Semi di senape
Donne nel mistero di Dio

La festa dell’Immacolata, inserita nel periodo dell’Avvento, ci aiuta a riflettere sul mistero della donna; nella Bibbia la donna, di aiuto all’uomo, è termine di una relazione fondamentale. La reciprocità fra l’uomo e la donna, creati a immagine e somiglianza di Dio, offre un modello di comportamento che neppure in natura esiste. L’aiuto è ciò che di unico la donna può dare all’uomo. Non è un rapporto di maggioranza stabilito a svantaggio della donna; relazione di reciprocità significa che ciascuno riconosce il suo ruolo e in relazione all’altro esercita la missione. Se osserviamo l’iter di Gesù nella missione, si nota che Egli ha dato conforto e sollievo alle donne in vari episodi; le pie donne sono elogiate per l’aiuto che hanno offerto a Gesù durante gli spostamenti dei Dodici nella missione.
È più evidente nel ruolo di Giovanni Battista che per lasciare crescere l’avvento di Gesù deve ritirarsi e diminuire; il predicatore di fuoco si profila coma «amico dello sposo» ed esulta di gioia nel sentirne la voce. «Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,29b-30). L’esempio di vita di Giovanni Battista ci aiuta a capire la relazione di reciprocità. Anche nella relazione fra Maria, sua madre, e Gesù il Figlio, come nell’episodio a Cana di Galilea (Gv 2,1-12) si nota una reciprocità, per cui lo Sposo Gesù si rivela nel contesto delle nozze che Israele attendeva di stabilire con il suo Signore Dio. Non a caso nella esegesi antica la tradizione intravedeva in Maria a Cana la figura Synagogae, perché era figlia d’Israele e l’inchoatio Ecclesiae, perché diverrà Madre della Chiesa. Anche Paolo nelle sue Lettere esprimendosi sull’amore che Cristo ha riservato alla Chiesa conferma che Dio l’ha amata come una sposa e superando le offese del peccato la solleva a sé «tutta gloriosa, senza macchia», «santa e immacolata» (cf. Ef 5,27).
Quando si celebra la festa di Maria Immacolata la Chiesa intende esprimere una verità di fede: Maria dalla nascita non ha portato né la macchia né le conseguenze del peccato originale. Quando si afferma della Chiesa che è «tutta gloriosa, senza macchia» si intende una verità che ha inizio ma si compirà alla fine dei tempi; mentre ora la Chiesa santa per grazia divina è costituita di peccatori, nel giudizio e compimento dei tempi si ergerà una Gerusalemme celeste, immagine della Chiesa, «pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21,2).
Nello scorrere del tempo storico la Chiesa manifesta nella collaborazione fra l’uomo e la donna la reciprocità che le Divine Persone mantengono in modo santo e perfetto. Nella Trinità divina è in effetti la vera origine della reciprocità nelle relazioni e missioni. Nelle vicende umane certo si compiono offese e ferite; e solo il perdono reciproco può sanare e perfezionare le persone; in un certo senso, a partire dalla ferita del costato di Gesù crocifisso contemplato dalla Madre Addolorata, la reciprocità sarà sempre sotto il segno della croce. Quel «sangue ed acqua», scaturiti dal corpo di Cristo, sono stati interpretati come il segno di “nozze drammatiche” tra Dio e l’Umanità; nozze che non si spezzeranno mai, in forza del sangue della nuova Alleanza stabilita in Cristo, e introdurranno al banchetto eterno.
È da notare che sangue e vita sono elementi di natura fisiologica; il sangue è ciò che si custodisce e se manca si perde la vita; ora solo per la donna si realizza questo mistero di generare vita. In un senso morale e teologico, la Chiesa gode della promessa di Cristo Salvatore; e in base alla promessa del libro della Genesi (3,15), la donna e la sua stirpe vi è coinvolta perché da Lei ha inizio la salvezza. Questa è la promessa che pienamente si è svelata e compiuta nell’Incarnazione del Figlio.
Ai nostri giorni dall’insegnamento di Giovanni Paolo II si ricavano numerose e ricche intuizioni; in particolare con la Mulieris dignitatem (1988) e la Lettera alle donne (1995) si è configurata una riflessione densa e decisiva. Il matrimonio è la via ordinaria in cui si realizza la reciprocità fra uomo e donna; «in base al principio del reciproco essere “per” l’altro, nella “comunione” interpersonale, si sviluppa in questa storia l’integrazione nell’umanità stessa, voluta da Dio, di ciò che è “maschile” e di ciò che è “femminile”» (Mulieris dignitatem, 7). Il profilo femminile della Chiesa si comprende guardando a Maria, Vergine e Madre. Lasciando da parte i “modelli di femminilità” che mode del tempo e/o vicende storiche evidenziano, un’autentica “visione femminile” della Chiesa si comprende contemplando il mistero di Maria che rimanda a Cristo suo Figlio: «fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). Nella misura in cui ogni cristiano guarda a Maria modello di pietà, ne imita l’umiltà, l’accoglienza, la docilità alla Parola di Dio e la dedizione alle cose eterne.
La fede cristiana ha una “qualità femminile” per ogni uomo; san Francesco d’Assisi intuì che ogni cristiano che genera altri credenti agisce come una madre. Maria costituisce nella Chiesa come uno specchio che la comunità dei credenti è invitato a guardare per «vedere e credere», in senso giovanneo nella sua identità. E il gesto di Maria, nelle nozze di Cana, rimanda al Messia che si manifesta, Sposo atteso dalle genti e Capo del corpo mistico della Chiesa.

Don Salvatore Falzone


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