Memorie d’Africa
(1.1.1936 – 4.10.1946)
7a puntata di Giuseppe Scannella
Cap. XI
CONCLUSIONE DEGLI SCONTRI ARMATI PIU' CONSISTENTI
Per circa una settimana la vita trascorre come al solito in un accampamento dove da un momento all'altro può succedere di tutto o arrivare un improvviso ordine di partenza per destinazioni sconosciute e per operazioni imprevedibili .
Il 1° Dicembre 1936 , infatti, come al solito all'alba , la mia squadra costituita dall'avanguardia, riceve l'ordine di partire in perlustrazione alla volta della vicina Irgalèm, sita a circa 30 Km. a Nord di Wondo, anch'essa ad un'altitudine di 2.500 metri .
Così un' autocolonna di 2 ambulanze, 2 autoblindi, 2 carri armati e 4 camion con 100 soldati, si mette in marcia per una strada impervia, stretta e sterrata sulla quale gli automezzi sono costretti a muoversi molto lentamente e con grande precauzione; si attraversa una serie di dorsali e profonde forre, con ripide e sdrucciolevoli salite e discese, coperte di rigogliosa foresta dai fusti altissimi di podocarpi, sicomori , euforbie, ecc...
La zona infatti è percorsa da molti torrenti e torrentelli che ne hanno generato la struttura scavando profondamente nel substrato lavico; essi, spesso scavalcati da ponti di fortuna realizzati alla meglio, vengono facilmente attraversati dai nostri mezzi .
Dopo circa una ventina di chilometri , raggiungiamo una pianura al di sopra della quale in coincidenza col nostro arrivo si trovano alcuni nostri aerei da ricognizione ; non trovando alcuna resistenza nemica , il nostro comandante allora ci ordina di effettuare un rastrellamento di tutta la zona circostante .
A circa un chilometro e mezzo troviamo una Missione cattolica dei P.P. Cappuccini (Missione di Bèra), interamente devastata dagli abissini , dinanzi alle cui rovine un Padre Cappuccino francese si trova in stato di sconforto ed amarezza .
Al termine dell'operazione viene avvertito il Comando Generale dei risultati del rastrellamento e della presenza del reverendo Padre, col quale nel frattempo incomincio a dialogare per mezzo di gesti visto che non conosco il francese ; in ricordo di tale incontro egli mi fa scrivere nella lingua del posto l'Ave Maria ed il Padre Nostro .
Trascorso un paio d'ore, arriva un nostro aereo che, dopo aver prelevato il missionario, riparte alla volta di Addis Abeba; dopo di che anche noi ci rimettiamo in marcia per raggiungere Irgalèm (vedi foto n° 32 ) .
Foto n. 32 – Il frate di Bera riparte
Dopo qualche chilometro le macchine di testa incominciano ad attraversare il grosso torrente Ghidabò, le cui acque schizzando all'ingresso degli automezzi creano dei giochi di luce stupendi ed irripetibili, visto che siamo al tramonto del sole .
Immediatamente allora balzo fuori dal camion su cui mi trovo, afferro la macchina fotografica e mi preparo a scattare qualche foto ricordo della scena di un autoblinda nell'istante in cui , entrando nell'acqua , crea una nuvola di schiuma caratteristica .
I trasportati, scesi dalle macchine per alleggerire il peso onde evitarne l'impantanamento, dopo aver attraversato il torrente su una passerella, ci troviamo dinanzi ad una spettacolare sorgente di acqua .
Attratti , riempiamo subito le borracce per poterne bere a sazietà, ma con stupore e raccapriccio siamo costretti a buttarla perchè è calda e dallo strano sapore: infatti la zona è piuttosto ricca di sorgenti termali solforose ( rivedi foto n° 31 ).
Ripresa la marcia, dopo qualche chilometro appena, alle prime ore del pomeriggio entriamo ad Irgalèm , località strategica in quanto importante mercato con negozi di Greci ed Armeni . Da questo 1° Dicembre 1936 fino al 13 Febbraio 1937, infatti, essa sarà sede del Governo del Galla e Sidàma .
L'autocolonna entra quindi in un modesto viale diritto, dal fondo massicciato, costeggiato da rudimentali passamani in legno , avente solo sul lato sinistro una fila di umili case abbandonate dagli abitanti prima del nostro arrivo .
Giungiamo così nel centro del paese , in un silenzio tombale, per cui , mentre i carri armati e gli autoblindi ricevono l'ordine di effettuare un giro di perlustrazione, gli altri incominciamo ad accamparci nelle posizioni indicate dai rispettivi superiori .
L'indomani la maggior parte dei circa 150 uomini che formiamo la guarnigione si dà da fare per le solite attività di vigilanza, pulizia ed organizzazione del campo; io ed il mio amico Di Vita decidiamo di fare un giretto per i dintorni incamminandoci per una strada che in discesa porta sul versante Est del fondo valle .
Ad un certo punto avvistiamo una casa molto diversa dalle solite, alquanto elegante, fornita di una lunga veranda e signorile appartenuta al Ras Destà , uno dei più importanti capi della Regione .
Ci avviciniamo fino quasi all'ingresso , ma ce ne allontaniamo immediatamente visto che proprio davanti la veranda c'è una grossa bomba d'aereo da un paio di tonnellate ancora inesplosa; perciò facciamo subito ritorno all'accampamento giusto in tempo per il rancio .
Nelle ore successive faccio anche una capatina alla chiesa del paese, dove il Missionario francese ha svolto pure la sua missione e non mi meraviglio molto nel trovarla anch'essa tutta devastata; dappertutto sono sparsi statue più o meno frantumate, immagini sacre in condizioni pietose e 3 quadretti della Via Crucis che, essendo ancora integri, raccolgo religiosamente per portarli con me.
Prima di lasciare questo sacro luogo faccio una foto ricordo ad una bella statuetta di Gesù Bambino non del tutto mutilata (vedi foto n° 33 ).
Foto n. 33 – Bambin Gesù illeso
Per oltre una settimana la vita trascorre in modo quasi del tutto sedentario e monotono , medicando di tanto in tanto qualche ferito e riparando qualche orologio guasto ( vedi foto n° 34 e 35 ) .
Foto n.34 - Momenti di relax ad Irgalém
Foto n. 35 – Soccorso al piede di una negra ad Irgalèm
Un giorno, mentre sto proprio riparando un orologio nella mia tenda, mi chiama il Tenente per dirmi che devo tornare a Uòndo , con la valigetta degli attrezzi da orologiaio per andare a riparare quello del Generale comandante . Dà quindi l'ordine ad un autista di salire su un'ambulanza e di rifare i 30 Km. che ci separano da Uòndo per portarmi dal Gen. Geloso .
Non è difficile immaginare con quale tensione e trepidazione d'animo rifacciamo questa strada a saliscendi , in mezzo ad una vegetazione insidiosa, in un ambiente non ancora del tutto controllato .
Comunque giungiamo su un fondo valle solcato da un ruscello e stiamo per risalire , quando , passando sotto una grande pianta secolare e frondosa , sentiamo una gragnola di sassate piovere sul tetto della macchina ; spaventati facciamo subito marcia indietro fino al ruscello e cerchiamo di capire cosa sia successo: un numero elevato di scimmie e scimpanzé aggrappati ai rami di quell'albero si sono divertiti a prenderci come bersaglio dei loro tiri .
Questo imprevisto ci fa perdere del tempo prezioso al punto tale che arriviamo a Uòndo verso le 18,30 , alle prime ombre della sera .
Mi reco in fureria da Passalacqua e gli chiedo cosa devo fare relativamente al comando ricevuto; egli cade dalle nuvole perchè non sa niente di tutta la faccenda . Allora mi reco al quartier generale e parlo della cosa al Cap. Monacelli, il quale mi accompagna subito dal Gen. Geloso. Questi , appena mi vede, mi sollecita a stare sulla posizione di riposo e mi porge i suoi orologi guasti da riparare .
Al che , saluto ed esco diretto verso la mia compagnia accampata a circa 500 metri dal comando generale. Data l'ora , però, mi reco innanzitutto in cucina per racimolare qualcosa da mettere sotto i denti, in quanto il rancio ormai è saltato ; subito dopo cerco di provvedere per un'ambulanza dove poter dormire .
Questa purtroppo mi viene negata e quindi sono costretto a recarmi in baracca dagli amici i quali, molto gentilmente mi offrono due coperte, una da stendere per terra e l'altra per coprirmi. E così sono obbligato a dormire vestito trascorrendo la notte tra il 6 ed il 7 Dicembre 1936 come Dio vuole.
L' indomani, subito dopo la sveglia , le pulizie e la colazione, mi metto subito a riparare gli orologi affidatimi , ma , non avendo a disposizione un tavolo ed uno sgabello , sono costretto a lavorare in condizioni pietose; comunque, verso le 11 termino il lavoro e mi affretto a riportarli al Comando Generale, dichiarandomi disposto a ricontrollarli nel caso non debbano andar bene .
Il Generale, oltre a ringraziarmi, mi obbliga ad accettare come ricompensa per il lavoro fatto, ben 50 lire che mi gratificano almeno per la dura notte trascorsa a dormire per terra .
Verso le 13, non appena finiamo di consumare il rancio, ci rimettiamo sulla strada del ritorno per Irgalèm, dove arriviamo senza alcun imprevisto dopo appena un'ora e dove il dottore mi chiede subito resoconto dettagliato della mia "trasferta " .
Passano intanto altri dieci giorni circa , dopo di che vengo ancora una volta chiamato ad effettuare lo stesso lavoro di prima ; perciò riparto per Uòndo, mi presento al Generale ed egli mi raccomanda ancora un buon lavoro a questo suo orologio preferito . Stavolta però, io mi permetto di ricordargli che la riparazione precedente non ha dato buon esito per il fatto stesso che , non solo non c'è stata la possibilità ed il tempo per un buon controllo , ma perché purtroppo il lavoro era stato eseguito in condizioni fisiche disagiatissime e quindi adesso sarebbe opportuno lavorare in posizione almeno più adeguata ad un lavoro così delicato e di alta precisione .
L'alto ufficiale allora mi invita a riferire la cosa al mio tenente , ricordandogli che è un ordine del Generale, cosa che io eseguo non appena arrivo nella Compagnia alla quale sono assegnato ; quì infatti mi viene messa a disposizione un' ambulanza sia per dormire che per lavorare .
La sera penso di trascorrerla con gli amici, per cui invito il caro furiere Passalacqua a fare un giretto per il campo . Strada facendo, egli mi mette al corrente della vita trascorsa nel frattempo e non può fare a meno di confidarmi che , durante la mia assenza , sono arrivate in fureria le proposte di ricompense al valor militare per tutti quelli che abbiamo partecipato all'azione su Giabassirè; tuttavia però, aggiunge, io ne sono stato escluso senza plausibile motivo .
Al sentire una tale cosa, furente, mi reco immediatamente dal Sergente Magg. Vitrano interrogandolo sulla vicenda della mia esclusione dalla proposta di ricompensa; egli però risponde di non sapere nulla, in quanto ha fatto tutto il nuovo comandante .
Mi reco allora alla tenda del Tenente, il quale viene fuori per chiedermi chi sono e cosa voglio, visto che è nuovo della Compagnia e quindi non mi conosce; per cui ritengo opportuno raccontargli dettagliatamente tutto, sia sui motivi della mia attuale presenza nel campo, che le varie e tormentate vicende vissute in prima persona con il precedente comandante Ten. Lanna ed il Col . Zamboni .
Alla fine, tuttavia , la sua risposta è evasiva visto che ormai le pratiche hanno iniziato il loro iter e nessuno può più fermarle o modificarle ; in compenso , però, egli aggiunge che se ci sarà un''altra occasione del genere farà di tutto per ricordarsi di me. Al che, amareggiato, faccio notare che ormai le operazioni d' un certo rilievo sono finite e quindi difficilmente potrò sperare in una ricompensa che ho meritato a pieno titolo ; lo saluto e ritorno dall'amico Passalacqua al quale racconto con una certa stizza i particolari del colloquio .
Per sbollire la rabbia accumulata, continuiamo a fare ancora due passi fino a circa le 18,30 , dopo di che ci separiamo a conclusione di questo 16 Dicembre 1936 .
Intanto tra gli Ufficiali e la truppa si è sparsa la voce della presenza d'un certo soldato Scannella che ripara gli orologi , per cui il mattino seguente, mentre sono all'opera nel riparare l'orologio del Generale, viene a trovarmi l'attendente di un Colonnello di Cavalleria con l'orologio guasto del suo comandante per averlo riparato; lo prendo in consegna e gli dico che può venire a ritirarlo tra due giorni .
Una volta riparato e controllato l'orologio del Generale , nel riportarglielo mi permetto di chiedergli se può assecondare il mio desiderio di stabilirmi, da civile, nella città di Gimma dove poter impiantare un negozio. Il Gen. Geloso mi dà subito il suo parere favorevole al quale tuttavia io faccio seguire l'osservazione che, finché resterò con l'attuale Compagnia, non potrò soddisfare questo mio desiderio in quanto essa non è diretta a Gimma ma, giunti a Sciasciamanna, il grosso delle truppe si dirigerà verso Dire Daua .
Egli allora col suo solito modo rassicurante nei miei riguardi (tanti soldati infatti da tempo pensano ch'io sia un suo nipote), mi promette che comunque mi ci condurrà egli stesso in persona; perciò soddisfatto e gongolante eseguo un saluto eccezionale , e torno al campo .
Trascorsi alcuni giorni , durante i quali non accade nulla di eccezionale, arriva inatteso il Viceré Graziani in visita proprio alle truppe stanziate a Uòndo , per cui il campo viene scosso da un certo fermento e da attività fuori del previsto .
Infatti, è in questa occasione che, anche a scopo di propaganda utile per ingraziarsi le popolazioni abissine, il Viceré fa da padrino di battesimo ad un bambino indigeno (vedi foto n° 36) .
Conclusa la visita di Graziani, la vita nel campo torna alla normalità, nel senso che , cessati ormai i combattimenti cruenti e diretti col nemico, l'unica attività che si svolge con una certa periodicità è costituita da operazioni interne al campo e qualche rastrellamento nei dintorni.
Foto n. 36
Negretto battezzato da Graziani
Durante uno di tali rastrellamenti, condotti personalmente dal Gen. Geloso, ci si imbatte in un villaggio distante circa 15 Km. dal campo, sul quale si è abbattuta la furia selvaggia di qualche popolazione bellicosa nemica, che, con raccapricciante senso di barbarie, ha trucidato tutta la popolazione infierendo in modo inumano specialmente su donne e ragazzi .
A quell'orrendo spettacolo, il comandante dà subito ordine di cercare eventuali persone ancora in vita e fare di tutto per salvarle. Così, brancolando tra un cadavere orrendamente mutilato ed un altro in condizioni non meno pietose , si scopre che qualcuno può essere salvato, per cui questi pochi feriti vengono caricati con lestezza sull'ambulanza e trasportati all' Ospedale del Campo .
Qui, per noi della Sanità addetti ai feriti l'arrivo di questi corpicini straziati ci impressiona subito in modo sensibile ; io, in particolare, non appena noto che molti di questi feriti con tutta probabilità non ce la faranno a superare l'ultimo momento, prendo subito una ciotola con dell'acqua ed incomincio ad amministrare il S. Battesimo.
La prima ad essere così battezzata è una bimba di soli tre mesi; a lei impongo il nome di Maria. Poi tocca ad un maschietto di 3 anni a cui metto il nome di Salvatore; continuo con un terzo bambino della stessa apparente età ed a lui dò il nome di Giovanni, probabilmente scegliendo tali nomi secondo la mia particolare devozione alla Madonna, Gesù e S. Giovanni .
Continuando con quest'opera pietosa, mi avvicino ad un quarto ragazzo dall'età presumibile di 7 anni, al quale i nemici del suo villaggio hanno asportato i genitali, e gli assegno il mio stesso nome: Giuseppe; questi, per quelle stranezze della vita di cui spesso parlo nelle presenti Memorie, è l'unico tra tutti quelli citati che si salverà.
Intanto il Dottore, vedendomi esercitare una simile attività, con un certo senso di stupore mi chiede con quale criterio io stia facendo una cosa che non mi compete affatto in quanto specifica dei Sacerdoti . Allora di rimando gli faccio notare che, come cattolico praticante, ho imparato dal Catechismo che in casi di emergenza qualunque persona può impartire il Sacramento del Battesimo, purché ci siano le intenzioni della Chiesa e l' acqua .
La precedente visita del Viceré Graziani, tra l'altro, è stata effettuata anche per sollevare lo spirito dei soldati che, lontanissimi dalle proprie famiglie, si apprestano a trascorrere l'ormai vicino natale in modo diverso dal solito. Perciò, onde dare una modesta nota di sollievo e di festa, tutti i singoli Comandi ricevono l'ordine di dare alla Truppa il doppio rancio e distribuire altri beni di conforto, assicurando altresì anche alle truppe di colore quanto si ritiene piacevole secondo i loro costumi ed usanze .
Inoltre si approfitta della circostanza del Natale per consegnare le ricompense al valor militare e si permette per questo particolare giorno di far festa e baldoria fino a tardi, riprendendo la solita vita africana immediatamente il giorno dopo (vedi foto n° 37 ) .
La vita nel Campo quindi riprende col solito ritmo e con le solite attività, le quali per me si riducono essenzialmente alla riparazione di orologi sia di ufficiali che della truppa . Tale normalità dura però fino a quel 18 Gennaio 1937, data in cui vengo chiamato al comando di Compagnia proprio mentre, a cavalcioni sulla branda, sto riparando uno dei tanti orologi .
Foto n. 37 – Natale 1936 a Uòndo
E' il solito amico Passalacqua che, verso le 9,30 del mattino, mi accompagna in fureria dove il Serg. Magg. Vitrano mi ordina di accompagnare l' attendente di un Ufficiale di Cavalleria lì in attesa del mio arrivo .
Nel percorrere i 500 metri circa che separano il nostro Ospedaletto da campo dal Comando Generale, il soldato mi riferisce testualmente dell' ordine che il Generale Geloso ha impartito prima di uscire per uno dei soliti rastrellamenti .
In pratica, l'ordine rilasciato al Maggiore Campisi (il nostro comandante di Sanità) in presenza dello stesso Aiutante Maggiore del generale è quello di " aggregare immediatamente il soldato di sanità Giuseppe Scannella al Quartier Generale, provvedendovi con qualsiasi mezzo, se necessario anche aereo !" .
Giunti al Comando, vi troviamo ambedue gli Ufficiali i quali si palleggiano l' incarico di conferire l'ordine ; tocca infine al mio diretto superiore riferirmi quanto io sapevo già in via ufficiosa: cioè riferire a mia volta al comando della mia Compagnia il già citato ordine di trasferimento al Quartier Generale .
Ringrazio, saluto e parto in quarta a tutta velocità, come mai mi è capitato di fare, al punto che forse i tacchi toccano il sedere; i 500 metri di distanza vengono perciò coperti in un baleno, e così riferisco l'ordine avuto al Tenente, Sergente e Furiere tutti e tre presenti in fureria .
Intanto, mentre loro preparano la documentazione relativa al trasferimento, io vado a prepararmi la roba da portar via, tornando subito dopo in fureria per ritirare tutti i documenti di passaggio. Successivamente mi avvio verso il Quartier Generale, dove mi presento al mio nuovo comandante, il Capitano Monacelli (sono le ore 11 esatte del 18/01/1937) .
Dopo il solito saluto, questi controlla attentamente la pratica, poi avvicinandosi verso l'esterno mi fa cenno di seguirlo; giunti al deposito delle tende per Ufficiali ordina all'addetto di consegnarmene una, dopo di che indica a me il posto dove impiantarla e mi ricorda di tornare da lui dopo aver completato il lavoro. E così, dopo la parentesi del rancio piazzo la tenda e metto tutto in ordine ; torno quindi dal Capitano che, controllato tutto, mi dà ulteriori suggerimenti ed infine mi saluta .
Alcuni minuti dopo viene a trovarmi l'amico Di Vita che si dimostra sorpreso per questo mio trasferimento ; perciò ritengo opportuno fargli una relazione dettagliata della vicenda , al termine della quale è lui che a sua volta si offre di dare a me informazioni sull' ultimo rastrellamento cui ha avuto la ventura di partecipare . E così con tono particolarmente teso mi dice:
“la notte scorsa rientrando dal fronte, abbiamo portato con noi tante cassette di munizioni sottratte al nemico, ma tra queste ci sono anche cassette piene di tàlleri (di Maria Teresa: 1 tàllero = £14 circa), una delle quali potremmo sotterrarla qui nella tua tenda per poi realizzare la nostra fortuna “ .
Ad una tale proposta rispondo subito con decisione che non se ne parli neppure perchè, essendo cassette sicuramente annotate come cassette di munizioni, mancandone anche una sola noi potremmo passare dei guai seri. La discussione quindi si fa animata e lunga e non ci accorgiamo che ormai è sopraggiunto il buio della sera ; pertanto ci auguriamo reciprocamente la buona notte e andiamo a dormire .
Dal giorno dopo inizia un periodo di "dolce far niente", per cui di punto in bianco mi viene la voglia di raccontare in versi (più o meno accettabili dal punto di vista grammaticale ) le ultime avventure africane ad iniziare dall' arrivo ad Agheremariàm .
Giunto quasi al termine di tale diario, un giorno vengo chiamato in fureria dal Capitano, il quale nell' anticiparmi la notizia che ben presto si partirà per Gimma, mi chiede se sono disposto a fare da attendente ad un Maggiore ed a un Capitano giunti al campo da poco i quali necessitano di qualcuno che possa aiutarli durante il viaggio .
Io naturalmente dichiaro subito la mia disponibilità e così mi preparo l' animo alla svolta sostanziale che prenderà da questo momento la mia avventura in Etiopia .
CAP . XII
G I M M A : CAPITALE DEL GALLA E SIDAMA
Dopo alcuni giorni, il 28 Gennaio 1937, si parte da Wòndo alla volta di Gimma ; ormai il mio lavoro è quello di attendente dei due Ufficiali, pur riconoscendo che la quasi totalità dei miei servizi è per lo più rivolta al Maggiore, un veneto di nome Castelli (vedi foto n°38 ) .
Foto n. 38 - Il Maggiore Castelli (col casco)
Ben presto familiarizzo a tal punto con il Maggiore che alcuni giorni dopo il nostro insediamento nella città di Gimma, durante la lettura del mio diario in versi di cui ho già parlato, quando arriverà al punto in cui si parla delle proposte di ricompensa al valor militare da cui sono stato escluso, innanzitutto si complimenterà per il lavoro ben fatto e poi mi solleciterà a parlar della cosa al Generale in persona .
La 1a tappa viene effettuata nei pressi di Moggio, villaggio vicino la linea ferroviaria Dire Daua - Addis Abeba, a circa una cinquantina di chilometri dalla capitale (vedi cartina geografica al Cap. VI).
La 2a tappa alle porte di Addis Abeba; a circa 160 Km. da essa si fa la 3a tappa, in una località chiamata Uolchittè (1.900 metri di altitudine), e l'ultima tappa in prossimità di Gimma su una radura alla destra del Bòttego .
Come è stato detto ripetutamente non bisogna dimenticare che l'ambiente topografico della zona attraversata in questo viaggio è una delle più impervie dell'Impero, e le maestranze lavorative italiane stanno facendo miracoli per dare a tutta l'Africa italiana delle vie di comunicazioni agevoli, sicure e, finché possibile, anche veloci .
Non a caso infatti l'Imperatore Hailè Selassiè, in esilio a Londra, intervistato da vari giornalisti sulle sorti della sua Terra in mano agl'Italiani, è solito rispondere con serenità: “sono tranquillo, perchè ho i muratori in casa” .
La strada che da Addis Abeba porta a Gimma è infatti in via di costruzione e per molti chilometri già completata: questo tratto infatti è una meravigliosa camionabile, e rappresenta un'arteria di grande traffico, perchè è la grande via del Sud Ovest etiopico , che collega la Capitale alle ricche regioni del Gimma, del Caffa, del Ghimirra ed al Lago Rodolfo (vedi cartina) .
Territorio di Gimma
I 353 Km. di strada esistente tra le due città, attraversano un territorio vario , costituito per lo più da terra nera molto fertile, in quanto viene impaludata dalle acque dei numerosi fiumi spesso ingrossati dalle piogge. Lo stesso stemma della Regione del Galla e Sidàma, mette in rilievo questi due elementi fondamentali: la terra resa fertile dal limo trasportato dalle acque dei numerosi fiumi he l'attraversano. Di questi corsi d’acqua, comunque, tre sono molto importanti non solo a livello locale ma anche regionale: il Nilo Azzurro, l'Omo Bòttego ed il Ghibiè di Gimma.
Il paesaggio circostante è stupendo: a dorsali erbose punteggiate da gruppi di capanne all'ombra di alti eucalipti, fanno riscontro ampi pascoli e coltivazioni varie, intercalati ogni tanto da ampi circhi di colline alberate con bei panorami delle valli sottostanti .
Ciò non esclude però la presenza dei soliti elementi topografici tipici di un territorio geologicamente tormentato; infatti sia l' Omo Bòttego che il Ghibiè di Gimma in vari punti danno luogo a impressionanti gole e forre che richiamano alla mente quelle attraversate nei mesi precedenti . Anche la fauna come al solito abbonda di varie specie tipiche , in modo particolare di uccelli di tutti i generi ( vedi foto n° 39) .
Foto n. 39 - Uccelli rapaci
Queste valli, comunque, sono senza dubbio tra le più interessanti del mondo non solo dal punto di vista geotettonico - cioè degli sconvolgimenti della superficie terrestre, ma specialmente da quello paleoantropologico, in quanto con i loro numerosissimi depositi alluvionali forniscono di continuo notevolissimi apporti agli studi sulla determinazione dell'origine dell' Uomo .
Esse infatti sono nel bel mezzo della famosa " great rift valley" , che va sempre più sprofondandosi ed allargandosi al ritmo di 1 mm. all'anno a causa degli impressionanti fenomeni tettonici cui è interessato tutto il versante orientale del continente africano . E' proprio in queste accidentate valli che gli Antropologi sostengono siano vissuti tra i 4 milioni ed 1 milione di anni fa i nostri progenitori Omìnidi: l' Australopitecus; l'Homo Abilis; l'Homo Erectus .
Dei fiumi di questo percorso il più imponente ed importante è certamente l'Omo Bòttego chiamato anche il Grande Ghibbiè, che sbocca nel lago Rodolfo dopo circa 800 Km. (200 Km. più lungo del nostro Po). Imponenti sono anche le opere stradali che i nostri tecnici stanno realizzando ed i ponti in cemento armato di cui qualcuno supera anche il chilometro (vedi foto n° 40) .
Foto n. 40 - Ponte di emergenza sul fiume Bòttego
Il 2 Febbraio 1937 arriviamo a Gimma; ci accampiamo nella zona alta al di là della palazzina imperiale , dimora dell' Imperatore Hailè Selassiè durante le sue venute in questa città (vedi foto n°41).
Foto n. 41 - Il palazzo reale del Negus Hailé Selassié a Gimma
Abituati ormai da tempo a piazzare l'accampamento in poco tempo, facciamo presto ad impiantare le tende e tutte le altre strutture, comprese quelle relative al Quartier Generale .
Vengono altresì realizzati i vari Uffici , compreso anche quello per il rilascio delle autorizzazioni alle residenze sul territorio occupato: l'Ufficio della Residenza.
Perciò, deciso a stabilirmi in questa città ed impiantarvi un negozio, mi reco subito presso tale ufficio, diretto dal Maggiore Braccato di Catania e gli presento la richiesta di un posto dove poter costruire ; egli allora mi fissa un appuntamento per qualche mese dopo.
Nel frattempo scaccio la noia col tentativo d' imparare a scrivere a macchina visto che nella grande tenda dove siamo accampati ci sono gli addetti alla pubblica amministrazione di tutto il Governo del Galla e Sidama ; inoltre altro tempo viene dedicato ai soliti lavori necessari per la vita di un accampamento militare, ed infine trovo anche interessante fare qualche giretto per la città che è tutta da scoprire non tanto dal punto di vista topografico e toponomastico, quanto specialmente da quello dell'insediamento umano, con particolare riguardo alle lingue, agli usi ed ai costumi della gente locale .
Infatti, anche le popolazioni locali sono diverse da quelle vicine ; questa in pratica è la Regione degli Iammà, detti Giangerò o Zengerò: gente Sidama settentrionale, ben fatti nella persona,, bassi di statura, di colorito bronzeo, con capelli crespi, labbra carnose , occhi grandi a mandorla .
Il loro Re incarnava la divinità e la sua proclamazione veniva celebrata con sacrifici umani ; il sole e la luna erano chiamati rispettivamente Padre e Madre. Da quando però il Cristianesimo, ad opera della religione Copta , si è diffusa nel Paese la maggior parte di tali credenze è stata abbandonata.
GIMMA, in particolare, è una città destinata a cambiare completamente volto ad opera di noi Italiani che l'abbiamo conquistata per farne non un Paese "schiavo", ma nella libertà dei sudditi la capitale di una grande Regione progredita, civile e ricca di attività agricole, commerciali ed industriali .
La Regione del Gimma, infatti, con un' estensione di ben 25.000 Kmq. ,pari a quella della Sicilia, è una delle tante Regioni di cui è costituito il grande territorio del Galla e Sidama , esteso a sua volta ben 353.000 Kmq., più grande quindi della stessa Italia, ma con una popolazione di appena 1.600.000 abitanti. Questa regione dunque finora costituita a Staterello indipendente con un suo Ras, è considerata una delle più belle e ricche dell'Africa Orientale, compresa in un triangolo geograficamente interessante e suggestivo, il cui governo è uno dei più promettenti dell' intera A.O.I. sia nel campo agricolo che minerario .
E' altresì un Paese d' altipiano, solcato da ampie e poco profonde valli, abbastanza popolato e coltivato a granturco, legumi, cotone, caffè, ecc.., guidata ultimamente da un Governatore nominato dall'Imperatore in sostituzione dei Ras locali ormai malati o incapaci a governare .
Ad un Paganesimo ormai in via di estinzione si è sostituito un Musulmanesimo imbastito di credenze pagane al punto tale che la Vergine dei Cristiani viene spesso invocata dai Galla musulmani di Gimma come Dea della Fecondità Atetè.
La moneta finora usata è il tàllero e il commercio tra le popolazioni indigene si svolge sostanzialmente nei Mercati che assolvono alle funzioni dei vari negozi .
Perciò in una realtà del genere il Governo italiano intende portare un' ondata di trasformazione positiva, nel senso di rinnovare ed ammodernare quanto di meglio esiste in loco apportando tutta l'esperienza di una Nazione evoluta come l'Italia, incominciando proprio dalla capitale della regione .
Tra l'altro, Gimma è una delle poche città etiopiche che conosce da secoli arti sconosciute al resto del Paese, come quella del fornaciaio, insegnata proprio dai Missionari italiani; molti tucùl infatti hanno il tetto a tegole .
La piantina particolareggiata della pagina seguente mette in rilievo le future dimensioni della città, in base al nuovo piano regolatore che vede nella zona Sud-Ovest le residenze e le sedi degli alti comandi nonché dell' Aeroporto; nella zona Nord-Est, invece, gli Uffici Pubblici, i Mercati e le nuove residenze dei civili italiani .
La città, sita a 1.750 metri s.l.m. in una stupenda Conca Verde , attorniata da una corona di monti boscosi, conta intorno ai 15.000 abitanti, di cui 5.000 bianchi. E' costituita da tre nuclei differenti: Gimma ( Hirmata per gli anziani locali), sede dei principali uffici governativi e delle attività commerciali; Còci, ovvero il piccolo mercato ; Gìren, sede del Sultano.
Il Piano Regolatore della "Nuova Gimma viene progettato proprio col nostro arrivo dal celebre Architetto Bosio, il quale prevede pressoché inalterata l'attuale conurbazione riservata agli indigeni, mentre la città nuova dovrebbe sorgere sulle pendici della collina di Giren a monte della strada per Addis Abeba .
Una tale realizzazione prevede l'insediamento di almeno 12.000 bianchi ed un ulteriore richiamo per popolazioni negre. Esso inoltre prevede la collocazione delle attività commerciali e miste intorno all'attuale Piazza del Mercato, mentre la Zona Industriale ed Agricola dovrebbe svilupparsi a sud della zona residenziale, nella Valle del Còci, e tutt'attorno le abitazioni degli operai .
Sul pendìo della collina, a Sud-Ovest, sarà ubicata la Zona dei Servizi e poco sopra la Nuova Zona Commerciale con attorno un ambiente abitativo semintensivo.
A Sud-Est, sorgerà il Quartiere del Governo e degli Affari, costituito da vie disposte ad archi concentrici, di cui quella centrale sarà un ampio viale di attraversamento, fiancheggiato da edifici simili tra loro con porticati e loggiati.
Sarà inoltre costruita la nuova Cattedrale su uno sperone a quota 2.060 m.s.m., mentre la disposizione e la tipologia dei fabbricati renderà quasi del tutto superfluo il realizzo di veri e propri parchi pubblici; infatti ogni fabbricato nuovo verrà realizzato con fronti interni affacciati su spazi tenuti a verde e prospiciente la via , con ampi giardini a corredo delle abitazioni.
D'altronde è il particolare clima che conferisce tali caratteristiche ad un paesaggio che per la vicinanza all' equatore dovrebbe essere quasi impossibile; invece l'altitudine, la conformazione del suolo, i numerosi corsi d'acqua, l' intensa ed elevata umidità atmosferica, una piovosità pressoché costante, una temperatura non elevata, contribuiscono a creare nel complesso un ambiente certamente da preferire a tanti altri di questo caldissimo continente .
Le temperature, infatti, non superano mai i 30° e non scendono al di sotto dei 5°, anche se tra il giorno e la notte c'è sempre una differenza media di ben 20° ; le piogge sono abbondanti e quasi giornaliere, s'intensificano solitamente nel periodo che va da Giugno a Settembre e diminuiscono nei mesi invernali creando un' umidità molto elevata che si mantiene quasi costantemente vicino all' 80% e non scende mai al di sotto del 48% .
Perciò non c'è da meravigliarsi di una vegetazione così lussureggiante, ricca e spontanea, con sviluppo di grandi alberi fronzuti come gli enormi Sicomori, le Acacie, gli Eucalipti , le Euforbie, e ancora siepi perennemente fiorite, rose rosse e bianche, felci innestate sui tronchi, ortaggi giganti , ecc..
Ecco quindi cos'è Gimma: una "Città Giardino" destinata a diventare un meraviglioso lembo d'Italia in un Continente apparentemente inospitale ed indomito. La città ogni giorno acquista un volto nuovo per il sorgere continuo di strutture pubbliche e private d' ogni genere; spiccano su tutte: la Posta ed il Telegrafo; la Milizia Forestale; il Tribunale Civile; l'Ufficio Stampa; l'Ufficio Opere Pubbliche; l'Ufficio del Lavoro; l' Ambulatorio; l'Istituto di Previdenza Sociale; il Vicariato Apostolico con la Missione della Consolata; le Scuole per nazionali, per gl'indigeni e per gli studi islamici; l'Ospedale Civile; la Banca d'Italia ed il Banco di Roma; i Cinema O.N.D. ed il Foltzer; gli Alberghi C.I.A.A.O. e Favati; i Ristoranti: Imperiale, Impero, Divisione Laghi, Gloria, Belvedere, Tre Moschettieri, Tre Venezie .
E' quindi naturale che in un tal contesto, in questo dilagante e frenetico nascere di attività e strutture, io insista nel voler fissare la mia residenza civile in questa Città col desiderio altrettanto naturale di impiantarvi anche un' attività commerciale, dato che il lungo esercizio di orologiaio durante questa campagna militare mi ha reso abbastanza esperto e noto a molti .
Infatti la truppa, i sottufficiali e gli Ufficiali ormai da tempo si rivolgono a me con sempre maggiore frequenza per aver riparati i loro orologi guasti e nonostante io non chieda espressamente una ben definita cifra ne ricevo quasi sempre più di quanto me ne aspetti .
Anzi a tal proposito, proprio in una di queste occasioni in cui come al solito il Generale mi fa chiamare per darmi a riparare uno dei suoi orologi, io ne approfitto per parlargli della proposta di ricompensa al valor militare che mi è stata negata; l'alto ufficiale, dopo aver sentito le mie ragioni e dopo avermi costretto ad accettare ben 50 lire per il lavoro di riparazione, mi ordina di riferire al mio Tenente che tali proposte si accettano in qualsiasi momento ed a qualsiasi titolo, per cui io contentissimo vado a riferire .
Prima quindi che la cosa sfumi ancora una volta, seguo attentamente tutti gli sviluppi della proposta che mi viene subito redatta dal mio diretto superiore, e dopo averla fatta visionare dal Magg. Castelli, la porto io stesso al comando generale per la firma definitiva e l'inoltro .
Intanto trascorsi due mesi circa dal giorno in cui ho fatto richiesta di autorizzazione a costruire al Magg. Braccato, un giorno vengo convocato presso gli uffici della Residenza di Gimma per l'assegnazione del luogo dove poter costruire .
Una guardia mi guida sul posto, ubicato lungo il Corso, scendendo sul lato sinistro a circa 200 metri dalla Residenza ed a 100 metri circa dal fiume; l' incaricato mi indica uno spazio attorniato da una quindicina di strutture in lamiera ondulata che fungono da abitazioni per negri .
La mia prima immediata reazione è di rifiuto , ma vengo subito tranquillizzato dall' assicurazione che di lì a poco gl'indigeni devono traslocare altrove .
Rasserenato, torniamo alla Residenza dove, in seguito al mio consenso, mi viene data l'autorizzazione tanto desiderata. Tornato però nel mio accampamento il Capitano mi chiede a sua volta un'ulteriore autorizzazione di grado superiore per potermi lasciare libero dalle attività militari.
Perciò mi reco immediatamente dal Cap. Monacelli per riuscire ad ottenere dal Generale Geloso quanto serve. Egli allora mi accompagna di persona e mi presenta all' alto Ufficiale che col solito tono benevolo nei miei riguardi, mi firma un permesso speciale di poter essere libero da qualsiasi attività militare pur continuando a godere comunque gratuitamente del vitto e dell'alloggio presso la mia Compagnia .
Una volta ottenute tutte le autorizzazioni necessarie, cerco sul posto delle persone adatte alla costruzione della casa e diamo subito inizio alle opere ; così, mentre do incarico a degli Indiani di preparare le porte e le finestre , nell' arco di un mesetto circa vengono completati i muri ed il tetto .
Nella breve attesa che i muri asciughino e gl'infissi siano tutti pronti, un pomeriggio verso le 16 , nella casa accanto alla mia succede un qualcosa che manda letteralmente in fumo tutto quanto. In particolare, l’indigena che abita assieme alla sua bimba nella casa confinante con la mia per poter sbarcare il lunario, tra le tante cose, ha racimolato alle truppe italiane una tanica di 18 litri di benzina al fine di poterne ricavare qualcosa dalla vendita .
Un Indiano forse vuole scroccargliela a prezzo stracciato con la minaccia di denunciarla alle autorità italiane; lei rifiuta, ne nasce un concitato battibecco ed un trambusto che causa lo spargimento del combustibile sul pavimento .
Per fortuna la donna con la figlioletta escono dalla casa giusto in tempo per non essere avvolti dalle fiamme che si sprigionano in un baleno nell' attimo in cui la benzina raggiunge il fuoco acceso al centro dell' abitacolo . Le fiamme avvolgono tutto, coinvolgendo anche la mia costruzione e sprigionando un nerissimo e denso pennacchio di fumo visibile a distanza .
Infatti dal Campo stesso dove mi trovo per mangiare, vedo questa enorme colonna di fumo provenire dalla zona dov' è ubicata la mia casa; immaginando qualcosa di grave mi precipito fuori e copro i circa 500-600 metri di distanza in un soffio .
Il presentimento trova conferma in questa specie di " primus" che avvolge nelle sue fiamme quanto avevo già realizzato con tanta fatica e denaro .
Mentre sto osservando la tragica scena con stupore e sbigottimento, mi si avvicina un Brigadiere dei Carabinieri che, intuita la mia angoscia di proprietario, prende nota di quanto è accaduto e mi suggerisce di presentare regolare denuncia alla Residenza di Gimma .
L' indomani triste e amareggiato mi presento all'Ufficio del Magg. Braccato per questo problema , che aspettandomi mi dice:
“Caro Scannella, fatti coraggio! Su quanto è accaduto non possiamo farci nulla, anche perchè non c' è nessun tipo di assicurazione. Tuttavia però vogliamo venirti incontro assegnandoti un altro lotto di terreno, in posizione più esposta e migliore della precedente.
Ecco, ti assegniamo l' angolo sulla piazza, vicino al Bar Sprido il Greco, dove potrai costruire una casa più bella e spaziosa; infatti con un' area di ben 13 x 13 metri avrai modo anche di realizzare un bel negozio.
Speriamo che ne rimanga contento. “
Dopo aver ringraziato lo saluto e, uscito mi metto subito all'opera per avere la nuova pianta; questa viene ben presto realizzata per interessamento mio e dello stesso Ufficio della Residenza .
Continua – 7
Le precedenti puntate sono state pubblicate nei numeri di: Gennaio-Febbraio, Aprile, Maggio-Giugno, Luglio, Agosto-Settembre, Nov.-Dic. 2006;
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