Semi di senape
Pregare per i defunti


Quando nel mese di novembre si fa più intensa la preghiera per i cari defunti e si applica l’Ottavario dei defunti, la Chiesa cattolica trasmette e conferma una tradizione antica; sin dalle origini il culto dei morti è legato ai martiri e presso le loro tombe era consuetudine celebrare l’Eucaristia. Bisogna dire anche che già nella Bibbia esisteva non solo il culto dei defunti, ma pure l’uso di celebrare sacrifici d’espiazione per coloro che erano morti in grave colpa. Una vicenda del 2° libro dei Maccabei attesta che Giuda Maccabeo fece offrire un sacrificio espiatorio per i morti (Cf. 2 Mac 12, 38-42). Questi avevano combattuto indossando degli idoli e perciò la loro rovina fu ritenuta una conseguenza del peccato di idolatria.
L’offerta di suffragi per i defunti, in particolare per mezzo
del sacrificio eucaristico, è dunque un gesto che onora la memoria dei defunti. Ma anche le elemosine, le preghiere personali e qualche penitenza concorrono a suffragare per i defunti. Senza un vivo senso della memoria e dell’onore familiare e sociale, perde di importanza la prassi ecclesiale dell’Ottavario dei defunti. A maggior ragione la nostra fede si incrementa quando avvertiamo e incrementiamo un legame non solo con quelli che, conosciuti in vita, sono in via di purificazione (nel Purgatorio, per intenderci), ma in specie con quelli che hanno lasciato a noi un luminoso esempio di vita cristiana. San Giovanni Crisostomo in un’omelia spiegava così: «Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, perché dovremmo dubitare che
le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? Non esistiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere» (Homiliae in primam ad Corinthios, 41,5). Il sacrificio di liberazione comincia già in questa vita nella misura che come Giobbe sappiamo offrire le sofferenze a vantaggio del prossimo; fosse pure in espiazione dei peccatori e dei nemici della Chiesa! Senza questa disposizione ad unirsi al sacrificio di Cristo si separa il suffragio della messa dalla carità con i vivi e i defunti.
Certamente viene da nostro Signore la testimonianza più alta dell’offerta di sé. San Giovanni nel suo Vangelo, al cap. 17, riporta una accorata preghiera di intercessione. Possiamo dire che di tutti gli intercessori della storia biblica (come Abramo, Mosé etc.) ea fronte di tutte le formule di mediazione, Gesù divino Mediatore porta a compimento ogni modello di intercessione perché solo in Lui si realizza la volontà del Padre che tutti gli uomini siano salvi. Gesù sacerdote prega per sé e per gli apostoli, per il mondo avversario e per il Padre che dispone tutto, per l’unità di tutti con il Padre e se stesso Figlio Unigenito… prega perché si conservi la carità dello Spirito Santo nelle vicende di tutti gli uomini. L’apice del cap 17 mi sembra il seguente versetto: «per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità» (Gv 17,19). Come a dire: «per tutti i tuoi figli, o Padre, io che sono il Figlio tuo Unigenito mi voto in loro favore, affinché la tua rivelazione chiami e confermi tutti ad essere tuoi figli, secondo verità». Ci consacra e santifica allora l’offerta di Cristo al Padre, perché ci dona lo Spirito di sua verità e santità. La sua eucaristia pasquale ci trasporta già verso la patria eterna: «Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria» ( Gv 17,24a).
Quando il sacerdote dopo la consacrazione richiama alla memoria i fedeli defunti invoca per loro, in forza dell’agire del Cristo sacerdote santo e offerta pura, piena purificazione e gioia eterna. La dottrina della purificazione e del Purgatorio è stata formulata nel Concilio di Firenze (XV sec.). È questo il periodo in cui visse Caterina da Genova, mistica e apostola della carità sociale. (La purificazione degli eletti è un tema esposto con un linguaggio semplice e profondo dalla santa genovese nel suo breve trattato sul Purgatorio). In seguito il Concilio di Trento (XVI sec.) non fece che confermare la dottrina del Purgatorio. Mentre nella Riforma protestante la dottrina del Purgatorio fu duramente respinta, nella Chiesa anglicana si ammise dopo la morte un periodo di educazione e prova dell’anima.
Ancora oggi si mantiene nella Chiesa il concetto e la pratica di suffragare per i defunti; anzi, mentre siamo in vita, applichiamo per noi la formula di Giobbe (Gb 17,1.3): «il mio spirito viene meno, i miei giorni si spengono, non c’è per me che la tomba» e di fronte al Giudizio di Dio invocare Dio come nostro difensore e consolatore: «sii tu la mia garanzia presso di te!».


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