Semi di senape
Gesù e il potere
La festa di Pentecoste è ricordata in genere come il momento in cui nasce la Chiesa; agli inizi della storia cristiana insieme all'azione missionaria si è formata una certa struttura apostolica; da questa tradizione deriva per es. la formazione di successori degli apostoli che diventassero i responsabili di comunità cristiane. Basti pensare a Timoteo e Tito discepoli di Paolo.
In particolare è il libro degli Atti degli apostoli a testimoniare le opere compiute dai fedeli e dagli apostoli che, sotto la guida dello Spirito Santo, hanno avviato le istituzioni della Chiesa.
È frequente che si sollevi una polemica accusa contro la Chiesa di essere un'organizzazione di potere; e si prenda finanche in prestito il motto di Gesù "date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" per tenere separati i due mondi, quello religioso e quello politico, fino ad opporli; talora, da questa visione distorta, nasce finanche l'opinione che le autorità religiose non possano in alcun modo consigliare o inserirsi in faccende della vita amministrativa e politica.
Bisogna riprendere in mano le parole di Gesù e l'insegnamento della Chiesa; la diatriba su Cesare non insegna che sia giusto rifiutare all'imperatore una tassa. Gesù inoltre si guarda bene dall'essere considerato leader di un messianismo politico che mira a cacciare i Romani dal dominio in Israele.
Anzi sostiene un dominio a rovescio: "sono venuto per servire e dare la vita". Gesù respinge il potere dispotico dei Capi sulle Nazioni. Si nota anche dalle Lettere di Paolo e dalle opere degli apostoli, riferite negli Atti, che per molti versi è consigliato di compiere il bene davanti a tutti gli uomini della società in cui vivono. (cfr. Rm 13,1-7)
Semmai Gesù stigmatizza l'idolatria del potere, cioè la condizione in cui un despota assolutezza il suo potere e stravolge ogni legge naturale e divina. È quanto nel libro dell'Apocalisse è lasciato intuire con l'immagine della Bestia, simbolo dell'autorità ingiusta e persecutoria.
Durante le fasi del processo subito da Gesù, c'è un episodio in cui cade la domanda sulla natura del Regno che egli è venuto a portare. Pilato ha avvertito di avere dinanzi un uomo giusto; il Nazareno non è capo di una milizia che vuole sovvertire le leggi di Roma e minare la sicurezza dello Stato.
Gesù, riguardo al potere di cui gode Pilato, osserva: "non avresti nessun potere su di me se non ti fosse stato dato dall'alto" (Gv 19,11). In questo circostanza Gesù afferma che l'autorità di Pilato è un potere (exousìa) che deriva da Dio; cioè, Dio permette che il Figlio sia consegnato a seguito delle astuzie tattiche del procuratore. Del resto "non c'è autorità se non da Dio" (Rm 13,1).
Si può pensare indirettamente il procuratore romano è anch'egli subalterno ad un'altra autorità: "dall'alto" si può intendere come incarico ricevuto dal governo centrale imperiale, superiore a Pilato; in quest'ultimo caso il senso è più ampio; ma più staccato dall'esegesi letterale.
Del resto, al potere "dall'alto" è connesso un potere "dal basso": quello del Sinedrio, massima autorità religiosa per i Giudei. Le autorità ebraiche manovrano perché su Gesù, consegnato all'autorità politica, cada la condanna capitale.
Se Cristo è vero Dio e vero Uomo, (è il capo d'accusa portato avanti dal Sinedrio che considera Gesù un bestemmiatore ribelle), allora Gesù il Cristo, rivelando dinanzi a Pilato la sua "origine dall'alto", è quantomeno alla pari con l'autorità romana: anch'Egli non agisce arbitrariamente, essendo unito alla missione ricevuta da Dio Padre, anzi essendo "una sola cosa".
C'è così un livello di interferenza: entrambi (Pilato e Gesù) esercitano un tipo di potere che si riconosce nella vita e nella storia, ma la natura e il fine delle loro missione è ben diversa. A volte il loro insegnamento e il loro interesse sono in relazione reciproca: come nel tributo che il cittadino deve dare allo Stato, per cui Gesù riconosce che il potere temporale ha diritto a ciò che gli è dovuto.
Più volte però divergono, per cui il potere spirituale si considera superiore a quello temporale, e pur tuttavia deve agire "dal basso" come umile messaggio di liberazione e salvezza per gli uomini.
L'enciclica Deus caritas est di Papa Benedetto XVI è un punto di riferimento elevato per conoscere in sintesi la visione della Chiesa in rapporto allo Stato, e il senso dell'opera caritativa cristiana in seno alla società. (Cfr. nn. da 26 a 28)
Alle origini, Paolo da cittadino romano e apostolo cristiano, è ben consapevole che la sottomissione al potere costituito risponde ad un ordine stabilito da Dio; e di fatti egli vi rimette la vita. Nei capitoli seguenti al 22° degli Atti degli Apostoli, si ha lo sviluppo giudiziario del caso di Paolo di Tarso.
Bisogna pensare che Paolo, arrogandosi la cittadinanza romana, non recrimina contro coloro che l'avevano maltrattato. In un certo senso è stato provvidenziale giungere davanti ad un tribunale di superiore istanza, a Roma, perché si manifestasse la fede nel cuore dello Stato.
Sac. Salvatore Falzone
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