Immagini e memorie dell’emigrazione a Montedoro
Riteniamo che valga la pena ricordare un avvenimento dell’estate scorsa. Nella serata di giovedì 4 agosto 2005, nel cortile del Centro sociale di Montedoro, alla presenza di molti emigrati, si è svolto un evento sociale di notevole spessore che ha interessato la storia, il costume, la tradizione di Montedoro, l’emigrazione in Francia dell’ ultimo mezzo secolo che ha suscitato ammirazione, gioia, tristezza, presa di coscienza, per certi aspetti rassegnazione, voglia di essere protagonisti non solo del proprio destino, ma di un fenomeno, di tante storie simili subite che hanno interessato molte famiglie non solo di Montedoro, senso di riscatto, grandi opportunità. Un complesso di sentimenti che possono farci “vedere” in positivo quanto sta avvenendo nelle coste siciliane con i continui sbarchi di clandestini extracomunitari.
E’ stato presentato un libro intitolato “ Diritto di memoria” realizzato a cura dal Circolo Franco- Italiano coordinato da Calogero Pace e Agostino Alfano: un album di famiglia degli emigrati di Montedoro nella zona di Lione, tanti visi, tante famiglie, tante storie, tanti sacrifici, tante lotte, tante speranze, tanto lavoro.
Dal 1979, su La Voce di Campofranco, attraverso semplici biografie di nostri compaesani emigrati, abbiamo contribuito a fissare nella memoria collettiva storie di povertà, di emigrazione, di quella del “Cammino della speranza”, delle valigie di cartone, dell’ attraversamento dei confini con la Francia sulle Alpi con gli spalloni, dei rimpatri, del primo inserimento nella nuova società, della difficoltà della lingua, dell’ adattamento agli usi e ai costumi ecc. Obiettivo principale del nostro mensile, nella idea di padre Nazzareno Falletta, era quello di costituire un legame, tra i residenti ed emigrati per continuare ad essere montedorese, campofranchese, suterese ecc. Spesso oltre ai fatti e agli eventi diamo spazio alle persone che incarnano forse piccoli tasselli della nostra gente che costituisce la trama delle nostre società, delle nostre popolazioni.
Tomasi di Lampedusa ha scritto:” Non nego che alcuni Siciliani possano riuscire a smagarsi: bisogna però farli partire molto, molto giovani; a vent’ anni è già tardi: la crosta è fatta, rimarranno convinti che il loro è un paese come tutti gli altri, scelleratamente calunniato; che la normalità civilizzata è qui, la stramberia fuori.”
Forse nella frase c’ è una qualche verità, ma il film proiettato” L’ isola orfana vacanze siciliane” di Daniel Pelligra, con le interviste agli emigrati e ai residenti, ha evidenziato un complesso modo di vivere ed intendere l’ emigrazione, ha registrato una ricchezza di sentimenti, di desideri, di aspettative, di sogni, di dura realtà quotidiana, di esperienze umane che trovano un loro coagulo nella gente di Montedoro. E poi, il racconto, per immagini, della vacanza a Montedoro di un gruppo di emigrati partiti da Lione in pulman che ha attraversato la mitica frontiera di una volta, tutto lo stivale, lo stretto di Messina con la nave traghetto per finire alla strada provinciale, sempre quella piena di curve, che porta a Montedoro. Il paese con le sue case, i tetti, le strade, la piazza, la chiesa, il municipio; i colori delle case e del paesaggio, i suoni, i rumori, le voci degli ambulanti,( prima c’erano i vanniatura) i passi, il passeggio in piazza, i gesti e i volti, le “rocchie” di persone, i giorni della festa di San Giuseppe, con la banda musicale, i fuochi d’artificio, la notturna per le vie del paese tra suoni e balli, la processione, la messa, la piazza e le vie principali con l’ illuminazione straordinaria, le bancarelle, le serate danzanti all’ aperto, le rappresentazioni teatrali, tutta quella sequenza di immagini care alla memoria non solo degli emigrati e che costituiscono la memoria collettiva insieme ad altre feste ed eventi dell’ anno della comunità che appartengono a tutti ma che ognuno vi custodisce la sua specificità, il suo particolare, la sua vita.Sono stati messi in evidenza tutti gli elementi caratteristici della nostra comunità che forse non riesce ancora a liberarsi di risentimenti, di complessi di inferiorità, di invidie, gelosie, certe venature di odio magari dovute a certe ideologie, ormai morte e sepolte, che non consentono appieno al riconoscimento degli elementi, dei valori umani, sociali e religiosi che ci uniscono e allo loro serena circolarità in modo tale da farci sentire orgogliosi del paese, della sua storia, della sua gente. Ormai è arrivato il tempo nel quale l’ identità, il senso di appartenenza, in una società multietnica e multiculturale, possono essere una risorsa positiva di crescita. Certamente si sente il bisogno di riscoprire e valorizzare la propria cultura e le proprie tradizioni che rimangono tali fino a quanto sono vive e feconde. Perciò è opportuno rafforzare l’ identità e la specificità come condizioni per approdare consapevolmente ad un maturo confronto interculturale.
L’ operazione culturale promossa da Calogero Pace e Agostino Alfano, in collaborazione con il Circolo Franco-Italiano, merita il plauso di tutti i montedoresi per il suo indubbio valore storico e sociale nella speranza che altri apporti possano nascere dalle altre realtà dell’ emigrazione in Belgio e negli Stati Uniti d’ America (forse sono 3 mila gli oriundi) sia per iniziativa di gruppi privati o promossi dall’ amministrazione comunale.
Lillo Paruzzo
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