Alla scoperta del passato
Il poeta siculo-arabo di Bellanova
Nel territorio di Montedoro si possono ammirare tante tombe sicane (monte Ottavio, Palummaru- Montagna, Fra Decu, Funtana ranni), e, sempre sul monte Ottavio, una tomba a tholos micenea. In contrada Marcello sono stati ritrovati reperti di vasellame, laterizi e oggetti vari di decorazione femminile, ceramica aretina del periodo romano. La Sicilia fu ufficialmente araba per circa due secoli sotto la dinastia degli Aglabiti e la dinastia fatimitica di Cairouan, ma sin dal 600 d. C. gruppi di berberi erano venuti dal Nord-Africa occupandosi principalmente di agricoltura. L’interno della Sicilia vide uno sviluppo straordinario dell’agricoltura con la coltivazione del frumento, in modo molto diffuso, e l’introduzione di nuove piante e di nuovi metodi a seconda della peculiarità del territorio. Sono ancora comuni, in agricoltura, nomi di origine araba quali: gibbia, saia, giarra, margunata, burgiu, vattanu, garbera, sataredda, zagara, zubiu, zabara, balata, crivu, margiu, gazzana, zarcu, ecc. e nel nostro territorio i nomi delle contrade Guarini, Rabbiuni, Mustijuvu, Chianu di la signura, Sabugia, Crucifia, Cuba, Nadurieddu, Marchisa, Bellanova. Ma anche tanti soprannomi: Canzarazzu, Giacana, Raisedda, Balieccu, Mangarieddu, Caiola, Basaranu, Falisi, Barialò, Zirrichinu sono di origine araba come anche i cognomi: Alfano, Alaimo, Borruso, Burruano, Carruba, Farruggia, Fragale, Guarino, Guarneri, Ingrao, Insalaco, Licata, Macaluso, Marsala, Marranca, Martorana, Miccichè, Mulè, Nugara, Palamè, Saia, Schifano, Schillaci, Scibetta, Taibi, Tulumello,
Un grande passo avanti nella conoscenza del nostro territorio si deve alla pubblicazione del libro “ Bompensiere” –storia di un comune di Sicilia – di Giuseppe Giunta, del 1983, dove, per la prima volta si è svelato l’origine del nome Montedoro e del suo fiume Gallodoro. Sulle carte geografiche arabe del periodo il sito, dove attualmente sorge il paese, viene denominato El Minzar(panorama) e il corso d’acqua Ued Dur (fiume che circonda) che poi con le deformazioni della parlata, nel tempo, è diventato Minzauru e Uaddudauru, poi latinizzati in Mons aureus e Gallus aureus ed infine resi nella forma attuale. Nel 967 d.C. l’Emiro di Palermo diede delle disposizioni perché tutti quelli che vivevano nelle campagne si radunassero in borghi in cui vi fosse la moschea per praticare la religione dei padri. La nascita di Caltanissetta – col nome di Qal-at- Nissa - si fa risalire a questo periodo, così come Montedoro – El Minzar – con adiacente la contrada Cuba (Quba = santuario dove è sepolto un Marabù) e Nadurieddu da Nadur che significa osservatorio.
A 4 Km da Montedoro sorgono un grumo di case – molto di più di una fattoria – chiamate Robba di Bellanova dagli abitanti di Montedoro e da quelli di Racalmuto (Rahal Mut= villaggio morto) da cui dista 11 Km. L’insediamento, certamente romano, denominato Villanova, sulla direttiva della strada che da Erbesso(vicino Grotte) – Castidduzzu – Fra Decu – Pirciata – Bellanova – Trupii – Guarini – Terravecchia di Pietrevive, ecc. raggiungeva Enna centro del culto della dea madre, che al decadimento delle città divenne una delle grandi villae del IV secolo che controllava il costituirsi dei latifondi. Tali i casi documentati di Piazza Armerina, Realmonte, Favara. Con la dominazione araba il sito viene chiamato Robba di Villanova.
La robba del nostro territorio costituisce il nucleo abitativo di uno o più poderi riuniti ed è costituito da un fabbricato in muratura, generalmente sito sulle alture di una collina o a ridosso di una montagna, ma sempre in un posto elevato da dove la vista spazia il più lontano possibile, per ragioni di controllo e di difesa.
Intorno alla fine del primo millennio dopo Cristo, durante la dominazione araba, quando nel nostro territorio vi erano vari gruppi familiari appartenenti a diverse tribù( Canzara, Caiola, Basara, Giacania, Sambaria, Saya, Miknasa) nella Roba(Rabha) di Villanova vi nacque Abu l-Hasan Alì b. Abd ar Rahman che vi trascorse la fanciullezza e l’inizio della giovinezza emigrando in Egitto ( Aglabilti 800-909), (Fatimidi 910-947), (Kalbiti 947-1053) dove, nella capitale Cairuan, ha ampliato la sua cultura raggiungendo in pochi anni il grado di segretario (Katib) nell’ amministrazione pubblica e la fama di poeta noto con il nome di Alì El Ballanubi(di Villanova) as Siqillì (il siciliano). Partecipava a tutte le manifestazioni pubbliche dove declama i suoi versi di encomio verso le autorità. I versi più antichi di Alì el Ballanubi – gli studiosi – li fanno risalire a quelli scritti in occasione della Festa coopta del Miharagan, ripristinata dal Califfo Fatimida az Zahir intorno al 1030 d. C. Tra le numerose personalità arabe a cui dedicò i suoi celebri versi troviamo:
il Visir Abu l – Hasan al Anbari (morto nel 1046)
Il Visir al –Yazuri del Califfo El – Mustanzir(1050 -1058)
Il Visir Al Mudabbir (eletto nel 1067)
Questa sua attività rivolta ai detentori del potere procurarono al poeta onori e laute prebende incontrando sempre ampi consensi e tanti dei suoi contemporanei ne lodavano le straordinarie doti. Gli antologisti scrivono che Alì el Ballanubi era un abile poeta e prosatore oltre che grammatico eccellente insieme a Ibn Hamadis ed altri che costituirono il Parnaso arabo-siciliano per la loro poesia in lingua, metrica e tematica rigorosamente classiche. L’amore, altro tema “forte” di questa enclave poetica, trova un ventaglio vastissimo d’interesse espressivi. Al Ballanubi racconta, a proposito,” come sia stato ucciso da sguardi di donne simili a statue, tra un candore di denti, e labbra di scura porpora. La sua donna porta, non a caso, se dobbiamo dar credito alle ragioni della poesia, un manto discordante con il cerchio della caviglia; questo, infatti, ha svelato il segreto della sua presenza. Per il poeta lo sguardo della fanciulla è un vero enigma, la descrive tra realtà e sogno, è lei che al calice ha dato in prestito le gote ed anche i denti, il sorriso e la bocca.” (pagina 30 Sicilia poesia dei mille anni di Aldo Gerbino). Sue notizie si trovano in Michele Amari, il Canzoniere curato da Rizzitano con traduzione di Schiapparelli.
La poesia di Alì El Ballanubi, in molta parte dei sui componimenti, fa riferimenti alla natura, all’ambiente, alle atmosfere, ai silenzi, ai suoni, ai colori….. di Bellanova dalla quale vedeva la montagna dell’Etna- Mongibello, il Monte Cammarata, la Rocca di Sutera, il fiume Gallodoro (Ued Dur), allora molto più ricco di acqua, nel quale sarà andato a bagnarsi e avrà visto le anguille(anciddi) e le tartarughe “scuzzara” mentre il gregge si abbeverava nelle sue fresche acque. Come ancora oggi fanno i ragazzi che abitano a Bellanova il giovane Alì scorazzava tra gli alberi, prendeva i nidi degli uccelli, andava a cavallo di qualche montone prendendolo per le corna, prendeva qualche uovo che una gallina bizzarra aveva deposto per terra tra le stoppie e facendogli un buchino con una pietra appuntita ne aveva succhiato il contenuto, andava a caccia di lucertole, raccoglieva le frutta introdotte in quel periodo dagli arabi: arance, limoni, gelsi, carrube, albicocche, melanzane, nespole, ecc. Intorno all’abitato di Bellanova il piccolo Alì ha conosciuto le erbe e le piante spontanee che ancora si possono incontrare quali: la marba(altea), la disa(ampelodesmo), la vurraina(borragine), lu cucumiddu(camomilla), li sparaci(asparagi), la cardedda(cicerbita), li mazzareddi (erisamo), funci di dabbis(opopomace), l’arianu (origano), l’erba di vientu(parietaria), la sataredda(timo selvatico), li finucchieddi (finocchio selvatico), l’arzicula( ortica) ecc. Certamente sarà andato alla sorgente di Gibellini (Gebel Ain= monte con sorgente) che ancora oggi esiste e dalla quale si può ammirare la località chiamata allora El Minzar ed oggi Montedoro. Si sarà innamorato dei volatili della zona: airone cinerino, alzavola, beccaccino, cannaiola, capovaccaio, cappellaccia, cardellino, civetta, calandro, colombaccio, tortora, coturnice, fanello, folaga, fringuello, ghiandaia, pantana, oca, merlo, passera mattugia, pettirosso, picchio rosso, pispola, saltimpalo, scricciolo, tordo bottaccio, upupa, usignolo, rondine, zigolo come anche del Biacco(serpente), Saettano(serpente), Emidattilo, gongolo, testuggine d’acqua(scuzzara), rospo, rana, granchio di fiume, riccio.
In qualche modo si può scoprire il mondo di Alì El Ballanubi visitando Villanova e ritrovare i sentieri e certe atmosfere di paesaggi che sono stati descritti circa mille fa.
Lillo Paruzzo
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