Semi di senape
Viaggi, voti e collette


La festa dell’Esaltazione della croce, celebrata a metà settembre, cade in prossimità dell’equinozio d’autunno: l’evento ricorda l’ultima raccolta dei frutti della terra. Più avanti avremo le Tempora d’Avvento che richiamano il passaggio la dedizione ad uno spirito di penitenza, in attesa che con il nuovo anno rinascano la terra e la luce, il cielo e le acque. Nella vita dell’apostolo Paolo c’è un episodio che ci può illuminare circa il senso della penitenza e i senso di alcuni eventi accaduti l’estate scorsa nel Mediterraneo.
Paolo, sollecitato ad aiutare i poveri di Gerusalemme, organizza una colletta; la raccolta lo impegna per alcuni anni; le offerte provengono dai fedeli della Galazia, della Macedonia e dell’Acaia. Inoltre alla colletta partecipano alcuni missionari scelti dalle comunità dell’Asia Minore, dalla Grecia e da altre regioni. A Cencre, dove si trova il porto egeo di Corinto, Paolo decide di separarsi dai suoi collaboratori e di fare un voto. Così accade che si tagli i capelli. In seguito Paolo trova solo un’imbarcazione diretta in Siria; l’apostolo si propone di giungere a Gerusalemme in occasione della festa di Pentecoste, allorché si celebrano i ringraziamenti pubblici per i raccolti di primavera.
Paolo sa bene che riguardo alla colletta c’è in gioco il confronto tra giudei cristiani ed ellenisti cristiani; infatti giunto a Cesarea gli amici gli sconsigliano di salire a Gerusalemme, ma Paolo rintuzza: «io sono pronto a subire anche la morte a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù» (At 21,13). Da una parte, dunque, le comunità etniche, di lingua greca, stanziate fuori dalla Palestina (è da considerare che non pochi tra gli etnici sono di razza e ceppo diversi dal popolo israelitico); dall’altra parte, Paolo, un giudeo: proviene sì dal giudaismo, ma da dal mondo dei migranti israeliti; egli coopta collaboratori di origine siriaca come Tito, ma richiede la circoncisione a Timoteo, di padre pagano e di madre ebrea. Non è per soddisfare ad un voto stavolta, ma per un atto di rispetto verso le tradizioni dei padri d’Israele.
Il gesto di Paolo di portare a Gerusalemme il frutto della colletta è pure un segno di fedeltà alla Chiesa dei Dodici, Chiesa ormai aperta ad evangelizzare i pagani. Nell’ambiente della Città santa tuttavia i gesti di Paolo in favore dei pagani sono interpretati come un’innovazione troppo liberale; invece per gli etnico-ellenisti i pagani hanno acquisito diritto di rappresentanza nel mondo giudeo-cristiano. La situazione a Gerusalemme era davvero critica, perché i giudei cristiani erano divenuti bersaglio dai nazionalisti ebrei che non tolleravano indulgenze nell’applicazione della legge mosaica. Si spiega così la decisione dell’apostolo Giacomo: il denaro degli etnico-cristiani, portato da Paolo e dai suoi delegati, serva a sostenere le spese del voto di nazireato di quattro giudeo-cristiani, in modo da dare prova pubblica di fedeltà alle tradizioni di Israele. Un simile gesto politico non era insolito: in modo simile aveva agito Agrippa I sostenendo le spese di numerosi poveri ebrei per ossequio alle tradizioni giudaiche (Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, 19,6,1 § 294).
Paolo avverte che la colletta viene così stornata, tuttavia si reca al tempio, non volendo annullare il suo legame con la città madre della fede; e qui, mentre soddisfa al voto, viene travolto in un tumulto di popolo provocato da giudei asiatici (At 21,28ss). Un passaggio drammatico avvertito, non a caso, nel film San Paolo di Roger Young dove le sequenze dedicate alla congiura del personaggio Ruben seguono passo passo il cap. 23 degli Atti degli apostoli.
Da notare pure che Luca, discepolo di Paolo, negli Atti degli apostoli sorvola sulla faccenda della colletta, perché nella sua visione teologica Paolo, una volta espulso da Gerusalemme, viene condotto al supremo tribunale romano. A mio avviso il caso legale di Paolo si fondava sull’accusa di attentato alla sicurezza nazionale; e questo, nell’Impero romano, significava cospirare contro lo Stato. Nel film di Roger Young Paolo è accusato di essere sobillatore e di incitare alla rivolta; l’apostolo, dinanzi al tribunale del procuratore Antonio Felice (53-60 d.C.) si difende affermando di non essere né contro «il re (di Giudea) né contro l’imperatore (di Roma)». È così in ogni caso che Paolo, ridotto agli arresti domiciliari, verrà introdotto nel cuore della città cosmopolita, Roma.
Il tumulto popolare che portò alla cattura di Paolo è collocato dagli studiosi negli anni 58-60; è un periodo breve e articolato della biografia paolina che include pure la detenzione a Cesarea di Palestina. Ci sembra che, in senso teologico, sia stata provvidenziale la vicenda che portò Paolo a salpare da Cesarea, viaggiare tra tante peripezie nel Mediterraneo, ed essere giudicato a Roma, città che per l’apostolo delle genti rappresentava l’ultima frontiera dell’evangelizzazione.

Don Salvatore Falzone


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