La fiaba nello sviluppo mentale del bambino - 3
Miti e fiabe per millenni costituirono per ^uomo •I modo di confrontarsi con se stesso, con gli altri esseri umani e con l'universo che lo circondava met-tendo ordine laddove c'era caos interiore
Mito e fiaba oltre ad avere una struttura diversa hanno una diversa funzione sociale e sono legati alla mentalità primitiva,e quindi sono difficili da com-prendere per noi, oggi.
Basti dire che il concetto di spazio e tempo profondamente diverso oggi rispetto al tempo i greci o degli egiziani.
Mito e fiaba erano anche, in una società molto tradizionalista ed illetterata, una fonte primarie comunicazione, d'intrattenimento e di istruzione. Per noi uomini di oggi a contatto con i Mass-Media, poco inclini alla tradizione, apparentemente superletterati, almeno superficialmente, è arduo comprendere questi concetti.
Il mito è spiegato in vari modi, come allegoria; fatti meteorologici e della natura, come una sorta una "patente" cioè di legittimazione dei costumi, delle credenze e degli atteggiamenti tradizionali come un riflesso della realtà dell'inconscio.
Nelle fiabe, a differenza dei Miti, gli elementi soprannaturali comprendono fate, streghe, mostri, etc. e mai gli dei o gli interrogativi sulle questi religiose o sulla società o sulla nascita dell'universo sulla morte o sulle istituzioni in genere. I Miti affrontano i grandi interrogativi come quello sulla divinità, sull'incesto, sul problema del male e del bene, sull'immortalità etc..
La fiaba è ambientata in un passato ben definito ed in luoghi specifici, anche se anonimi, mentre tempo del Mito si snoda in un passato senza tempo.
Caratteristiche specifiche delle fiabe sono: l’ingegnosità ed il successo inaspettati, i paesaggi ideali, la sorpresa, il finale lieto, la prova o la missione. Un altro motivo tipico è quello del superstite unico che poi risolve la situazione e che ritroviamo anche nel mito.
Ad esempio quando i tebani mandano degli uomini a tendere un'imboscata a Tideo, il padre di Diomene, egli li uccide tutti, tranne uno che poi riporta in patria la brutta notizia.
Così pure quando le cinquanta figlie di Danao ricevono l'ordine di uccidere i cugini, obbediscono tutte, tranne una, Ipermnestra che s'innamora del cugino Linceo ed invece di ucciderlo, lo sposa.
Bisogna anche ammettere uno scambio di ele-menti tra il Mito e la fiaba.
Uno studioso di antichità classiche ha dimostra-to che il Mito deriva dalla fiaba, mentre la maggio-ranza degli studiosi ritiene che sia esattamente il con-trario.
Questo grecista di nome Schwyzer, ha mostrato come il mito di Eracle si compone di singole scene, ognuna delle quali costituisce un motivo fiabesco.
Il mito, secondo lui, era in origine una fiaba, arricchitasi poi fino a raggiungere le caratteristiche del Mito.
La gran parte degli studiosi invece ritiene che le fiabe siano dei Miti decaduti nel senso che inizial-mente presso i popoli primitivi il pensiero religioso e sociale sarebbero sopravvissuti sotto forma di fiabe. Quindi la fiaba è un Mito decaduto insieme alle civiltà cui apparteneva, mentre i motivi fondamentali che lo costituiscono sussistono come fiaba.
La fiaba rispecchia la struttura più semplice, che però è anche quella fondamentale della psiche!
In molte fiabe greche vi sono narrati episodi dell'Odissea, e quindi si tratta di racconti residui della storia di Ulisse, sopravvissuta e trasformatasi in una fiaba ordinaria.
In genere i sacerdoti-poeti ai miti che esprimevano, come già s'è detto, davano una cultura nazio-nale, una forma solenne, elegante e rituale.
Gli elementi fondamentali, o archetipici del mito venivano elaborati in una espressione formale che li legava alla coscienza collettiva culturale della nazione da cui traevano origine.
Il linguaggio del mito è dunque aulico e legato a quel dato popolo, mentre il linguaggio della fiaba è internazionale, cioè di tutte le razze e le civiltà.
Ma si pone un quesito: qual è la forma più anti-ca di fiaba e di Mito o per meglio dire qual è il racconto più antico, quello primordiale da cui poi deri-vano gli altri Miti e fiabe?
Io sono del parere che le fiabe non derivino dal Mito, ma entrambi hanno elementi comuni che poi nel tempo vennero elaborati diversamente.
A riprova di ciò basti osservare i bambini picco-li quando si racconta loro una fiaba: preferiscono sto-rie di animali e se si raccontano loro fiabe di principi e diavoli cominciano a chiedere cos'è il diavolo, cos'è quel dato personaggio, e così via.
Dunque il materiale fondamentale e primordiale è rappresentato dagli animali con cui l'uomo ha avuto, da sempre, il contatto più immediato.
Azzarderei un'ipotesi: la fiaba rappresentava tra i popoli primitivi il mezzo essenziale per comunica-re fra di loro le proprie ansie e le angosce da cui ognuno si sentiva preso e a cui voleva dare una rispo-sta, trattandosi di problematiche esistenziali di carat-tere personale.
Il Mito, invece, contiene motivazioni e proble-matiche anch'esse di vitale importanza, ma riferite al rapporto con la divinità e con il mondo dell'aldilà.
Ecco perché il Mito assume un ruolo diverso e si presenta aulico mentre la fiaba era nata come qual-cosa che avesse un immediato impatto con l'indivi-duo primitivo che ovviamente era com'è oggi un bambino.
Fiabe e miti riflettono dunque non solo le strut-ture delle psiche e le sue più profonde dimensioni, ma anche la vita di relazione che ogni bambino vive quotidianamente.
A mio parere le sollecitazioni che il bambino riceve dall'ambiente dove vive sono altrettanto importanti quanto i suoi dinamismi psichici.
ALCUNI TERMINI DELLE FIABE
Esaminiamo alcune delle problematiche presen-tate dalle fiabe: la trasformazione cioè la scissione di una persona in due opposte figure allo scopo di mantenere intatta l'immagine buona di quella persona.
E un espediente cui spesso ricorre spontanea-mente il bambino per risolvere una relazione molto difficile da comprendere o intrattenere, dando così una rapida soluzione alle sue contraddizioni.
Facciamo un esempio: una madre buona e com-prensiva che all'improvviso, esasperata per motivi vari, infierisce sul figlio con parole e rimbrotti vie-lentissimi.
Tutti i bambini necessitano di scindere l'immagine della loro madre nei suoi aspetti benevoli e minacciosi per sentirsi completamente protetti dai primi.
La fiaba indica al bambino che, nascosta da qual-che parte, sta la fata buona che veglia, pronta a soc-correrlo m caso di necessità.
In "Cappuccetto rosso" la buona nonna viene improvvisamente sostituita dal minaccioso lupo che minaccia di distruggere la bambina.
L'universalità di queste fantasie è suggerita da ciò che gli psicoanalisti chiamano "II romanzo familiare" del bambino prepubere, cioè le fantasie e i sogni ad occhi aperti che il bambino normale riconosce come tali, ma a cui tuttavia in buona parte crede.
Questi sogni ad occhi aperti sono di vario conte-nuto ed assumono varie forme come per esempio quando il bambino fantastica che uno od entrambi i genitori non sono quelli veri e che lui è figlio di un personaggio illustre.
Questo fantasticare è utile perché consente a: bambino di provare collera verso il "falso" genitore senza avvertire senso di "colpa".
In questo modo la fiaba suggerisce come i bambino può controllare sentimenti contraddittori che viceversa lo sopraffarebbero proprio nel mo mento in cui comincia ad integrare delle emozioni contrastanti.
La fantasia della matrigna cattiva non solo presenta intatta la madre buona, ma fa sì che il bambine non abbia sensi di colpa per avere avuto sentimenti d odio e collera.
Così la fantasia della cattiva matrigna preservi l'immagine della buona madre.
La fiaba aiuta in tal modo il bambino a non essere distrutto dal fatto di giudicare cattiva la propri; madre.
Quando è emotivamente necessario, il bambino non solo scinde il genitore in due persone, ma può anche sdoppiarsi in due persone che, come egli "vuole" credere, non hanno niente a che vedere fra di loro.
Per esempio.: un bambino che bagna il letto, al risveglio sentendosi disgustato, da la colpa a qualcu-no della famiglia e fa ciò con convinzione, ma non per fare ricadere la colpa su un altro pur sapendo di essere stato lui il colpevole.
Si comporta così perché il "qualcuno" è la parte di se stesso che lui ha aborrito e fatto diverso da sé.
Se i genitori poco intelligentemente insistono nel fargli riconoscere la sua colpa, insegnandogli prema-turamente il concetto d'integrità della sua personali-tà, ne ritarderanno lo sviluppo.
Solo quando il bambino ha conquistato la sua individualità, allora potrà accettarsi anche negli aspetti più contraddittori.
Come il genitore della fiaba si sdoppia in due figure, espressione degli opposti sentimenti di amore-odio, così il bambino esteriorizza e proietta su un "qualcuno" tutte le cattive cose che non può rico-noscere come sue.
Il bambino non sa aspettare e facilmente si lascia trasportare da desideri sfrenati senza preoccuparsi delle loro conseguenze.
Inoltre il bambino può vedere nella madre una cattiva figura.
Le due favole "Pierino Porcospino" e "I sette corvi" illustrano questo stato del bambino . La favo-la fa capire al bambino che , malgrado le cattive con-seguenze dei desideri suoi, con l'impegno e la buona volontà, tutto si può rimettere a posto.
La favola "I tre desideri" ammonisce il bambino sulle possibili conseguenze deprecabili dei desideri avventati e, di contro, sulle benefiche ricadute di beni quando si hanno desideri o pensieri positivi.
Spesso il bambino si sente frustrato ed inutile, ma la fiaba lo rincuora e gli rida coraggio perché gli fa vedere come magicamente o per effetto di un insi-gnificante oggetto, possa ritornare a farsi valere.
La fiaba incoraggia il bambino a capire l'impor-tanza dei suoi anche piccoli progressi, talora appa-rentemente senza valore. ("Lo spirito nella bottiglia", "La gallina dalle uova d'oro", "II gatto con gli stivali").
Il credere nella possibilità di migliorarsi deve essere coltivato in modo che il bambino accetti le sue delusioni senza ritenersi sconfitto.
Il bambino capisce che la storia benché sia irrea-le non è falsa perché descrive in forma immaginaria e simbolica le tappe fondamentali del processo di sviluppo per acquisire l'indipendenza.
Il bambino si trova, soprattutto nella fase edipi-ca, secondo la prospettiva psicoanalitica, in un mara-sma di sentimenti contraddittori ed è sopraffatto da queste sue interiori ambivalenze.
Dott. Antonio Cumella
Pediatra
(Continua – 3)
Le precedenti puntate sono state pubblicate sui numeri di: agosto-settembre e dicembre 2004
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