La fiaba nello sviluppo mentale del bambino - 8
Il rito come le danze sacre ed i sacrifici, insieme alla rappresentazione dei misteri, e via dicendo sono tutti fenomeni ludici perché si ha, come nel gioco puro, una momentanea interruzione del ritmo della vita quotidiana ed una proiezione al di là dello spazio e del tempo. Ve in tutte queste manifestazioni sacrali la consapevolezza di "giocare" cioè di fare un "po' per gioco".
Karol Kerenyi attribuisce alla festa insita in tutti i riti sacri un'autonomia completa dalla cultura. Ciò perché è appunto un espressione del carattere ludico dell'essere umano.
Non possiamo continuare questo excursus senza rivedere gli elementi strutturali della fiaba, cui si è già fatto cenno nelle pagine precedenti.
Ogni fiaba inizia con un danno arrecato a qualcuno oppure con una menomazione come per esempio la cacciata da casa, la perdita di un genitore, una grande carestia e così via. Il protagonista della fiaba abbandona la propria casa e parte per un lungo e periglioso viaggio durante il quale incontra un personaggio che lo collabora nel ritrovamento dell'oggetto che ricerca disperatamente. Le note più salienti sono il duello con uno o più avversar! ed il sostenere delle prove quasi impossibili.
Alla fine riesce a spuntarla e si sposa bene. Se questo è lo schema abbastanza semplice e direi riduttivo di quasi tutte le fiabe, sono invece tantissimi gli attributi nascosti in ogni racconto tanto da rendere difficilissimo il poterli cogliere nella loro interezza. Ad ogni lettura si scoprono nuovi particolari anche insignificanti, ma di grandissimo interesse.
Adesso ritorniamo al rapporto col rito per capire in che modo la mentalità primitiva dei nostri progenitori abbia partorito la fiaba.
Le astrazioni sono lontane dalla mentalità primitiva che si estrinseca nelle azioni concrete e nelle usanze del vivere quotidiano. La fiaba non è una cronaca, ma un modo di esternare il bisogno ludico dell'uomo primitivo. Non mi trovo d'accordo con V. Propp nell'ipotesi che il rito e quindi la fiaba che da esso deriverebbe, abbia all'origine anche interessi economici.
Moltissimi aspetti dei riti vennero trasferiti nella fiaba e quindi anche motivi puramente economici laddove alcuni riti avevano un'impronta per così dire economica. Tuttavia si tratta di motivi marginali.
Cercherò di prendere in esame a quali usanze sociali si rifanno la gran parte dei motivi delle fiabe.
Fin dall'inizio s'è parlato dei riti d'iniziazione che esamineremo meglio ora.
Ad essi segue il culto dei defunti ed il concetto della morte connessi con l'idea dell'aldilà.
Infine altre ritualità minori possiamo ritrovare nelle fiabe ivi compresi i riti propiziatori. Il carattere ludico è presente in tutti questi riti.
Concordo con V. Prop nell'elencare i motivi legati al rito d'iniziazione:
1) La cacciata dei bambini nella foresta o il loro rapimento ad opera di spiriti della foresta misteriosa; 2) La capanna; 3) La promessa di vendita; 4) Gli eroi percossi dalla strega; 5) La menomazione; 6) La stufa della strega. 7) Lo squartamento o l’inghiottimento e la successiva resurrezione; 8) II dono dell'oggetto fatato o il misterioso aiutante fatato; 9) II travestimento; 10) La grande casa.
Il ciclo legato all'iniziazione è la base più antica delle fiabe ed infatti i dieci motivi sopra elencati si possono comporre dando, origine ad un numero infinito di fiabe.
Il ciclo della rappresentazione della morte e del concetto dell'aldilà è espresso nelle seguenti tematiche:
1) La nascita miracolosa; 2) La foresta intesa come ingresso nell'altro regno; 3) II banchetto in casa della maga; 4) II lungo viaggio a cavallo o in barca o su un serpente alato; 5) II rapimento della fanciulla ad opera del serpente.
Al soggetto che veniva iniziato si davano delle prove da sostenere di variabile difficoltà. Ancora oggi in molte tribù primitive i riti d'iniziazione vengono regolarmente praticati ed hanno un'importanza molto grande.
Secondo V. Propp l'unità di composizione della fiaba non va ricercata in certe particolarità della psiche umana ne in una particolarità della creazione artistica bensì nella realtà storica del passato.
"Quello che oggi si racconta, un tempo si rappresentava e quello che non si faceva, lo si immaginava".
Così recita V. Propp e continua: "La coincidenza della struttura dei miti e delle fiabe con la successione degli avvenimenti che si svolgevano durante l'iniziazione, fa pensare che gli anziani raccontassero ai giovinetti ciò che loro accadeva, ma non lo raccontassero riferendolo all'antenato fondatore della stirpe che, nato in modo miracoloso, aveva recato il fuoco e le danze magione.”.
Le danze sacre, i rituali ed i riti d'iniziazione erano tutti quanti inquadrati nella festa, cioè nel gioco. Il tutto è da riportare, a mio parere, ad una sfera ludica della vita umana, anzi è l'elemento fondamentale della vita.
LA VIOLENZA NELLE FIABE
Desidero ritornare su questo punto che ho già appena delineato in precedenza perché lo considero di enorme valenza per quanto già esposto. Non mi dilungherò molto su questo aspetto che meriterebbe un saggio a parte per l'importanza e la complessità. Mi limiterò ancora solamente ad alcune brevissime puntualizzazioni.
Si sente parlare oggi a proposito e a sproposito della presunta violenza che c'è in molte fiabe.
D'altra parte per essere notati ed emergere basta portare avanti comportamenti od opinioni di rottura con quelli tradizionali. In modo del tutto spropositato taluni hanno sentenziato di recente che sarebbe bene non permettere che i bambini ascoltassero fiabe con scene violente. Costoro non hanno tenuto conto che tutti i bambini, nessuno escluso, sono preda nel loro inconscio di forze angosciose, ignote e terrificanti.
Tanto per capirci sono le stesse forze che appaiono come incubi durante alcuni episodi febbrili o nel corso di agitati sogni che abbiamo avuto modo di sperimentare personalmente nei nostri figli.
Il perché dell'esistenza di queste dinamiche angosciose e del loro permanere nella nostra mente è, a mio parere, spiegabile nelle primordiali condizioni in cui l'uomo s'è trovato a vivere sulla terra.
In mezzo ad un ambiente ostile costituto da animali feroci e da una natura eccezionale, ma difficile, i nostri progenitori hanno fortemente temuto per la loro stessa sopravvivenza.
Sappiamo tutti che tra le forze istintuali, l'istinto di conservazione delle specie è il più potente ed importante. Laddove quest'istinto è stato minacciato si sono formate delle reazioni d'angoscia fortemente cariche di violenza. Queste tinte violente sono rimaste per secoli e secoli perché nei primordi il tempo era lungo e si misurava in millenni, a differenza di oggi. Così ai nostri progenitori sono rimasti questi condizionamenti che sono stati nel tempo repressi, ma che vengono a galla non appenacome nei sogni o durante una febbre alta, vengono meno i freni inibitori. Orbene per esorcizzare la violenza occorre ricordarla. È appunto ciò che accade nelle fiabe. In esse si parla di violenza in modo allusivo senza mai soffermarsi sui particolari o sulla successione pedissequa del fatto. Vi si accenna semplicemente con poche parole perché appunto bisogna esorcizzarla. D'altra parte, atteso che la fiaba ha origine dalla sfera ludica dell'essere umano e tenuto conto che i riti magico-religiosi dei nostri progenitori in quanto manifestazioni ludiche, sono all'origine della fiaba non erano proprio questi riti che servivano ad allontanare gli spiriti maligni dalla tribù e dalle singole persone?
Come nell'antichità i riti erano necessari per espellere i demoni di violenza dalla tribù, così le scene violente delle fiabe che da quei riti derivano, sono assolutamente indispensabili alla mente del bambino.
La violenza in tal modo viene allontanata dalla mente per far posto al ritrovato senso di sicurezza Dunque non esiste violenza reale nelle fiabe ma un necessario "condimento" indispensabile per la stessa integrità psichica del soggetto medesimo
Eppure si legge o si sente dire che le fiabe sono violente e non bisognerebbe narrarle per preservare i nostri figli da brutte sensazioni. Non s'è capito un bei niente della complessa dinamica delle strutture mentali del bambino. Ed aggiungerei ancora che se i nostri antenati avessero sospettato sia pure lontanamente che certe scene violente potessero nuocere, non avrebbero loro pensato di "ripulire" le fiabe da siffatte nefandezze?
Invece, prima nella tradizione millenaria orale e poi nella forma scrittasi sono tramandati da padre in figlio e da popolo a popolo la struttura delle fiabe come a noi oggi è dato di leggere.
Tanti bambini manifestano disturbi del comportamento di vario tipo a carattere ansioso dopo avere visto delle scene violente in taluni film o cartoni animati che riproducono la storia di alcune fiabe. Tutto ciò non accade se gli stessi bambini hanno ascoltato la narrazione di una fiaba anche a contenuto violento o hanno letto direttamente la fiaba in un libro.
S'è già parlato di una diversa modalità di percezione della violenza che nel primo caso è dannosa per la struttura cerebrale del bambino, mentre nel secondo caso non lo è per nulla. Ecco allora come si rivela estremamente complessa ed ancora inesplorata e non conosciuta la miracolosa macchina cerebrale del bambino. Abbiamo ancora molta strada da percorrere nella comprensione dei meccanismi di funzionamento del cervello infantile in relazione alle diverse e spesso piccole ed inapparenti differenti modalità di percezione del mondo esterno. Tuttavia di questo bisogna tener conto nella programmazione e nella stesura di attività ludiche rivolte all'infanzia. L'uso della fiaba va certamente rivalutato ed incoraggiato.
E’ indispensabile rivedere molti dei nostri comportamenti se vogliamo salvaguardare l’integrità e lo sviluppo armonico del cervello dei nostri bambini.
Ricordiamoci che l’uomo del passato era molto più attento di noi all’integrità della sua mente perché viveva secondo ritmi naturali.
LA FIABA È SOLAMENTE UNA PREROGATIVA DELL'INFANZIA?
"Mi affascinava, da bambino all'incirca all'età di otto o nove anni, prendere tra le mani un vecchio libro che odorava fortemente di stantio ed aveva le pagine macchiate dalla lunga età: si intitolava Kastanka ed era un raccolta di brevi fiabe russe fra cui alcune nien-temeno che a firma di Anton Cechov.
Era illustrato da figure in bianco e nero alla maniera di Chagal!
Quanto mi piacevano quelle figure! Da quelle pagine e da quelle figure emanava un mistero indefinibile che riuscivo perfino ad assapora-re come fosse un cibo dolce, così tipico dell'infanzia mia, ma anche dell'infanzia di tutti i bambini. Da adulto mi piace riaprire spesso e di nascosto quel libro ed odorarlo intensamente per risentire que-gli odori d'infanzia."
Ed ancora la fiaba rappresenta per Novalis il vertice della poesia perché rivela ed evoca il senso più nascosto dell'esistenza: "la fiaba è il canone della poesia —ciò che è poetico dev'essere fiabesco — nella fiaba credo di poter esprimere al meglio la mia disposizione d'animo —-tutto è una fiaba -"—-.
Italo Calvino avendo speso tanto del suo tempo nello studio ed nella raccolta di fiabe affermava: "mi interessa della fiaba il disegno lineare della narrazione il ritmo l'essenzialità il modo in cui il senso di una vita è contenuto in una sintesi di fatti di prove da superare di momenti supremi".
Un oscuro funzionario dell'archivio del ministero degli esteri russo nel 1849 Aleksandr Nikoiaevic Afanas'ev, sarebbe rimasto tale se non avesse avuto l'idea di occupare bene la gran quantità di tempo libero che gli lasciava il suo lavoro, dedicandosi a raccogliere il magnifico patrimonio delle fiabe russe e cercando di penetrarne il significato profondo.
"Probabilmente nella fiaba vi è qualcosa di inde-finibile e di insondabile che non si riesce bene a cap-tare, ma che affascina in una maniera sorprendente-mente potente come se fosse legato al mistero della creazione dell'uomo ed al suo ruolo nell'ambito dell'Universo che lo circonda".
Solo il bambino, a differenza dell'uomo adulto, ancora sotto il dominio completo e totale delle emo-zioni e della fantasia riesce a cogliere qualche bella fetta di questo mistero.
Noi adulti, solo sforzandoci di essere bambini, potremo coglierne qualche…briciola!
Dott. Antonio Cumella -Pediatra
(FINE)
Le precedenti puntate sono state pubblicate sui numeri di: agosto-settembre e dicembre 2004; gennaio, febbraio-marzo, aprile, maggio e giugno 2005.
Il dottor Antonio Cumella, pediatra e specialista in psicologia medica, esercita la professione da oltre vent’anni a Mussomeli.
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