Seme di senape
Il Crocifisso e il nuovo Israele

Dal mercoledì delle ceneri si vive nella Chiesa cattolica il tempo della quaresima; è un tempo che invita alla purificazione del cuore. Tutta la Sacra Scrittura attraverso i profeti e i vangeli invita a togliere il velo del cuore, a rinnovare la mente, a rinvigorire le forze.
San Paolo in particolare invita i Giudei a purificare il cuore; esorta a togliere quel velo di scetticismo e di ostinazione che non permette loro di conoscere Gesù il Cristo. Sulla base di Ef 2,13-18 sappiamo che Cristo è morto per riunire Giudei e Gentili in un solo popolo; questo "popolo nuovo" il Signore Gesù è venuto a costituire accrescendo l'antico Israele e innestandovi nuove Genti.
Non ci accada di agire come nell'icona della crocifissione della scuola di Dionisj (Galleria Tretjakov, Mosca); si vede un angelo spingere una figura, che è simbolo della Chiesa, verso il Crocifisso, e un altro angelo spingere all'esterno una figura, che è simbolo della sinagoga. Il Crocifisso, elevato da terra, attira perché è inclusivo dei popoli.
Gesù è il nuovo Adamo che raduna tutti gli uomini nella sua Chiesa; anzi nella Gaudium et spes 22 si legge che Egli è "novissimus Adam". Pur rimanendo distinte, le varie etnie formano una famiglia di popoli; "nuovo Israele", radunato ai piedi dell'"Uomo nuovo", potrebbe dirsi questo popolo allargato che conosce varietà di lingue e nazioni, come insegna l'Apocalisse.
C'è da dire che il Concilio Vaticano II invita a vedere il popolo di Dio come "novus Israel" che nella vita presente avanza e cerca quella città futura che permane stabile; questo popolo di Dio prende il nome di Chiesa di Cristo (cfr. Lumen Gentium 9d). I testi biblici (Eb. 13,14; Mt 16,18; e At. 20,28) citati a sostegno del concetto espresso risultano più illustrativi che dimostrativi. In altre parole, confermano il legame inscindibile tra Cristo e la Chiesa costituita come nuovo popolo a caro prezzo, cioè versando il sangue. È del resto il tema paolino della riconciliazione dei popoli che nel cap. 11 della Lettera ai Romani è pienamente sviluppato.
C'è stato un uomo politico, di larga esperienza internazionale, come Giorgio La Pira, che nel secondo dopoguerra rivolgeva una certa attenzione al mondo ebraico e al neonato Stato di Israele. Da sindaco di Firenze, il politico siciliano invitava a "nutrire la speranza paolina della "pienezza delle genti" e della "pienezza degli ebrei"" (Lettera del 21 sett. 1964).
Alcuni anni fa, in vista del Giubileo del 2000, Ratzinger, da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, indirizzava le ricerche della Commissione teologica internazionale sul tema della riconciliazione e della memoria. Il tema era già molto caro al teologo tedesco, il quale in una conferenza (Israele, la Chiesa e il mondo, 1994) aggiungeva una testimonianza: "…fin da bambino mi risultava incomprensibile che alcuni volessero trarre dalla morte di Cristo una condanna dei Giudei, perché questo concetto mi era già entrato nell'anima come qualcosa capace di donarmi una profonda consolazione: il sangue di Cristo non pretende alcuna vendetta, ma chiama tutti alla riconciliazione".
Si può dire che ciò che si aggiunge è qualcosa che fa sviluppare. Nella lingua ebraica il verbo yasàph significa "aggiungere, accrescere"; il nome Ioséf, che in italiano diventa Giuseppe, significa "colui che si aggiunge". "Ioséf" è pure un participio presente del verbo yasàph ed ha un significato incoativo. In altre parole, "uno che si aggiunge alla vita" è il neonato (Gen. 30, 24); yoseph è "colui che accresce"; è "uno che fa sviluppare" il mistero della vita e della storia.
Ci sembra che nel mistero della vita di san Giuseppe, che con devozione si festeggia il 19 marzo, si possa cogliere questo "mistero che si sviluppa per Israele: il pio israelita aggiungendosi come sposo a Maria, figlia di Sion, accresce il mistero del "nuovo Israele", o - se si preferisce - il disegno di rinnovamento del popolo ebraico ai piedi del Crocifisso.
Salvatore Falzone sac.



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