Semi di Senape
Davanti alla Roccia
In autunno, con la vendemmia, avviene, dopo quella estiva, una seconda offerta delle primizie a Dio. Nella Bibbia alla vendemmia si associa la festa dei tabernacoli (Deut 16,1-17). Si ricorda la marcia nel deserto, durata molti anni, e si sale al monte di Sion, a Gerusalemme; così pure le nazioni salgono nella Città santa in pellegrinaggio (Zac 14,16-19). Avere una dimora provvisoria nel deserto è un segno della dimora eterna che Dio prepara per tutti i suoi fedeli; anzi, Dio stesso è la Dimora di grazia e la Presenza di gloria.
La roccia è presente nella Bibbia per indicare la presenza di Dio; il cristiano si mette dinanzi a Dio per esprimere una pietà limpida e sincera, come Elia che ha rifiutato l’idolatria e ha zelato per il culto divino. Il fatto che si ritiri nella roccia, al monte di Dio, suggerisce che sia andato in pellegrinaggio sul Sinai per confermare a nome del popolo santo la rivelazione del Dio dei Padri; che entri in una caverna e vi passi la notte suggerisce che abbia contemplato in solitudine il mistero di Dio. (cfr. 1 Re 19,9ss.).
Paolo apostolo associa finanche il nome di Gesù alla roccia del deserto (1 Cor 10,4). Dio è la Roccia d’Israele. Il cristiano nella veglia si ritira a pregare il nome di Dio; come hanno insegnato gli eremiti che hanno trovato conforto nelle grotte.
La tradizione legata a san Calogero e a santa Rosalia è per la Sicilia esempio della vita eremitica che si svolgeva in luoghi alti e rocciosi, fra i monti.
Stare al cospetto di Dio significa conoscere che Dio è Roccia, e l’uomo è polvere; l’esperienza del deserto è stata superata infatti con la forza della fede; e le tende erano il mezzo per vivere in una terra provvisoria.
La tenda dà il senso di vivere con pochi mezzi in attesa di entrare nell’eredità eterna; e beato è quell’uomo che nella sua umiltà e mitezza è trovato degno di ricevere una eredità onorevole.
Ma anche dal deserto, si racconta più volte nel libro dei Numeri, s’insinua mormorazione e ribellione contro Dio; a causa di tale stoltezza i nomadi, usciti dall’Egitto, hanno perso la via, hanno respinto le promesse fatte ai Padri e boicottato gli strumenti per raggiungere la Terra promessa. (Num capp. 13-14) I falsi esploratori dicono: «il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti».
Nell’esperienza del pellegrinaggio verso Gerusalemme il pio israelita ha scelto di mettersi in sequela; l’esperienza di vivere nel deserto, una volta che il popolo si è stabilito nella Terra di Canaan, viene rappresentata con itinerari verso i santuari; e tutti i santuari diventano minori quando in seguito alla riforma di Giosia si fissa a Gerusalemme la celebrazione della Pasqua; sicché diventano secondari gli altri luoghi di culto.
L’esperienza di portarsi davanti alla roccia ha il significato di portarsi al monte di Gerusalemme dove è la Roccia della salvezza; nel luogo più riservato e sacro sono custodite le testimonianze del Dio che è passato davanti al suo popolo.
Ancora nel Nuovo Testamento è Paolo a ribadire le sue origini dal giudaismo, a provare un certo orgoglio di essere pio israelita, a sentire il dramma di quanti hanno rifiutato Gesù Cristo. «Essi sono israeliti e possiedono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione… » (Cfr Rom 9, 1-5)
La festa dei tabernacoli cadendo in autunno ricorda infatti di avere avuto dimore provvisorie durate il lungo esodo verso la terra promessa: la Dimora è un modo di indicare la presenza d Dio. Egli è pieno in se stesso, in nulla manchevole o in difetto.
Nella festa della Trasfigurazione che abbiamo celebrato il 6 agosto si ricorda che Gesù Cristo si è mostrato agli apostoli prediletti nella sua gloria. Quando gli evangelisti Luca e Matteo ci riferiscono l’episodio della trasfigurazione hanno dinanzi il loro cammino di sequela; essi camminano al fianco di Gesù e si impegnano ad accettare fino in fondo la missione di donare la vita, come in un esodo verso Dio Padre.
L’esperienza del viaggio a Gerusalemme (Lc 9,51-19,27) segna il momento in cui Gesù decide di andare incontro alla volontà del Padre. La trasfigurazione (Lc 9,28-36) è come un anticipazione del pellegrinaggio verso la Città santa. Nella teofania sul monte Dio appare come la Dimora in cui è avvolta la natura; Dio è la testimonianza di verità e di zelo (resa per mezzo di Mosé ed Elia) che fascia il cosmo e lo sigilla per la fine dei tempi, è l’asse portante che sorregge gli uomini perché non cadano nell’errore e nell’iniquità. Perciò Pietro esclama «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende».
Stare al cospetto di Dio, sulla Roccia santa, significa acquisire le qualità che Dio trasmette con la Grazia; da polvere e cenere, che costituisce il nostro destino mortale, divenire compatti nel fuoco della carità. Tale passaggio non può avvenire senza sofferenza e umiliazione. Il salmo 90 istruisce a invocare Dio come riparo dai pericoli e dimora nelle afflizioni.
È considerata una prova della santità di vita riesumare la salma di una persona e trovarne il corpo intatto e incorrotto; è questa una ragione per cui di Maria Madre di Gesù la Chiesa ha ritenuto che alla morte il corpo non abbia subito corruzione.
La solenne festa dell’Assunta stabilisce che Lei non aveva peccato ed era stata Tabernacolo del figlio che portava in grembo; dando alla luce il Figlio di
Dio è divenuta Dimora di gloria e Testimonianza di carità.
Don Salvatore Falzone
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