L’individuazione di comunità differenti conduce al problema del loro ordinamento e quindi alla definizione dei criteri adatti per creare una tipologia. Comunemente i tipi vengono definiti facendo riferimento a qualche specie dominante o caratteristica della comunità oppure a particolarità fisiche dell’ambiente in cui insiste una comunità. Il problema dell’inquadramento della vegetazione è tuttavia molto complesso: i criteri adottati sono diversi in relazione agli scopi per cui la tipologia viene fatta, al livello di conoscenze disponibili, alla scala con cui il lavoro viene condotto ma anche al modo di concepire la comunità.

ANALISI TIPOLOGICA DELLA VEGETAZIONE

Macchie, arbusteti e boscaglie degradate
Se si eccettuano le popolazioni arbustive ed arboree delle zone umide, ascrivibili alla vegetazione alveo-ripariale, gli aspetti di vegetazione forestale nell’area della Riserva di Monte Conca risultano alquanto sporadici e frammentari, tali da risultare non cartografabili alla scala adottata. Essi sono il risultato della degradazione di formazioni boschive climatiche preesistenti ad opera dell’attività antropica (agricoltura, pascolo, incendi). Si tratta quindi di aspetti di macchia secondaria (o degradata) relegati in aree di limitata estensione e con morfologia accidentata tali da non permettere utilizzazioni alternative.
È ipotizzabile che le zone oggi adibite al pascolo o alla coltivazione di specie arboree dell’agricoltura tradizionale in passato fossero occupate da essenze tipiche dei boschi dell’orizzonte delle sclerofille quali il leccio (Quercus ilex L.) e la roverella s.l. (Quercus virgiliana Ten.), o da un tipo di macchia caratterizzata dalla palma nana (Chamaerops humilis L.), unica palma spontanea in Sicilia che si localizza nei tratti più caldi e aridi, così come testimonia l’esemplare rinvenuto presso le Rocche di Mezzebbi.
Aspetti di vegetazione arbustiva si rinvengono, sui conoidi di detrito, ed ancora nelle aree impervie in cui l’ambiente risulta protetto dal fuoco per la presenza di massi, ed ancora nelle aree di impluvio. Come già detto, si tratta di espressioni secondarie, la cui genesi è da ricollegare più che ai processi di ricostituzione naturale della vegetazione, ai processi di degradazione delle preesistenti comunità vegetali climatiche. Tali comunità vegetali, poco stabili e dinamicamente molto attive, mostrano una struttura ed una composizione floristica dominata da specie spinose e lianose, che le rendono, per ampi tratti, inaccessibili all’uomo ed agli animali di grossa taglia, quali quelli domestici, come nei pressi di Fontana di Rose e della Risorgenza. Per le suddette caratteristiche questi habitat diventano rifugio elettivo per una fauna specializzata composta da uccelli, micromammiferi ed insetti. Tra le specie legnose sono frequenti, anche con individui isolati, Ceratonia siliqua, Rhamnus alaternus, Pyrus amygdaliformis, Calicotome villosa, Pistacia lentiscus, Olea europea var. sylvestris, Ficus carica var. caprificus, Rosa sempervirens, Rubus ulmifolium, Calicotome infesta, Crataegus monogyna, Spartium junceum, Rubia peregrina, Hedera helix, etc.
Per le sue caratteristiche questo tipo di cenosi in alcuni tratti risulta poco disturbata dall’uomo e ciò le consente di raggiungere stadi evolutivi più stabili. Ai bordi delle strade di campagna vicino all’Inghiottitoio, presso il lato nord delle Rocche di Tullio, e presso il Ponte Romano, sono frequenti arbusteti fisionomizzati da Artemisia arborescens e Rhus coriaria. Queste specie risultano inappetibili agli animali per l’elevato contenuto in oli essenziali e tannini, per cui riescono a crescere pressoché indisturbate anche in aree molto pascolate.
Lungo le pendici di Rocca don Michele, in contrada Fontana di Rose, e sulle pendici a nord di Monte Conca, su suoli ricchi di detriti, e dalla elevata rocciosità affiorante, si riscontrano dei nuclei, piccoli ma densi, di macchia mediterranea fisionomizzati da Euphorbia dendroides, specie decidua estiva, alla quale si associano diverse sclerofille sempreverdi, quali Olea europea var. sylvestris (olivo selvatico) ed arbusti come Calicotome villosa, Anagyris foetida, Ruta chalepensis e isolati individui di Ceratonia siliqua. Alla sommità della parete nord di Monte Conca si rinviene, infine, un esempio di bassa macchia mediterranea la Erica multiflora alla quale si associano altri arbusti sclerofillici come Pistacia lentiscus, Olea europea var. sylvestris, oltre a Calicotome villosa, Pyrus amygdaliformis, Daphne gnidium, Osyris alba, Cistus creticus e grossi cespi di Ampelodesmos mauritanicus. Dal punto di vista fitosociologico gli aspetti sopra descritti sono riferibili alla classe Quercetea ilicis, ordine Pistacio lentisci-Rhamnetalia alterni, alleanza Oleo-Ceratonion, di cui l’associazione Oleo-Euphorbietum dendroides è la più rappresentativa.

Michelangelo Mazzara
(Continua – 4)
Le precedenti puntate sono state pubblicate nei numeri di: luglio, agosto-settembre e dicembre 2004.


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