Sutera
La processione dei santi Paolino ed Onofrio: una secolare tradizione che si ripete ogni anno


Nel ricco patrimonio di tradizioni locali che sono rimaste ancorate ad un forte sentimento religioso, la solenne processione di S. Paolino e di S. Onofrio rappresenta i momenti di partecipazione più alta della gente di Sutera, sicura della potente protezione, memore degli innumerevoli benefici ricevuti e sempre fiduciosa di vivere tranquillamente alle falde del monte che sovrasta l’abitato. Una superba roccia piramidale, richiamo di antiche civiltà scomparse, orgoglio e vanto della città definita da Matteo Coltura «Un arcaico presepe attaccato a un dente di roccia come a un dito femminile un anello di ineffabile fulgore".
Molto pittoresca anche per la caratteristica dei luoghi in cui si svolge, la processione delle antiche urne di S. Paolino, vescovo di Noia, e di S. Onofrio eremita, eletti sin dal 28 febbraio 1634 compatroni di Sutera, è vissuta con religiosità sempre crescente, indefinibile e segreta. Verso mezzogiorno i Santi Casci, precedute dal simulacro di S Paolino, ex voto (1937) di due cittadini di Mussomeli, si snodano sul serpeggiante e ripido sentiero che costeggia la rocca (819 mt.) in un singolare scenario dagli effetti coreografici straordinari, attraversando, poi, le vie Carmine, Salamone, Roma, Municipio, fino alla chiesa di Sant' Agata, dove ricevono l'omaggio dei fedeli e da dove, la domenica successiva, nel pomeriggio, fanno ritorno.
La festa detta anche il pasquone viene celebrata il martedì di Pasqua, data della solenne traslazione (1498) delle reliquie di S. Paolino da una cassa di noce all'attuale urna argentea. Per antica tradizione partecipano alla processione le autorità precedute dal mazziere vestito con caiella di velluto rosso e con la seicentesca mazza d'argento e dalle tre confraternite, ciascuna con i propri colori e con le caratteristiche divise.
Le reliquie dei due santi rappresentativi della tradizione religiosa cristiana romana e di quella greco ortodossa giunsero a Sutera intorno al 1366 con il concorso dei Carmelitani e per volontà dell'allora suo signore, il barone Giovanni III Chiaramonte, benefattore e fervente religioso, il quale costruì sulla cima strategica del monte, precisamente sulle preesistenze di un'antica fortezza, una chiesa (1370) arricchendola delle sacre reliquie prelevate dalla basilica di Alessandria d' Egitto e inviategli dal cugino Matteo,conte di Modica. Da qui, la sacralizzazione del sito immerso nel silenzio e di grande suggestione, la ritualità devozionale e il viaggio al santuario. Rocco Pirro descrisse la chiesa come "templum antiquissimum in cacuminis area" e lo storico Fazello citò Sutera come " castello insigne per i miracoli e per le reliquie", ben custodite dalla natura del luogo.
A Sutera, dopo un oscuro periodo di vicende feudali, ritornata ad essere città demaniale, la fervida vita religiosa trovò concreta manifestazione nel numero dei conventi, delle chiese e delle confraternite. Pittori e interpreti della pietas popolare cominciarono a proporre le immagini raffiguranti i due santi e ai loro culti si ispirò anche l’onomastica che al maschile e al femminile cominciò a popolarsi di onofri e di paolini. Le reliquie custodite nell’interno del santuario dove generazioni di suteresi hanno lasciato l'eco delle loro preghiere finirono oggetto di particolare ammirazione, tanto che una ficca famiglia di origine spagnola, i Pujades, commissionò un'urna di tipo aragonese, che è uno dei più importanti documenti dell'oreficeria siciliana(1498). La raffinata opera (il cui legame della famiglia con S. Paolino è attestato dallo stemma) è attribuita dal Lavagnino a Gaspare Sampier De Rosa; essa ha la forma di un grande cofano con coperchio a schiena d'asino e presenta figure a rilievo con episodi della vita del santo e vari decori.
Nel 1649 il Comune di Sutera, per dimostrare la profonda devozione dei cittadini per S. Onofrio e per rendere maggiore onore alle sue reliquie, commissionò a Francesco Rivelo un'urna d' argento con ivi impresso lo stemma della città. Il reliquiario pregevole per purezza di linee e finezza di stile, dove secoli di storia sono sigillati tra le pieghe del suo sfarzoso linguaggio barocco, è considerato uno dei tanti gioielli nascosti in provincia. L'artista palermitano riuscì a comunicare con un espressionismo particolare fremiti di vita a tutte le figure che narrano i fatti miracolosi della vita del santo eremita. Durante la processione i portanti delle urne e del simulacro sono il coro di un popolo, i portavoce di tutti i sentimenti, la bandiera di un paese. La grazia ricevuta o da ricevere è il filo conduttore di una festa che attira suteresi e forestieri provenienti dai paesi vicini, che esprimono la loro gioia mediante forme antiche di pietà popolare (ereditate dai padri), la propria fede cristiana e la propria identità sociale. La festa è anche nei ricordi di chi, lontano dalla sua terra, ricostruisce nella memoria gli avvenimenti più familiari, legati molto da vicino alle origini. Con i suoi aspetti particolari la festa trova molta rispondenza nell'animo della gente ed è la consumazione di un rito collettivo che sa di catarsi per i santi che incantano e commuovono e sui quali i suteresi hanno scaricato le loro ansie e paure trasformandole in intercessioni e ringraziamenti.
La festa, curata dall' Amministrazione Comunale, è piena di spiritualità ed è anche rappresentativa della continuità storica della comunità che ai santi patroni ricorre sempre, tramandandone la memoria nei secoli, perché a Sutera la cultura delle tradizioni è una sorta di eredità preziosa che la gente, sempre viva ed operante, custodisce gelosamente.

Lucio Bartolotta


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