Il saluto di don Biagio Biancheri alla comunità di Sutera


Parrocchia Sant’Agata - Sutera, 2 settembre 2007.
Per questo saluto desidero rifarmi ai discorsi di commiato che ricorrono nella sacra scrittura, che, come di continuo ci esorta il nostro Vescovo, deve essere assunta sempre più anche a metodo ordinario e criterio di discernimento pastorale.
In particolare mi ispiro al discorso di Paolo a Mileto (At 20, 17-35), declinandolo nel contesto presente.
Come l’apostolo Paolo, desidero parlarvi perché ho delle consegne da fare. Anch’io, un po’ come Paolo, sento che «avvinto dallo Spirito, vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà» (At 20, 22).
Desidero però che questo congedo sia carico della fede di tutti noi, che porti i segni di una comune fatica e insieme di una incrollabile fiducia in Colui che dirige i nostri passi e in Colei, Maria nostra Madre, a cui guardiamo come stella del mattino e luce del nostro cammino. E desidero pertanto fare davanti a voi una triplice confessione: di lode, di vita e di fede.
All’inizio del mio ministero in mezzo a voi ho detto: “Sono qui con voi e per voi”; oggi aggiungo:”Sono qui per ringraziare il Signore con voi e per voi”.
Molte sono le ragioni per rendere lode e grazie a Dio:
Ti rendo grazie, o Signore, anzitutto per il cammino di comunione e di fraternità percorso insieme in questi undici anni. Mi pare di poter dire come l’apostolo Paolo: “Ti servo, Signore, con tutta umiltà, non mi sottraggo a ciò che può essere utile al fine di predicare e di istruire in pubblico e nelle case, non mi sottraggo al compito di annunziare tutta la volontà di Dio”. E questo anche tra le lacrime e le prove, soffrendo quando l’Amore non è amato e la bontà del Padre che è nei cieli viene trascurata o rifiutata.
E ancora, con il tuo apostolo: “Non ho desiderato né oro né argento né veste di nessuno”. Non mi sono risparmiato nella fatica né nell’orario e ho cercato di non dire mai “quest’anima non tocca a me, ho già dato abbastanza del mio tempo, ci pensi un altro”.
Ti rendo grazie perché le mie ripetute insistenze di tutti questi anni a conoscere, a meditare, a pregare la Parola di Dio e a celebrare, amare e adorare l’Eucaristia stanno lasciando traccia nel cuore di molti.
Ti lodo per le famiglie e i giovani, per gli operatori pastorali, i messaggeri, i ministranti, il Consiglio Pastorale, i catechisti, i ministri ausiliari della Comunione e i membri di tutti i gruppi ecclesiali (l’ Azione Cattolica, l’ACR, l’Apostolato della preghiera, la Comunità “Servi di Cristo Vivo”, il gruppo di preghiera “San Pio da Pietralcina”, la Caritas, il Coro parrocchiale, la Confraternita del SS. Sacramento sotto il titolo dello Spirito Santo, la Confraternita di Maria SS.ma degli Agonizzanti, l’Ass.ne sportiva SOTER del C.S.I., l’Oratorio Giovanni Paolo II, la Pastorale delle famiglie, le Lampade Viventi, il gruppo liturgico e infine, ma non ultimo, il gruppo degli animatori del Santuario diocesano di S. Paolino), per il loro spirito di comunione e l’entusiasmo; ti lodo per gli ammalati, per la loro dignità, lo spirito di fede, la sopportazione umile della sofferenza; ti ringrazio per mia madre che ha condiviso la mia missione sacerdotale sostenendomi con la sua fede semplice e la preghiera incessante, accudendomi in tutto e facendosi accoglienza visibile e amorevole verso tutti; ti ringrazio per il mio confratello padre Giuseppe Carruba, con il quale ho vissuto questi anni di comunione; e ti ringrazio per la collaborazione sincera che si è instaurata nell’amministrazione della cosa pubblica con il Sindaco cav. Gero Difrancesco, amico fidato, e con tutti i suoi collaboratori, nella ricerca del bene comune.
La seconda confessione riguarda la vita:
Avverto che la mia vita è ormai legata alla vita di tanti altri, fino a diventare pane spezzato e vino versato per molti, in una comunione piena, insostenibile senza la grazia di Dio.
Dovremmo guardarci dal rischio di arrenderci di fronte agli ostacoli del cammino di comunione che abbiamo intrapreso. La comunione non è mai un esito facile, un traguardo scontato, e mi rammarico e chiedo perdono se, in talune circostanze, essa non è stata pienamente raggiunta. Vorrei dire a voi e a me stesso: “In situazioni simili, non irrigidiamo le posizioni, non diamo sfogo ai malumori e nemmeno gettiamo la spugna. Le difficoltà non hanno mai radici più profonde di quelle della comunione.
Infine, come Paolo, confessiamo la nostra fede:
Paolo nel suo discorso esprime la sua fiducia nella grazia di Dio per il futuro, per sé e per la comunità. Per se stesso esprime la decisione di compiere la sua missione fino in fondo, dando volto a quell’anelito apostolico che gli faceva dire con gioia d’essersi prodigato in ogni modo per rendere possibile «a Giudei e Greci di convertirsi a Dio e di credere nel Signore Gesù» (At 20, 21) . «Non ritengo tuttavia la mia vita», aggiunge l’apostolo, «meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio» (At 20, 24). E la stessa esigenza la sente per la comunità, che affida «al Signore e alla Parola della sua grazia, che ha il potere di edificare e di concedere l’eredità con tutti i santificati» (At 20, 32).
Poi Paolo si inginocchia con tutti in preghiera. Lo sguardo dell’apostolo è proiettato in avanti e l’esortazione diventa orazione, diviene viatico di fede per il cammino che i discepoli hanno da percorrere.
E’ un clima che sentiamo vicinissimo alla nostra situazione di questa sera. Anche per me diviene spontaneo, a questo punto, dare voce ad alcune ultime parole e atteggiamenti che mi sembrano importanti per dare seguito al mio e al vostro cammino.
Se mi fosse stato possibile, mi sarebbe piaciuto ancora una volta venire in ciascuna delle vostre case, o cenacoli della Parola, nelle sette zone pastorali, per incoraggiarvi, per «affidarvi la Parola» e «affidarvi alla Parola» (At 20, 32), perché la Parola continui a illuminarci, a sostenerci, a salvarci e a riscaldare il cuore.
Permettetemi una frase che ritengo importante. E’ l’ultima di Paolo nel suo discorso, una frase che non c’è nei Vangeli ma esprime pienamente lo spirito di Gesù: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere» (At , 35). Vorrei tradurla anche in un altro modo, che mi ha sempre accompagnato nel mio cammino: “C’è più gioia nel sacrificio!”. Come diceva Padre Emiliano Tardif, “Chi molto ama fa grandi sacrifici per l’Amato”. Quanto ci siamo detti e quanto abbiamo vissuto insieme in questi undici anni è molto. Lo avverto come un dono di grazia. Sono contento di tutti voi. Ho ricevuto tanto dalla vostra fede, dal vostro zelo generoso e intraprendente, dalla vostra passione per la Chiesa. Benedico il Signore per il lungo tempo di comunione che per questi anni ha arricchito voi e me. I legami tra noi sono andati crescendo, hanno radici solide; dureranno ancora, sia pure nella modalità della “distanza”.
Anche Paolo, allontanandosi dalle persone della sua comunità, volti cari e familiari, non nasconde la sofferenza per tale distacco. Provo anch’io gli stessi sentimenti; ma con lui condivido la fiducia che il Signore accompagna il vostro e il mio cammino. Le parole di Paolo divengono così sorgente di preghiera che faccio per tutti voi ora, nella chiesa parrocchiale di Sant’Agata, nel luogo cioè che ha visto celebrare le tappe salienti della nostra dedicazione al Signore e del mio servizio pastorale tra voi; la affido a Gesù, «pastore e guardiano delle nostre anime» (1 Pt 2, 25). “Signore, che ci raduni in questo luogo tutti insieme forse per l’ultima volta, donami di lasciarmi condurre da Te, di lasciarmi “fare” da Te; e dà a ciascuno di noi un po’ di quel coraggio, di quella determinazione, di quello slancio con cui Paolo è partito per andare là dove lo Spirito lo chiamava.
Fa’ che partecipiamo a quell’affetto, a quella riconoscenza, a quella comunione che ha unito gli oranti presso il mare sulla spiaggia di Mileto.
Fa’ che nessuno di noi abbia paura della navigazione che lo attende, delle tempeste che ci possono sorprendere, delle insidie e delle fatiche che possono fiaccare il nostro entusiasmo.
E fa’ che tutti ci diamo appuntamento verso quel porto di pace al quale tutti tendiamo, la Gerusalemme del Cielo, meta ultima del nostro cammino”. Amen.

Il vostro Parroco
Don Biagio Biancheri
(vedere anche La Voce di Campofranco del numero precedente)


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