Profilo biografico del Servo di Dio Mons. Giovanni Jacono
(1873-1957)
La presenza dei santi dice che il Cristianesimo non è una menzogna: infatti, se non ci fossero i santi, sarebbe menzogna anche la morte di Croce. L'efficacia della morte di Croce si misura dalla salvezza dell'uomo, si misura dalla santità che questa morte comunica al mondo. (Divo BARSOTTI)
Giovanni Jacono è nato a Ragusa da Gaudenzio e Salvatrice Arena il 14 marzo 1873. La famiglia Jacono era molto povera, ma ricca di fede, mentre la preghiera scandiva la giornata dei due coniugi. Da questi genitori esemplari Giovanni apprese lo spirito di preghiera e di sacrificio. Battezzato lo stesso giorno della nascita nella Chiesa Madre di S. Giovanni Battista a Ragusa, fu educato cristiana¬mente nella famiglia e dal sacerdote Giovanni Boscarino, rettore della chiesa dell’Ecce homo a Ragusa, ove, insieme alla mamma, partecipava alla celebrazione eucaristica ogni giorno e alle prime luci dell'alba.
Nella Chiesa dell’Ecce homo, alla scuola del Boscarino, Giovanni avvertì i germi della vocazio¬ne sacerdotale. E quando si presentò al Rettore del Seminario di Siracusa (allora la diocesi di Ragusa non era ancora costituita), questi gli disse: «Ha da pagare la retta mensile?». All'affermazione di povertà da parte di Giovanni, il Rettore replicò: «Niente soldi, niente Seminario». Giovanni si iscrisse, allora, alla scuola elementare, ove incontrò un ottimo insegnante che lo educò e lo incoraggiò a seguire gli studi superiori. Ma la povertà della famiglia non gli permise di realizzare questo sogno e Giovanni andò a fare il manovale. Di fatto, il dramma di queste "porte chiuse" alle sue aspirazioni, sia sacerdotale sia degli studi, lo segnerà profondamente, ma sarà anche la strada per la quale Dio lo guiderà verso la santità. Fu proprio durante il lavoro di manovale che il suo antico maestro delle elementa¬ri lo rivide e lo aiutò a presentare una domanda di sussidio al Comune. Ottenutolo, Giovanni si iscris¬se alle scuole tecniche di Ragusa.
L'ideale del sacerdozio, anche se vivo nel cuore, sembrava ormai lontano e irraggiungibile, anche perché si presentò, ancora una volta, al Seminario di Siracusa, ma gli venne nuovamente negato l'accesso a motivo della sua povertà. Tuttavia, la madre, certa della vocazione del figlio, giunta in fin di vita lo chiamò e gli disse: «Non ti preoccupare, io pregherò tanto il Vescovo del ciclo e diventerai prete». Singolare profezia, poiché Giovanni non solo diventerà prete, ma anche Vescovo! Negli stessi anni, inoltre, conobbe la Beata Maria Schininà (1844-1910), fondatrice delle Suore del Sacro Cuore di Ragusa e, attratto dalla sua santità, le confiderà la sua pena: «Quanto desiderio avrei di essere sacerdote, ma non ho i mezzi». Rispose la Beata: «Giovannino, tu sarai sacerdote e qualcosa di più!». In effetti, per vie misteriose, la grazia di Dio guiderà Giovanni verso il sacerdozio. Dopo il ser¬vizio militare, si presentò a un concorso statale e lo vinse, ma all'ultimo momento il suo nome non venne inserito per distrazione nell'elenco. Un fatto strano e paradossale.
Scosso da questa delusione, si rivolse all'Arcivescovo di Catania, il Card. Giuseppe Francica Nava, affinché lo ricevesse nel suo Seminario. Il Cardinale lo accettò, ma ad un patto: fare anche il portinaio notturno. E così Giovanni entrò nel Seminario di Catania ove ebbe a maestro di vita il Rettore, mons. Rosario Riccioli, che lo educò con sapienza. Mentre era in Seminario, arrivò anche la notizia del concorso statale vinto. Ma egli rifiutò, perché aveva finalmente trovato aperta la via verso il sacerdozio. Ordinato sacerdote il 21 settembre 1902 a San Giovanni La Punta, il Card. Nava lo mandò a Roma, al collegio Apollinare, per completare gli studi e acquisire un titolo dottorale. All’Apollinare si distinse per la pietà, la bontà, l'umiltà, la carità. Suo maestro spirituale fu Mons. Vincenzo Tarozzi, segretario per le lettere latine di Leone XIII e maestro spirituale anche di Giuseppe Roncalli, futuro Giovanni XXIII ed oggi Beato. Dopo il periodo romano, tornò a Catania e dal Card. Nava fu nominato padre spirituale del Seminario e canonico penitenziere della Cattedrale. Il suo confessionale era sempre affollato e molti tra i sacerdoti andavano da lui per la direzione spirituale e la confessione. Tenne l'ufficio di padre spirituale dal 1906 al 1916, anno in cui fu nominato Rettore dello stesso Seminario.
Nel 1918, al termine della Prima Guerra Mondiale, fu nominato Vescovo di Molfetta-Giovinazzo-Terlizzi nelle Puglie. Il Card. Nava, vedendo la sua riluttanza nell'accettare l'episcopato, di cui si considerava indegno, gli disse: «Non mi sarei mai separato da voi. Bisogna incolpare Mons. Tarozzi, ma bisogna ancor di più fare la volontà di Dio». Fu consacrato Vescovo l'8 settembre 1918, festa della Natività di Maria, dallo stesso Card. Nava nella Cattedrale di Catania. Intanto, era scoppiata la "spagnola", che mieteva vittime in tutta la Sicilia. La Cattedrale durante il rito della ordinazione episcopale di Giovanni era quasi deserta e dopo la celebrazione egli partì per Ragusa. Nessuno poté accompagnarlo. A casa trovò tutti i familiari attanagliati dalla "spagnola" e il padre a stento poté alzarsi dal letto per andare ad aprirgli la porta. In quei giorni di permanenza a Ragusa, mentre faceva da infermiere per tutti, morì anche una sua sorella. In questo clima di grandi difficoltà familiari e nazionali, Giovanni prese possesso della sua Diocesi pugliese. A Molfetta rimase tre anni, animando i sacerdoti sfiduciati in tempi tanto difficili e tristi per le conseguenze della guerra, la fame e la mancanza di lavoro, che faceva emigrare tanta parte della popolazione. Ma Giovanni fu apostolo di carità tra i poveri, fedele al motto che aveva scelto per il suo ministero episcopale: «Super omnia charitas» (la carità sopra ogni cosa).
Nel 1921 fu trasferito nella Diocesi di Caltanissetta. Il Servo di Dio Mons. Antonio Augusto Intrecciatagli (1852-1924), suo predecessore, così scrisse alla Serva di Dio Marianna Amico Roxas: «State tranquilli, verrà a voi un vero uomo di Dio». Mons. Giovanni Jacono fece il suo ingresso in Diocesi il 28 settembre 1921 e dopo pochi giorni iniziò la visita dei comuni della Diocesi. Ciò che colpì subito tutti furono la sua umiltà e la sua povertà. Umile fino all'annientamento di sé, si fece tutto a tutti non ponendo distanza tra sé e gli altri. Bambini e adulti, ricchi e poveri, professionisti e operai erano accolti con grande amore, dal quale traspariva la profonda umiltà che svelava il vero volto della sua anima. Povero fino all'indigenza, sapeva trovare sempre qualcosa da donare agli altri. Mons. Francesco Pennisi così tratteggerà la figura di questo santo Vescovo: «Tutto gli dava gioia: predicare, confessare, insegnare, organizzare; tutti gli portavano gioia: vescovi, sacerdoti, alunni, peccatori, gentiluomini e birbanti, perché tutti accoglieva e stimava come amici; tutto accettava con gioia: la salute per lavorare, la malattia per riposare, la stima per fare del bene e l'ingiuria per perdonare, il dena¬ro per fare opere splendide e la povertà per non avere inquietanti desideri».
Mons. Giovanni Jacono lasciò la Diocesi nel giugno 1956 e si ritirò a Ragusa ove condusse una vita semplice nella sua casa. Non volle la cappella privata, perché voleva vivere come tutti i parroc¬chiani, recandosi in chiesa per la celebrazione della santa Messa e l'adorazione eucaristica quotidiana. Morì a Ragusa il 25 maggio 1957, dopo una bre¬vissima agonia in cui lo si sentì mormorare: «Maria, aiutatemi; Maria, aiutatemi!». Fu sepolto nella Cattedrale di Ragusa. Non lasciò alcun testa¬mento, perché morì povero come era vissuto. Sul suo tavolo venne trovata una sola busta con 15.000 lire, su cui era scritto: «Per i poveri della S. Vincenzo». Nell'omelia funebre, il Vescovo di Ragusa, Mons. Francesco Pennisi, ebbe parole profetiche: «Scende nella tomba con una povera pianeta senza argento e senza oro perché coperta dall'oro della sua anima, con una mitra di tela perché la sua corona è il sacerdozio purissimo, senza un pastorale perché segno di regalità e dominio è la sua vita santa».
Il 13 gennaio 2008, a 50 anni dalla morte, ottenuta l'approvazione della Santa Sede, la Diocesi di Caltanissetta ha aperto il processo di canonizzazione, perché la testimonianza di santità nella carità di Mons. Jacono sia luce di vita sui sentieri della gioia.
† Mario Russotto
Vescovo di Caltanissetta
Conformemente alla legge canonica, tutti coloro che hanno conosciuto da vicino il Servo di Dio Mons. Giovanni Jacono sono chiamati in coscienza a comunicare al Vescovo e alla Curia diocesana di Caltanissetta tutto ciò di cui sono a conoscenza in relazione a tale causa. Quanti possedessero degli scritti del predetto Servo di Dio sono inoltre chiamati a presentarli quanto prima alla Curia Vescovile di Caltanissetta, per essere fotocopiati e autenticati. Chiunque ottiene grazie per intercessione del Servo di Dio è pregato di darne comunicazione: Curia Vescovile di Caltanissetta. Via Cairoli 8, 93100 Caltanissetta,tel. 0934 21446, fax 0934 543449, e-mail: curia@diocesicaltanissetta.it.
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