La fiaba nello sviluppo mentale del bambino - 4–
ALCUNI TERMINI DELLE FIABE
Il bambino non comprende le sfu-mature e così giudica le cose o tutte buone o tutte cattive. Ogni personaggio è essenzialmente unidirezionale come appunto nella fiaba dove i personaggi illu-strano ora questo ora quell’aspetto della personalità. In una favola, il protagonista chiamato Sempliciotto, raggiunta la sua piena integrazione, espressa simbolicamente dalla brillante riuscita nelle prime tre imprese dove rispetta gli altri esseri del creato, diviene padrone del suo destino. Nelle fiabe la conquista della propria integrazione è raffigurata dall'assunzione della regalità. Spesso nella nostra vita di relazione entriamo in conflitto fra due tendenze opposte. La fiaba insegna al bambino come unificare elementi contrari. Ciò viene illustrato molto bene nella fiaba "Fratello e Sorella". La sorella rappresenta il controllo della personalità o come dicono gli psicoanalisti il super Io, ed il fratello invece è l'esempio delle forze istintuali, o Es nella terminologia analitica. La cacciata di casa rappresenta la necessità di costruirsi una vita autonoma dalla propria famiglia d'origine, tagliando ogni cordone ombelicale, ed autorealizzandosi. I rischi ed i pericoli che i protagonisti della fiaba incontrano fuori dalla propria casa, nella strada o nella foresta, rappresentano i rischi psicologici insiti nel processo di autorealizzazione. Il bambino non potrebbe mai capire questi complessi fenomeni se non gli venissero posti attraverso la fiaba. Nella fiaba "Fratello e sorella" le tendenze animalesche dell'uomo rappresentate dal corvo e quelle a-sodali, simboleggiate dalla strega, vengono sconfitte. L'abbandono della casa parentale e la creazione di una nuova famiglia sono i due grandi eventi di un essere umano. Nella fiaba "Sindibad il marinaio" vengono esaminati gli aspetti disparati della stessa personalità ed in particolare l'aspetto realistico e quello fantastico-immaginario della vita, sogno e realtà, presenti in ogni uomo. La fiaba aiuta il bam-bino a comprendere se stesso perché nella storia i due aspetti della nostra ambivalenza sono isolati e proiettati in un personaggio diverso e così il bambino percepisce in modo preconscio che queste due figure sono in realtà due parti della medesima persona. Inoltre questa fiaba araba ha il grande merito di rendere accattivanti i due personaggi proprio perché i due aspetti delle nostra personalità sono egualmente validi ed importanti. I due Sindibad si separano ogni giorno per poi ricongiungersi ogni sera suggerendo in modo molto semplice alla mente del bambino sia la presenza di elementi discordanti della nostra psiche sia la loro reciproca Integrazione. Questa fiaba araba, a differenza di tutte le altre fiabe di matrice occidentale, rimane senza il finale classico del "vissero felici e contenti per sempre".
Ciò perché rientra nel contesto delle fiabe delle "Mille e una notte", eccezionale raccolta di fiabe del X secolo.
Nelle linee generali le Mille e una Notte sono espressione del fatto che solo un'ampia varietà di fiabe può fornire l'impulso per la catarsi cioè per la purificazione del soggetto essendo una storia singola insufficiente a conseguire un risultato così importante.
La personalità di un uomo è talmente complessa che solo la meditazione di molte fiabe può con-durre alla maturazione dell'individuo.
D'altra parte va rilevato che la raccolta delle "Mille e una notte" è di origine orientale e secondo la medicina popolare, la meditazione sulla fiaba aiuta a superare un disturbo emotivo e a riportare la mente turbata alla ragione.
Infatti, e a riprova che le fiabe hanno un potente benefico effetto sulla struttura mentale, alla fine del ciclo delle "Mille e una notte", l'odio si trasforma in amore, cioè la persona ha riacquistato il suo equilibrio.
Le "Mille e una notte" sono la migliore e più tangibile dimostrazione dell'enorme importanza della fiaba come mezzo per la conquista dell'integrazione della perso-nalità. Ogni fiaba, sia essa del ci-clo orientale, sia essa occidentale, proietta, sotto la specie del suo lie-to fine, il superamento di un conflitto interiore o di una sfaccettatura di esso, consentendo al bambino di integrarsi meglio.
Un'altra fiaba, quella dei "Due 0fratelli", è forse la più antica fiaba esistente perché risale al XIII secolo a.C. ed è stata trovata trascritta su un papiro egiziano.
Il tema è incentrato, come già s'è visto in quella intitolata "Fratello e Sorella", sulla presenza di due opposte tendenze presenti nella nostra natura umana, ma si differenzia da quest'ultima perché oltre alla classica dicotomia, ne illustra un'altra, legata alla lotta per l'indipendenza e l'autoaffermazione contrapposte alla tendenza a rimanere legati ai genitori.
Questa fiaba ha avuto più di 800 versioni, quasi a dimostrarne l'importanza per le tematiche trattate.
Il bambino spesso vuole narrata più volte la stessa fiaba per un motivo ben preciso: nei più piccoli dettagli, spesso trascurati o non be-ne compresi, egli trova una nuova luce ai suoi quesiti esistenziali.
Tutto dipende dal momento in cui ascolta la fiaba e quindi dalla sua situazione emotivo-affettiva, dalla capacità attentiva di quel dato momento ed anche dal modo con cui la fiaba gli viene narrata.
La modalità di raccontare una fiaba è di enorme importanza, come vedremo successivamente.
La fiaba dei "Due fratelli" sottolinea al bambino la necessità di tagliare i legami con le proprie figu re parentali per crearsi una sua vita autonoma ed indipendente. Se non si agisce in questo modo per una sorta di attaccamento "edipico" ad una certa figura parentale, si rischia l'autodistruzione. Questa fiaba è molto diversa dal-le altre e possiamo affermare che è, per certi versi, più complessa ed adatta a bambini grandicelli. Tuttavia è presente nella letteratura dell'infanzia da tempo imme-morabile a sottolineare l'importanza della tematica trattata. Nella versione più antica della fia-ba il carattere ammonitore è mol-to evidenziato nell'elemento di u-na persona accusata che presenta ]e intenzioni dell'accusatore: la moglie accusali fratello minore che essa ha cercato di sedurre, di averla sedotta. In pratica nella fiaba viene raffigurata la proiezione in un'altra persona di una tendenza inaccettabile per ogni individuo. La fiaba suggerisce che, per il bene del fratello minore e per la protezione dai problemi edipici relativi ad un periodo della vita tardo adolescenziale, è bene che il giovane lasci la famiglia. La fiaba insegna dunque che è necessario liberarci dai nostri attac-camenti edipici realizzando un'esistenza indipendente al di fuori della propria famiglia. In questa fiaba, ed in molte altre fiabe dello stesso genere dei "Due fratelli", al bambino viene spiegato in forma molto chiara un concetto assai complesso e non altrimenti accessibile alla sua mente. Ascoltando questo genere di fiaba il bambino comprende anche a livello subconscio la possibilità di equilibrare le tensioni e le inquietudini scatenate da conflitti che hanno una potente connotazione sessuale. Il "bosco" che spesso viene raffigurato nella fiaba dei "Due fratelli", indica il luogo dove l'oscurità ulteriore viene affrontata e superata e l'incertezza e i dubbi sulla propria identità vengono frugati. Dunque la "foresta" quasi impenetrabile simboleggia l'impenetrabile mondo dell'inconscio dove l'eroe della fiaba incontra la strega cioè l'incarnazione delle nostre an-sie e dei nostri desideri. La strega è l'incarnazione, nei suoi aspetti, della madre totalmente buona dell'infanzia e della madre totalmente cattiva della crisi edipica. Il bambino non vede nella strega entrambi gli aspetti, ma esclusivamente quello distruttivo. Nella fiaba i due aspetti della strega sono ben delineati. Infatti l'eroe sperduto nella foresta s'imbatte in una strega dall'aspetto bellissimo che soddisfa tutti i suoi desideri, simboleggiando in ciò la madre buona della nostra infanzia che ognuno si augura di rivedere nella vita adulta. Successivamente la strega si rivela per quella forza distruttiva che in realtà è. Nella fiaba dei "Due fratelli", viene sottolineato il momento della separazione fra di loro, simboleggiando in ciò il fatto che ogni bambino deve uscire dal suo stadio indifferenziato e farsi una sua vita.
Tutti gli uomini nel periodo critico che sta fra la prima e seconda infanzia e poi nel periodo, altrettanto critico tra la fanciullezza e l'a-dolescenza, sono combattuti dal tremendo conflitto fra il desiderio imperioso di un'esistenza propria, libera dai genitori, soprattutto liberi mentalmente da essi, e l'opposto desiderio, non meno forte, di rimanere legati ad essi.
Nella fiaba dei "Due fratelli" sono raffigurati dei processi psichici inferiori che, se non funzionano all'unisono, creano scompensi come simboleggia il venir meno o il deteriorarsi dell'oggetto magico che nella fiaba è un coltello lucente che essi ricevono dal padre adottivo con la raccomandazione che " se vi separerete un giorno, piantatelo in un albero in un crocevia e se uno di voi tornerà potrà vedere come vanno le cose per il fratello assente perché il lato del coltello che indica la direzione da lui presa si arrugginisce se egli muore, mentre fintantoché è vivo rimane lucente". I due fratelli si separano conducendo vite diverse e dopo molte avventure, uno dei due è tramutato in un sasso da una strega.
L’altro fratello trova per caso il coltello e scopre che il lato di suo fratello è arrugginito, segno della morte del fratello.
Quando poi riesce a salvarlo, si riunisce con lui, simboleggiando così il raggiungimento dell'inte-grazione delle tendenze discordanti presenti in ogni uomo.
L'importanza di questa integrazione è simboleggiata anche da un'altra fiaba, "I tre linguaggi".
Si tratta di una storia antichissima, veramente senza tempo, ma di una capacità esplicativa formidabile perché tratta dei conflitti con i genitori e dell'incapacità che essi hanno di comprendere le motivazioni dei figli adolescenti.
L'impossibilità o l'enorme diffi-coltà a comprendere un adole-scente è uno dei problemi più se-ri e diffusi nella nostra società at-tuale. Nella fiaba intitolata "Tre linguaggi" viene rappresentato anche l'allontanamento coatto dei bambini che in altre fiabe, come la precedente dei "Due fratelli" o di "Fratello e Sorella", si configura come paura del bambino di essere abbandonato, mentre qui è e-spressa come ansia relativa ad una ritorsione.
La cacciata a livello inconscio raffigura il desiderio del bambino di liberarsi dal genitore oppure la convinzione che il genitore voglia sbarazzarsi di lui.
Il bambino inviato nella foresta o abbandonato in essa ha il significato di stimolare il bambino stesso ad essere indipendente.
Nella fiaba dei tre linguaggi si narra la vicenda di un adolescente i cui bisogni non sono compresi da suo padre convinto che il figlio sia stupido.
Il figlio non si sviluppa come il padre vorrebbe, ma secondo la sua inclinazione e piano piano riesce a realizzarsi, malgrado le aspettative negative manifestate dal genitore. Immaginiamo quante volte accade in una famiglia un evento del genere!! Quanto spesso i genitori ostacolano o comunque riducono ampiamente le richieste dei figli ritenendole non idonee!! Vediamo adesso la fiaba "Le tre piume". Difficilmente all'inizio il bambino s'identifica con l'eroe "stupido" della fiaba, e per ovvi motivi. Solo dopo ripetute narrazioni della stessa fiaba il bambino capirà il ruolo dell'eroe stupido e finirà per identificarsi con lui e ne trarrà gran giovamento perché si sentirà in-coraggiato ad avere stima di se stesso, mettendo da parte ogni ingiustificata preoccupazione perle sue capacità. Il bambino giungerà ad identificarsi con l'eroe stupido o disprezzato della fiaba sapendo che alla fine egli dimostrerà la sua superiorità. Di questa fiducia riacquistata in se stesso il bambino ne-cessita in modo straordinario. Come in questa fiaba così in altre simili, quali "Il brutto anatroccolo" o "La piccola fiammiferaia", il bambino comincia ad essere autonomo ed indipendente dai propri genitori quando è in grado di lottare con i suoi profondi ed am-bivalenti attaccamenti ai genitori, cioè quando emergono le sue si-tuazioni conflittuali. Nel travaglio del conflitto edipico un bambino può provare del ri-sentimento verso suo padre che gli impedisce di ricevere l’attenzione esclusiva della madre. Il bambino desidera che la madre lo consideri come un grande eroe al disopra del padre medesimo. Ovviamente quest'idea gli procura una grande ansia ed un esage-rato timore che il padre, venendo a conoscenza di questi suoi propositi, possa vendicarsi. L'ideale di un bambino maschietto è il poter vivere insieme con la principessa cioè la madre. Nella femminuccia invece è esattamente il contrario, desiderando di vivere insieme al padre. Una bambina ama vedersi come una giovane e bellissima fanciulla, quasi una principessa, che è tenu-ta prigioniera dall' egoistica, malvagia figura femminile, e quindi non è accessibile per l'amante ma-schio. Nelle fiabe che aiutano la bambina a comprendere i propri sentimenti e a trovare una soddi-sfazione indiretta, la gelosia della matrigna, della madre o della maga, impedisce o comunque è di ostacolo al raggiungimento della felicità.
Dott. Antonio Cumella
Pediatra
(Continua – 4)
Le precedenti puntate sono state pubblicate sui numeri di: agosto-settembre e dicembre 2004; gennaio 2005.
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