Sutera, appuntamento col Presepe vivente


Durante il periodo natalizio queste stradine tortuosamente arabe e profondamente umane, dove la vita scorre solitamente lenta, si animano di canti, di suoni, di giochi di ragazzi, di un folto pubblico, e si trasformano in uno scenario che racconta di tempi lontani. Lungo un itinerario che si snoda da Piazza Mameli ad una grotta dove viene rappresentata la natività, una serie di quadri rievocativi ripropongono antichi mestieri del mondo agro-pastorale e artigianale dell' inizio del Novecento in Sicilia. Le comparse, uomini con l'immancabile coppola, donne coperte dallo scialle e bambini indossano il tradizionale abbigliamento d'epoca. Sono volti prestati per ricordare la vita di una volta sicuramente più dura ma certamente più naturale e serena. È la riscoperta della storia del nostro territorio con un ricchissimo patrimonio di attrezzi agricoli, arnesi di lavoro arredi, botteghe artigiane interamente ricomposte, utensili completi della industriosità d'epoca (dai nomi sentiti da fanciulli e ormai dimenticati), costumi dei nostri padri, che mantengono il loro fascino e costituiscono la nostra forza e il nostro orgoglio. È una cultura non scritta, che nelle forme del lavoro, delle abitudini, delle relazioni sociali, connota il quotidiano dandogli un'anima.
Il PRESEPE VIVENTE, con il suo itinerario etnografico e antropologico che coinvolge tutto il quartiere del Rabato, affascina per il clima di religiosità e per il contesto naturale e suscita un'atmosfera emozionale legata alla tradizione e alla memoria storica. Con il contributo di volontari e di alcune associazioni e con la partecipazione dell'Amministrazione Comunale, la festa popolare, che è un vanto locale, va acquistando sempre più rilievo, attirando visitatori da ogni parte della Sicilia. Lungo l'itinerario si possono gustare tipici prodotti locali per risentire antichi sapori. Un patrimonio di testimonianze appartenenti ad un mondo legato ad una secolare economia rurale ormai in fase di irreversibile trasformazione si trova nelle botteghe artigiane che concorrevano a delineare il tradizionale profilo di una dimensione culturale ormai sempre più elemento della memoria. Gli ambienti ricostruiti con elementi originali nella cui usura del tempo è visibile l'impronta del lavoro e della fatica umana sono quelli del sellaio, considerato il sarto che vestiva i muli, del calzolaio con il suo universo di attrezzi che solo il dialetto riesce a nominare, del falegname il cui ambiente di lavoro aveva il sapore degli elementi del legno, della colla e della cera che adoperava, del fabbro che respirava polvere e scintille, del "conza piatti" che seguendo accorgimenti antichi sfruttava i segreti professionali di famiglia, del ''piddaru", colui che scuoiava pecore e capre. Quelle tecniche a volte fatte di astuzia e la vecchia creatività del fare, costituiscono il ricordo di una passata "mastrìa" e di una filosofica rassegnazione. Con l'uso di moderne tecnologie sembrano ormai uscire come da un libro di ricordi le tessitrici sui grandi telai domestici per manufatti in lino e per le tradizionali coperte, le ricamatrici che insieme ai fili hanno intessuto una loro cultura preziosa e ricca di fascino.
I visitatori si dimostrano interessati al processo lavorativo che porta ad un determinato manufatto e riscoprono la manualità in un mondo che ne fa sempre a meno. Il tornio per la lavorazione dell'argilla, i virgulti di salice e d'ulivo per intrecciare panieri e canestri, "bummuli" e scodelle di terracotta, modellati da mani sapienti divengono oggetto di abilità ormai estinte. Restano come segno d: una civiltà che il tempo e l'evoluzione hanno quasi cancellatola macini del gesso sul quale nel suo divenire storico Sutera ha costruito la sua struttura urbanistica, il frantoio con le mole in pietra, tirate con un asse centrale dall'asino, una bestia che con il bracciante viveva una vita quasi in simbiosi, il carretto, caratteristico per la sua forma e per i suoi colori e la "putìa", la;piccola bottega al dettaglio, che conservava il senso di uno stile di vita e di un rapporto a dimensione d'uomo.
La ricostruzione dei cicli di' produzione artigianale permette di osservare aspetti del mondo pastorale che ha fortemente segnato l'ambiente fisico e socio-culturale del territorio. In un angolo particolare del percorso, dove si trova il recinto delle pecore (tra modesti attrezzi di lavoro e calderoni anneriti dal tempo) avviene la trasformazione del latte, effettuata con tecniche tradizionali dal pastore, espressione della durezza della vita e rappresentante di un mondo che altrove è sparito. Nel PRESEPE VIVENTE osserviamo la quotidianità di una volta, che si legge anche negli accessori di una casa che l'hanno resa vitale: nel suo forno a legna all'angolo di una cucina dallo spazio essenziale, nei suoi muri non livellati, nei suoi mattoni di cotto locale, nei suoi soffitti di canne e travi, nei suoi "stipi" a pareti, negli attrezzi per la panificazione tradizionale, nel braciere attorno al quale nelle giornate d'inverno si ascoltavano leggende e miti locali. L'itinerario si conclude alla GROTTA che offre l'occasione di rivivere il grande mistero della nascita di Gesù in una stalla povera e abbandonata che ha un profondo legame con il paese. Tutto lo sce¬nario, eco nostalgica di un mondo semplice e bonario; sacralizzato da gesti, voci, suoni e odori antichi, favorisce la ricerca del passato, con il recupero di documenti del mondo popolare, che sono soggetti di comunicazione viva e attiva, e offre uno spaccato eccezionale di cultura e di storia della nostra gente, allargando i circuiti di turismo alternativo e rivalutando un piccolo paese dell'entroterra agricolo come Sutera. La rappresentazione presepiale che oggi ha raggiunto livelli di apprezzamento di rilievo, - di grande richiamo turistico in Sicilia, si è guadagnata l'inserimento nel REI, il registro delle eredità immateriali della Sicilia, nel cosiddetto ''libro delle espressioni" artistiche e teatrali.

Lucio Bartolotta


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