Contributo alla conoscenza della biodiversità e del paesaggio vegetale
della Riserva Naturale Integrale Monte Conca - 5–
Vegetazione dei coltivi abbandonati, praterie e garighe
La degradazione degli arbusteti e delle boscaglie si manifesta con una progressiva riduzione della densità e della statura delle sclerofille e con una crescente presenza delle specie erbacee. Spesso hanno origine aspetti di gariga oppure quando l’azione antropica è più intensa si giunge alla prateria mediterranea.
Sia la gariga che la prateria, dal punto di vista dell’uso del suolo sono utilizzati come pascoli, prova ne è la presenza frequente degli asfodeli e di una caratteristica grande ombrellifera quale la ferula. L’area di studio è in gran parte occupata da una vegetazione costituita in prevalenza da piante cespitose, tipiche della gariga e della prateria, distribuita in ambienti tra loro molto diversi per esposizione e tipo di suolo. Essa è di chiara origine secondaria in quanto si è affermata per degradazione delle preesistenti formazioni legnose riferibili alle alleanze dell’ Oleo-Ceration e/o del Quercion ilicis (RAIMONDO & al., 1994). L’evoluzione delle praterie è ostacolata sia dal pascolo che dagli incendi dolosi che, in quest’area, si verificano con notevole frequenza.
La prateria è caratterizzata da una vegetazione erbacea, perenne, xerofila. Fra le espressioni più comuni si evidenziano gli aspetti ad Ampelodesmos mauritanicus, volgarmente detta “disa”, diffusi sui terreni rocciosi, marnosi, o arenacei, a quote comprese tra 100 e 400 m, comuni soprattutto lungo i fianchi dei principali rilievi, e gli aspetti caratterizzati da Lygeum spartum, graminacea cespitosa che predilige i substrati argillosi, contribuendo ad una loro consolidazione, diffusa nelle aree calanchive della Sicilia centrale tra 0 e 600 m. Esse sono il risultato di incendi ricorrenti e pascolo, che hanno distrutto la preesistente vegetazione legnosa. Le cenosi di questo tipo risultano floristicamente molto ricche in specie erbacee (RAIMONDO & al., 1992).
All’ampelodesma sui rilievi di Tullio, Don Michele e Monte Conca, si uniscono, infatti, diverse entità come, Daucus carota, Trifolium stellatum, Kundmannia sicula, Scabiosa maritima, Psoralea bituminosa, Anemone hortensis, Convolvulus canthabrica, Tordilium apulum, Linaria reflexa, Muscari commutatum, Reichardia picroides, Galium aparine, Lagurus ovatus, Dactylis glomerata, Pallenis spinosa, Dasypirum villosum, Asphodeline lutea, Avena fatua, Cynara cardunculus subsp. cardunculus, Scolymus grandiflorus, ecc. In questi ambienti prativi eliofili trovano ampia diffusione le orchidee di cui si ricordano Anacamptis pyramidalis, Orchis collina, Orchis italica, Orchis papilionacea, Ophrys fusca e Ophrys lutea (RAIMONDO & al., 2000).
In sporadiche aree, come sul lato Nord della sommità di Monte Conca e Cozzo don Michele, la prateria si arricchisce di alcuni arbusti come Spartium junceum, Pistacia lentiscus, Olea europea var. sylvestris, Calicotome villosa, Pyrus amygdaliformis.
La cenosi ad ampelodesma, molto comune nel territorio siciliano, riveste un ruolo molto importante in quanto, la copertura elevata che questa pianta raggiunge facilmente in poco tempo, offre protezione anche ad alcune specie legnose, come il leccio, che nel periodo successivo alla germinazione risultano essere sciafile (PIGNATTI, 1995). Per tali motivi la presenza di questa cenosi risulta di fondamentale importanza per la riuscita di una eventuale opera di riforestazione con specie autoctone quali il leccio, la sughera, ecc. Nelle aree di Rocche di Tullio, Don Michele, e Mezzebbi, in cui veniva praticato il pascolo (ne sono prova i resti delle antiche “mannare”) la prateria si è arricchita della presenza della ferula (Ferula communis L.) e di altre entità poco appetite o, addirittura, rifiutate dagli animali come l’asfodelo (Asphodelus microcarpus Salzm. et Viv. ), l’asfodeline dorata (Asphodeline lutea (L.) Rchb.) il cipollaccio (Urginea maritima (L.) Baker), la scarlina (Galactites tormentosa Moench.), l’ortica (Urtica urens L.) ed altre specie spinose che si giovano delle deiezioni solide e liquide degli animali, sviluppandosi a scapito delle buone specie pabulari.
Al Lygeum spartum, legato ai suoli alomorfi argillosi o marnosi che appartengono alla serie evaporitica siciliana, presenti nelle zone calanchive a Sud-Est di Monte Conca, e a Sud di Cozzo Don Michele, si accompagnano specie quali Moricandia arvensis, Nigella damascena, Lavatera agrigentina, Aster sorrentinii, Catananche lutea, Lavatera trimestris, etc…
Questa tipologia è inquadrata nella classe Stipo-Trachinietea distachiae, ordine Stipo-Bupleuretalia semicompositi, alleanza Dauco-Catananchion luteae.
Negli ampi tratti di terreno pietroso e nudo presenti su tutti i rilievi della Riserva, si insedia la gariga, formazione vegetale più o meno aperta, individuata nella fascia termo-mediterranea, e costituita da bassi arbusti a portamento pulvinato. Le garighe, in genere, possono essere considerate come il risultato di un processo di degradazione, assai inoltrato, della macchia. In particolari situazioni edafiche che non consentono una evoluzione dei suoli, costituisce invece formazioni primarie; rappresentano, cioé, lo stadio iniziale di un lento e lungo processo di rimboschimento naturale. Dal punto di vista fitosociologico si tratta di una vegetazione che si inquadra nella classe Cisto-Micromerietea, ordine Cisto-Ericetalia, alleanza Cisto-Ericion.
Caratteristica della Riserva è l’associazione Rosmarino-Thymetum capitati con piccoli arbusti quali il timo (Thymus capitatus (L.) Hoffm. et Link), il rosmarino (Rosmarinus officinalis L. ), i cisti (Cistus creticus L.) e bassi arbusti eliofili xerofili come l’Erica (Erica multiflora L. ).
Vegetazione rupestre
L’ambiente rupestre costituisce un habitat poco ospitale poiché caratterizzato da substrato pedologico povero e da elevata aridità, inoltre è spesso soggetto a forti venti ed insolazioni prolungate. Esso risulta limitato alle pareti rocciose e agli strapiombi siti nelle Gole di Tullio, sulla parete Nord di Monte Conca ed in qualche altro sito isolato all’interno della Riserva.
Dalle fessure o da piccole sporgenze della roccia fuoriescono diverse piccole casmofite con estesi apparati radicali ed accorgimenti fisiologici che consentono di resistere alle alte temperature estive ed alle basse temperature invernali, così come anche alla mancanza di acqua e all’azione disseccante del vento (RAIMONDO et al., 1992).
La fitocenosi di tali ambienti, ascrivibile al Dianthion rupicolae, è molto specializzata e poco disturbata dall’azione dell’uomo, poiché, a causa della particolare morfologia dei luoghi non è facilmente raggiungibile né dal fuoco né dagli animali al pascolo.
Fra le specie rupestri più rappresentative si annoverano: Brassica villosa, Diplotaxis crassifolia, Biscutella maritima, Matthiola fruticulosa, Athamanta sicula, Capparis spinosa subsp. spinosa var. canescens, Capparis spinosa subsp. rupestris, Melica minuta, Euphorbia characias, Euphorbia rigida, Dianthus rupicola, Sedum caeruleum, Sedum sediforme, Sedum hispanicum, Sedum ochroleucum, Silene fruticosa, Umbilicus horizontalis, Umbilicus rupestris, Ruta chalepensis, Sanguisorba minor, Ceterach officinarum, etc.
Le rupi sono ambienti importanti sia per gli aspetti floristici che per quelli faunistici. Le pareti rocciose della riserva, come quelle delle Rocche di Tullio, costituiscono aree di sosta e rifugio per molte specie migratrici di rapaci, come l’Aquila del Bonelli (Hiereatus fasciatus L.), oggi sempre più raramente osservabili in quanto le condizioni che ne favorivano la nidificazione sono notevolmente peggiorate.
Vegetazione dei detriti di falda
Questa tipologia comprende le comunità insediate sui detriti rocciosi che si rinvengono alla base delle pareti verticali dei rilievi. Si tratta di brecciai, anche con massi di grandi dimensioni, originati da frane più o meno recenti avvenute per distacco o crollo di materiale dalle pareti a strapiombo.
Aspetti di questa vegetazione si rinvengono alla base della parete Nord di Monte Conca, a poca distanza dalla Risorgenza, e sul lato Nord-Ovest della Rocca di Tullio. Essa riveste carattere pioniero e si inserisce nell’ambito dei processi dinamici tendenti alla stabilizzazione delle falde di detrito. La vegetazione in oggetto è riferibile alla classe Thlaspietea rotundifolii (RAIMONDO, 1980); altre specie ricorrenti sono Asparagus acutifolius, Cerastium glomeratum, Osyris alba, Spartium junceum, Euphorbia dendroides, Euphorbia characias, Rubus ulmifolius, etc…
Michelangelo Mazzara
(Continua – 5)
Le precedenti puntate sono state pubblicate nei numeri di: luglio, agosto-settembre e dicembre 2004; gennaio 2005.
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