Semi di senape
Eucaristia e memoria
Con le Quarantore esprimiamo in una parrocchia la pietà e il culto per l’Eucaristia. La comunità ecclesiale manifesta onori speciali ogni volta che prepara un altare per l’adorazione e prolunga il ringraziamento per il divin Sacrificio.
Bisogna precisare subito che le Quarantore non prolungano lo stesso memoriale della Pasqua, né ripresentano il divin Sacramento; si prolunga solo l’atteggiamento personale e comunitario di adorazione e preghiera per l’Eucaristia.
Il processo di ricordare è incluso da Dio nel mistero della Rivelazione; in quanto Dio si ricorda dell’uomo, allora l’uomo può ricordarsi delle opere che Dio ha suscitato in favore degli uomini. Nell’Antico Testamento è più evidente: ricordare è opera di Dio. Ricordare si dice in ebraico zakar e memoriale si dice zikkaron. Nel libro del Deuteronomio è tracciata finanche una teologia del ricordo; tanto è pregnante il termine zikkaron che può finanche sostituire il Nome di Dio!
Nel libro dell’Esodo al cap. 12 vi sono le prescrizioni e i significati del memoriale di Pasqua; è un rito perenne per gli Ebrei, un memoriale che sarà celebrato come festa del Signore. Quante volte Dio si ricorda della sua Alleanza, sebbene gli uomini se ne siano dimenticati e l’abbiano trasgredita!
Anche il rito pasquale che Gesù ha celebrato nell’Ultima cena, introducendovi l’Eucaristia, è un memoriale; ricordando l’opera del Cristo, vero Agnello senza macchia immolato sulla croce, la Chiesa invoca il suo Nome e pone in essere il suo Sacrificio; anzi può esprimere l’«Eucaristia» (che in senso etimologico significa «ringraziamento») in forza della Presenza divina del Cristo. Perciò nel rituale della Messa per i fanciulli si legge che la Chiesa celebra una «memoria viva».
Per capire come sia intrinseco il rapporto fra memoria e rito, mi sembra buono portare l’esperienza mistica di Israel (Eugenio) Zolli. Nella sua autobiografia Before the dawn (apparsa la prima volta nel ’54, negli Stati Uniti) racconta di aver avuto una percezione certa e chiara della presenza di Gesù Cristo, durante gli anni della seconda guerra mondiale.
Bisogna aggiungere che lui, ebreo rabbino capo della Comunità di Roma, aveva già studiato la figura di Gesù. In quegli anni di persecuzione antisemita maturò proprio la sua conversione al cristianesimo. Zolli si fece battezzare a Roma il 13 febbraio 1945; non rinnegò mai le sue radici ebraiche e nei suoi studi sul memoriale della Pasqua evidenziò la continuità fra l’antica Alleanza e la nuova ed eterna Alleanza.
Le Memorie di Zolli costituiscono un racconto della sua personale esperienza del Cristo Risorto; comprendono pure commenti biblici in forma di preghiera e rendono conto di un itinerario intellettuale e morale.
Fare memoria (zakar) significa pure invocare Dio; zakar significa invocare la divina Presenza. Filone (vissuto nel I sec d.C.) filosofo giudaico di lingua greca vissuto ad Alessandria d’Egitto, scriveva già che la fede nell’avvenire ha origine da quanto s’è verificato nel passato (De vita Moysis II, 228).
L’apostolo Paolo, fariseo di formazione, ci ha trasmesso il più antico testo scritto sull’Eucaristia (1Cor 11, 23-26). Dice «fate questo» (il rito), al fine di ricordare. Insomma, se c’è il rito, avviene il memoriale.
In tal modo si rende presente il Signore che ha voluto predisporre la nuova Alleanza nel suo corpo e nel suo sangue; compiendo tale memoriale (eis anámnesin, scrive l’apostolo Paolo, in parallelo a Es 12,14 le-zikkarôn) i fedeli annunciano la sua venuta.
Tale concetto dell’eucaristia è recepito, o almeno trasmesso, nella coscienza dei primi apostoli e dei loro immediati successori; che il rito abbia un valore finalistico è più evidente nell’opera Dialogo con Trifone (41,1 e 70,4) di Giustino, martire del II sec. d.C.. In fondo scopo e modo del rito non è semplicemente la memoria, ma la presenza di Dio in mezzo al suo popolo (cf. Dt 5,3); fra i riti di comunione, il sacerdote cattolico si rivolge a Dio, dicendo «nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il tuo Regno». È una “memoria dinamica” affinché si espanda e sviluppi il mistero di Dio.
Non resta che apprendere questa visione evangelica; il fedele che partecipa alle Quarantore si addentra nel mistero per mezzo dell’orazione e trascorrendo un’ora alla presenza di Dio (come i tre apostoli a cui Gesù nell’orto degli ulivi chiede di vegliare e pregare ) si lascia attirare dalla lode di Dio.
Don Salvatore Falzone
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