I Santi della montagna
Il culto di san Paolino e sant'Onofrio a Sutera - 2


La festa di san Paolino da Nola

La festa del santo campano si svolge il martedì dopo Pasqua, si pone come continuazione delle festività pasquali e coincide con il risveglio della natura.
Secondo Nicastro, autore di una vita sul santo scritta nella prima metà del Novecento, la data della commemorazione di san Paolino si stabilì nel 1498, quando si provvedette alla traslazione delle reliquie nell'attuale cassa in argento. Quest'ultima è portata solennemente in processione in una struttura di metallo dai pastori e dal 1937 è preceduta da un simulacro in cartapesta di san Paolino, ex voto di Vincenzo Arnone e Carmelo Lanzalaco, ambedue di Mussomeli. L'urna è arricchita da «uno striscio di velluto di seta antichissimo ricamato tutto d'oro che si gira d'intorno alla cassa di S. Paolino» (Archivio di Stato di Caltanissetta = ASC, Intendenza e Prefettura, b. 1331, documento del 18 aprile 1858). Accanto ai resti di san Paolino sfila l'urna di sant'Onofrio.
L'iconografia del santo vescovo, vissuto nel V secolo, così come viene recepita dalla tradizione, è caratterizzata dalle tipiche insegne vescovili. II percorso della processione parte dal santuario verso mezzogiorno, dopo la messa solenne, e si snoda per tutta la montagna, raggiungendo la chiesa di Sant'Agata, situata nel quartiere Giardinello, che oggi corrisponde al centro del paese; la domenica successiva il corteo ritorna al santuario. La processione è aperta dalle confraternite dello Spirito Santo (detta dei rossi dal colore dell'abito), del Sacramento (bianchi) e degli Agonizzanti (verdi) e durante il tragitto vengono intonati canti in suo onore. II mazziere, vestito con la caiella di velluto rosso, regge in mano la mazza; le autorità cittadine e il popolo chiudono il seguito rallegrato dalla banda musicale.
Il pellegrinaggio invece è compiuto nella prima mattinata: i fedeli, arrivati dai paesi vicini, Mussomeli, Campofranco, Milena e Bompensieri, accedono al luogo sacro, taluni a piedi scalzi (fari 'u Viaggiu a pidi scauzi); in un punto determinato ha inizio la salita per raggiungere il santuario, viaggio che si trasforma per la fatica del percorso in motivo di penitenza e di purificazione. Anche nel corso della giornata, dopo la processione, numerosi devoti si dirigono verso il luogo di culto, portando offerte promesse per le richieste esaudite: ceroni e forme anatomiche in pane. Intorno agli anni Settanta del secolo scorso alcuni devoti mostravano, nonostante i ripetuti richiami dell'autorità ecclesiastica, la propria devozione attraverso la pratica di diversi rituali paraliturgici, tra cui strisciare la lingua per terra (lingua a strascicuni), atto che si consumava in quel breve tragitto che separa l'ingresso nella chiesa dall'altare maggiore. Anche i rami d'alloro, benedetti dal semplice contatto con le urne e utilizzati a fini apotropaici, fanno parte ormai della memoria collettiva.
Altre consuetudini che in passato avevano occupavano un posto di rango nel panorama fieristico del centro Sicilia riguardavano l'allestimento della fiera del bestiame, pressoché scomparsa oggi, e del mercato che ha preso l'aspetto del consueto mercatino settimanale; ancora nella seconda metà dell'Ottocento un funzionario comunale osservava che il paese si animava e si trasformava in un grande emporio «in considerazione dell'immensa devozione con cui il popolo onora le reliquie del Santo Patrono [...j essendo un giorno di mercato e di molto concorso» (ASC, Intendenza e Prefettura, b. 1332, lettera del 20 marzo 1861).

La festa di sant'Onofrio

Grazie alle notizie raccolte dal Propono e all'accurata descrizione stilata nei primi anni Sessanta del secolo scorso dallo studioso tedesco Schenda, la documentazione relativa al culto di sant'Onofrio è più abbondante e ci permette dunque di inquadrare meglio le dinamiche cultuali e devozionali delle comunità locali.
La celebrazione dell'anniversario della morte del santo, verificatasi l'11 giugno, decadde ben presto e fu sostituita dalla ricorrenza fissata nella prima domenica di agosto in ricordo della traslazione avvenuta lo stesso giorno del 1649. Inoltre, la decisione di spostare la festa da giugno ad agosto rispondeva a motivi prettamente pratici e di prestigio, «visto che in quel periodo in quasi tutti i paesi siciliani veniva festeggiata una festa importante» (R. Schenda, Das Onophrius-Fest in Sutera, Sizilien, in Oesterreichische Zeitschrift far volkskunde, n. 2, voi. XIX/1965, p. 158).
Al di là delle notizie a nostra disposizione, emerge un dato inconfutabile: il culto di sant'Onofrio ha una risonanza meno estesa rispetto a quello di san Paolino.
Nella ricorrenza è condotta in processione solamente l'urna del santo eremita e il simulacro ligneo, opera del 1979 di Stuflesser di Ortisei (Bolzano).
Alla testa del corteo si raccolgono le confraternite laiche le quali, come prevedono gli statuti, esprimono con la loro presenza la devozione al santo e garantiscono una certa solennità alle cerimonie esterne. Dalle vicende di questi gruppi dediti alle pratiche ascetiche e devozionali e all'attività di beneficenza, si delineano nitidamente periodi di splendore alternati a momenti di profonda crisi, al punto che ad un certo punto si estinsero. La storia confraternale del paese in gran parte è ancora tutta da scrivere. Ad ogni modo, pare che tali associazioni laicali abbiano conosciuto nel Cinquecento una significativa diffusione, tanto che nel 1585 se ne contavano quattro, il Sacramento fondata nel 1568 e intitolata a sant'Isidoro - con sede nella chiesa madre, l'Annunciazione ospitata nella chiesa dei carmelitani, il Monte della Pietà e San Vito (tab. 1). Nella seconda metà del Seicento la rete confraternale decisamente si allargò e mons. Termine, vicario generale della diocesi di Agrigento, a cui apparteneva Sutera, ne segnalava ben nove: il Sacramento nella chiesa madre, il Sacramento istituita nel 1601 presso Sant'Agata (tab. 2), il Purgatorio nella chiesa San Giovanni Battista, San Salvatore, la Madonna delle Grazie nella chiesa omonima, il Sacramento presente nella chiesa di Santo Spirito, la Madonna Agonizzanti nella chiesa omonima, l'Annunciazione nella chiesa dei carmelitani ed infine San Leonardo che aveva sede nella chiesa omonima (cf. ASCVA, Reg. visitationum 1669, cc. 50Gr-512r). Negli atti della visita pastorale del 1746, si aggiungono i sodalizi di San Biagio nella chiesa della Trinità, San Vito nella chiesa delle Grazie e di Sant'Onofrio operante in quella di San Francesco. La bolla vescovile di fondazione di quest'ultima confraternita porta la data del 1665 (ASCVA, Reg. visitationum 1664-1665, cc. 401 r-v). In realtà la stessa esisteva già una dozzina di anni prima: accadeva talvolta che il riconoscimento dell'autorità ecclesiastica non coincideva con l'effettiva nascita del sodalizio (ASC, Intendenza e Prefettura, b. 1329).
Con l'Ottocento, le confraternite attraversarono una fase particolarmente travagliata a causa della normativa restrittiva introdotta dal regno borbonico al fine di regolamentare e controllare la vita confraternale, e della soppressione delle stesse al seguito dei moti del 1820. Nei decenni successivi fu concesso loro di ricostituirsi, dopo aver elaborato i nuovi statuti e averli presentati per l'approvazione delle autorità civili; tuttavia la spinta associativa che aveva caratterizzato i periodi precedenti, progressivamente si affievolì: il mutato contesto sociale, il lento cambiamento della sensibilità religiosa e successivamente l'emigrazione che tra Otto-Novecento colpì la comunità, contribuirono ad abbassare il livello di partecipazione, al punto che già negli anni venti del Novecento si ridusse il numero a sole tre confraternite e intorno agli anni Settanta si assistette alla loro definitiva scomparsa. Ad inizio degli anni Novanta avviene la rinascita d'alcuni sodalizi laicali impegnati principalmente a sfilare sotto le proprie insegne per rendere onore ai santi patroni.

Luigi Bontà
Centro Studi Cammarata, n. 60/2004, San Cataldo
La precedente puntata è stata pubblicata nel numero di maggio 2005.


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