Libri da leggere
Il culto di San Calogero nella diocesi di Caltanissetta di Carlo Petix


Presentazione di Vincenzo Calogero Ingrascì
Nel IV sec. d. C, molti dovettero essere gli eremiti provenienti dall'Africa a causa della persecuzione vandalica ( Arianesimo ), così durante il periodo musulmano, e probabilmente anche durante il periodo normanno. Nel corso dei secoli il popolo non dimenticherà mai il bene ricevuto da questi eremiti e pertanto la devozione sarà tramandata da padre in figlio, una devozione che possiamo chiamare genetica (es., lu viaggia a Naro1, come si faceva un tempo e come avviene oggi, che già è riportato nel libro, cambia il modo nel senso dei mezzi, ma lu viaggia c'è ancora). E, il libro nasce da questa devozione.
L'autore che è un devoto (e che ringrazio per avermi affidato questa presentazione, il cui titolo ma ancor più della sua nota posta sul libro, che ne indica inequivocabilmente il senso, potrebbe essere scrivo perché devoto) offre questa volta non un pane, non "un viaggio" ma un libro che rientra come voto nella forma mentis dell'autore che nella sua delicatezza non lo dice né nella sua nota né nella pagina che riguarda Milena, ma anch'egli custodisce un'edicola di S. Calogero dal 1980 (la statua è del 1973) dove di tanto in tanto trova qualche ex voto. Il libro vuole trattare il culto di S. Calogero nella Diocesi di appartenenza. Il primo a chiamarsi allievo di questa scuola di devozione è l'autore medesimo, che sconoscendo le celebrazioni cultuali negli altri paesi, eccetto Campofranco dove ha nutrito la sua devozione (e per ragioni storiche che riguardano Milena territorialmente). L'edicola storica di Milena si trova nella zona campofranchese del territorio, l'allora frazione San Biagio oggi contrada. L'antropologa americana Gower Chapman2, che la cita (ed è citata da Carlo Petix) attribuisce al santo, la specialità di guarire l'ernia. Ma, tornando al metodo, l'autore va a constatare direttamente la devozione, prima visualizzando, poi scrivendo. Non a tavolino, ma con il contatto diretto con il luogo preso in esame- anche ben tre in un solo giorno3- scrive nella nota. E, dopo aver scritto/constatato il libro, torna a presentarlo negli stessi luoghi, come impegno preso, precedentemente, ecco l'ex voto,come servizio culturale donato alla Diocesi, con la disponibilità dei parroci e del vescovo di Caltanissetta che si compiace dello scritto dando un tacito imprimatur. Desidero riportare, qui, in breve la specificità, quasi una definizione di voto ed ex voto tratta da uno dei testi della bibliografia: Una prima sostanziale differenza tra voto ed ex voto è di natura temporale:' il primo, eletto sotto forma di promessa deliberatamente fatta a Dio con libero assenso e piena avvertenza, si premette cronologicamente al secondo quale segno tangibile per grazia ricevuta. Si tratta di un atto devozionale, che la Chiesa riconosce non includendolo, tuttavia, nel diritto canonico (...) /Alla fine il lavoro non è stato vano perché ci si è resi conto che questo profondo culto radicato, anche nella Diocesi di Caltanissetta ( dove occorre ricordare che fino al 1844 buona parte dei paesi erano Diocesi di Agrigento) è sconosciuto ai più (questo consta di persona all'autore) e il testo che non ha nessuna pretesa letteraria, perché scritto da devoto, riesce a trasmettere senza volerlo questa secolare devozione ai devoti della Diocesi che sicuramente perché devoti ne resteranno edificati dalla comunanza con gli altri paesi. Che il testo non abbia nessuna pretesa letteraria invero è mendace, in realtà l'autore persegue l'obiettivo di portare questa secolare e affascinante figura del "santo nero" (...)nella storia. E questo (...) perché inserire i padri del deserto nella storia e San Calogero secondo la tradizione fu uno di questi non è cosa facile: per il fatto che loro stessi cercarono di nascondersi " di fronte alla storia".5 Il libro non si riduce alla cronistoria della festa nei paesi.
Valore e significato del culto a San Calogero6. Non manca chi deride gli atti di fede, deridendo così la fede medesima, quella fede umile e cieca (la metafora del salto che si addice all'atto di fede, dell'affido in sé), atto poetico (e sottolineo etico) e profondamente razionale (come atto di un popolo)che è la condizione fondamentale che informa tutta l'umana conoscenza. Chi sospetterebbe che il culto calogeriano, che sopravvive quasi esclusivamente nella parte occidentale dell'isola, ci conduce, attraverso il tempo alla lontana eco nonché traccia delle condizioni disastrose in cui i siciliani dell'interno vissero sotto l'imperversare delle invasioni barbariche, mentre veniva perso ogni contatto con Roma?7
Cito testualmente Chi sospetterebbe che la figura leggendaria e caratteristica di San Calogero, di questo Santo da contadini, fosse sorta da una pleiade di uomini colti, i quali (...) in quel grave periodo della nostra storia, venivano dall'Oriente e qui illuminavano le nostre popolazioni abbandonate (...) suscitando (...) la nostalgia dell'Impero (...) crollato quello d'Occidente (...) orientandole verso Bisanzio?8
Il culto al santo, ha esercitato una uguale funzione durante i secoli della dominazione araba, nel corso della quale il culto sopravvisse, non solo, ma la sua azione divenne più incisiva per la conservazione della fede cristiana e in particolare della Trinità, a difesa di una identità, quale sentimento di appartenenza ad una civiltà diversa di quella dei dominatori.9
Difatti Ciò che più impressiona e stupisce nella devozione popolare a questo santo è l'assenza e quasi il rifiuto di ogni complicazione intellettuale , di ogni plausibile spiegazione razionale, di ogni precisa documentazione storica: se ne fa a meno, non se ne pone nemmeno il problema, perché ci si sente legati a questo santo con l'ovvìetà dei vincoli naturali (...).10 La consanguineità con i viventi e con i fedeli tutti.
San Calogero eletto a simbolo dell'identità. Del resto, gli stessi Calogeri, e per lo spirito tollerante degli Arabi, non dovettero mancare in quel periodo; ciò è sicuro per la vita monastica in genere, esempio di luce e guida che conduce a Cristo. Possiamo dire, così come diciamo oggi, in un presente di edonismo, di civiltà dell'apparenza, di violenza, di lotta alla religione e al Cristianesimo (di recente il Cardinale Angelo Comastri nel suo Gesù riporta un pensiero di Giovanni Rapini: Per quanto si faccia, Cristo è una fine e un principio, un abisso di misteri divini in mezzo a due tronconi di storia umana) e, avversati da altre "dominazioni "scopriamo un DISIA che ci porta direttamente a San Calogero. Torna la genetica trasmessa da padre in figlio. // rapporto con San Calogero è vissuto come un legame di sangue, un affetto congenito, un sentimento innato.11 Memori, come detto precedentemente, dell'appartenenza agrigentina, entra qui in gioco l'opinione/riflessione del noto scrittore siciliano Andrea Camilleri che parla della festa agrigentina e che è anche testimonianza di un ateo. La maniera di festeggiare il santo con affettuosa violenza12, con energia (come ad Agrigento così a Naro ed altrove ), con esplosione di urla, spintoni, invocazioni di grazia, assalti al simulacro13, è un problema storico, quello che fanno (i fedeli ) (...) non è altro che una lontanissima eco di ciò che il Santo fece per loro. San Calogero era un Santo dei poveri, era un Santo del popolo14 e da giovane ricorda Camilleri, / portatori bevevano il vino e un bicchiere lo davano a San Calogero15-16, perché il santo è considerato un amico del popolo, della gente , ciò giustifica l'eccessivo contatto fisico e c'è chi bestemmia Dio ma non San Calogero, perché è uno di famiglia, un amico e come un vero amico può ( e deve) rimproverare o arrivare anche alle bastonate se è necessario! l'autore mi diceva di una vetero testimonianza di Campofranco) e un amico non può essere chiamato San Calò ma Calò come un parente, un familiare. Dicevo, prima, questa essere testimonianza di un ateo e lo stesso Camilleri, dice // mio paradiso è completamente deserto... c'è solo San Calogero. 17 (nota orale sulla nascita dello scrittore 6 set. 1925, S. Calogero a Porto Empedocle).
Il vino dato e il pane lanciato (nella processione d'Agrigento o gli ex voto di pane in genere) non conducono all'eucaristia?
Su La Voce di Campofranco di marzo-aprile 2008, appare un articolo18 scritto da un sacerdote, dove dice Nella tradizione cristiana i santi protettori si distinguono secondo speciali circostanze di salute e sicurezza (...); da qui il culto tributato a S. Calogero (...). Per mezzo di essi la Chiesa cattolica cura che la venerazione, tributata loro dal popolo, più che gli atti esteriori incrementi la vita interiore dei fedeli, poiché i grandi santi edificano l'intera comunità ecclesiale, rafforzando il legame tra la Gerusalemme terrestre e la Gerusalemme celeste (Lumen Gentium, 49).
Un altro scrittore agrigentino, mio coetaneo, forte della sua esperienza investigativa, ha scritto un giallo intitolato // miracolo di San Calogero, dove il personaggio principe, il commissario Di Falco risolve un intricato caso nella sua duplice valenza con l'aiuto del ritrovamento di un santino. Se Camilleri rappresenta la testimonianza di un ateo, il secondo teorizza splendidamente il sentimento dell'agnostico, il suo stato d'animo. L'agnostico è l'indeciso, direbbe il Cardinale Carlo Maria Martini, colui che non sa se credere oppure no, e riporto il passo del libro: Di Falco che era sempre stato agnostico (...) pensò che probabilmente non esistevano i miracoli ma, se un uomo in vita si era distinto per delle azioni meritevoli, per un fenomeno inspiegabile il ricordo di lui poteva condizionare gli eventi futuri. E così pensò che San Calogero continuasse la sua opera meritoria anche dopo la morte. Grazie alla sua immagine la polizia era riuscita ad assicurare (...) giustizia.19
Ora, il libro presentato insieme agli altri due esempi letterari ,sono tre testimonianze di fede. "San Calogero è sentito dal nostro popolo come immerso nella sua realtà quotidiana (...) non solo nei grandi avvenimenti, ma anche nei fatti ordinar! che, poi, per ognuno sono i più importanti e decisivi: la nascita, la famiglia, il lavoro, la malattia, la morte, la vita in tutte le sue manifestazioni ed espressioni".20-21
L'importanza di San Calogero per noi Siciliani va al di là del semplice culto devozionale verso un santo, si può dire senza enfasi coram populo che per noi Siciliani San Calogero è il più grande Santo che esista.
Questa è l’attualità perenne22 di San Calogero.

Note
1 Naro per noi è indelebile ricordo del Grande Giubileo 2000, avendo percorso a piedi all'incirca 40 km da Milena, camminando per una notte intera, essendo il Santuario sede d'indulgenza. Cosi anche a Campofranco e sempre con un gruppo, bénché diverso, di amici più folto. Nel testo si nota che sono molti i paesi della Diocesi che non hanno la festa liturgica di S. Calogero e che si recano a Naro.
2 Milocca un villaggio siciliano di Charlotte Gower Chapman, pag. 232, Franco Angeli Editore Milano 1985 (Ristampa 2007)
3 Si tratta di Mussomeli, Villalba e Vallelunga Pratameno a fine agosto; ma anche San Cataldo e Sutera a fine settembre.
4 San Calogero. Un Agrigentino venuto da lontano di Indelicato, Bertirotti, Sardo,pag. 40, Bonanno Editore Acireale-Roma 2005, Collana Antropologia e Scienze Cognitive
5 II culto di San Calogero nella Diocesi di Caltanissetta di Carlo Petìx, Introduzione pag. 8, Editore Paruzzo, Caltanissetta 2008
6 Titolo riportato da San Calogero Studio sul santo e il suo culto di Domenico De Gregorio pag. 83, Santuario di S. Calogero Agrigento 1977
7 Ibidem (6) pagg. 83-84
8 Ibidem (7) pag. 85
9 Ibidem (8) pag. 86
10 Ibidem(9) pag.11
11 Ibidem (10) pag. 11
12 Op. cit., nota 4, pag. 28
13 Ibidem (12)
14 Ibidem (13), pag., 29
15 Ibidem (14), pag., 30 se i portatori si decidevano a fermarsi (davanti una taverna), toccava loro vino a volontà, gratis, e un bicchiere spettava di diritto al santo, dopo tre o quattro fermate, a furia di spalmargli gocce di vino sulle labbra finiva che dalla bocca (del santo) cominciava a colare un filo rosso. Col vino (...) e il passo barcollante dei portatori (...) cominciava a parere un ubriaco che non reggeva il carico (...) A. Camilleri, II Corso delle cose, pag., 5, Ed. Sellerio, Palermo. Questo è il primo romanzo scritto da Camilleri.
16 Camilleri stesso racconta di due processioni, una religiosa e l'altra pagana.. Quest'ultima avveniva col permesso ecclesiale, erano gli stessi sacerdoti che toglievano la spera dalla testa del santo, per poi rimetterla a posto, dopo che il santo aveva vagato come tra un gruppo di amici. Giuseppe Pitrè in" Feste patronali nella Sicilia Occidentale", dice Verso l'avemmaria la processione si muovermi correggo: vera processione non è, giacché una delle caratteristiche della festa è quella di non aver frati, né chierici, né confraternite, che precedano o seguano il simulacro. È il popolo che ha tutto: precede, segue, circonda (...).(Brancato Editore, Milano 2001).
17 lbidem (15),pag.,32
18 Il Santo Patrono in Semi di Senape di don Salvatore Falzone, La Voce di Campofranco, pag. 2, n. 3-4 mar-apr 2008
19 II miracolo di San Calogero di Fabio Fabiano, Arcigraf, Agrigento 2007
20 Op. cit. nota (6) pag. 12
21 Noto leggendo il De Gregorio che nella bibliografia manca il Pitrè, e riporto qui ciò che dice nella breve introduzione "Attualità perenne di San Calogero": La superficiale e vuota sufficienza di pseudo storici o tracotanti studiosi di folklore, tradizioni popolari, demopsicologi, può sorridere dinanzi a certe manifestazioni del culto popolare a S. Calogero e magari anche qualche infarinato di teologia o liturgia può arricciare il naso; (...). Sono 44 le fonti citate.
22 Ibidem (20 ) pag. 11


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