Pagine di Storia locale
Sutera, la famiglia del sac. Antonino Bellavia
In occasione della visita di S. E. Mons. Mario Russotto, Vescovo di Caltanissetta, per l'inaugurazione della Chiesa di Sant'Agata in Sutera dopo la ristrutturazione della stessa, è stato doveroso realizzare una ricerca storica (purtroppo non esaustiva!) per conoscere l'unico sacerdote benefattore di detto tempio di cui si conserva il ritratto nel salone parrocchiale: sac. Antonino Bellavia.
Le notizie storiche sono state ricavate da:
Gaetano Nicastro, Il rione Rabato della città di Sutera, Estratto dalla Rivista <> Tip. Zammit 1925;e dagli scritti inediti di:
" Lucio Nicastro, Il Monastero di S. M. delle Grazie di Sutera, 1980;
" P. Basilio da Sutera (Cappuccino), Appunti storici su:Sutera - Il Convento ed i Cappuccini.
La ricerca di altre fonti è stata impresa poco fruttuosa, poiché i documenti del 1700, conservati presso gli archivi parrocchiali e/o di Stato, risultano rari e/o deteriorati e quindi illeggibili.
I Bellavia erano una delle famiglie più ricche e nobili di Sutera, il cui stemma si ricava dalla lapide che si trova nella Chiesa Madre di Sutera.
Il rione Rabato era un quartiere abitato da famiglie ricche e nobili, illustri e benemerite (Bellavia, Ciotta, ecc.). Ciò si deduce da atti pubblici, pii legati, lapidi, matrimoni, ecc.
A Sutera gli estratti di nascita, di matrimonio e di morte si cominciarono a registrare nel 1570, dopo il Concilio di Trento che ne fece obbligo a tutti i parroci. Molti atti, però, mancano per noncuranza nella conservazione degli stessi.
La Chiesa del SS. Crocifisso, convertita in casa di abitazione, era la dimora degli eredi di Bellavia Antonino fu Agatino, seniore, nella via Ruggiero del rione Rabato.
Tale casa fu poi posseduta dagli eredi di Giarrizzo Calogero e di Carruba Onofrio fu Pietro.
Nel 1630 il Principe Vincenzo Termini, per formare un nuovo comune nell'ex feudo Fabbrica, chiamò molta gente dei Comuni vicini per la costituzione dei capitoli che dovevano regolare la cessione della terra.
Da Sutera vi andarono molte persone, e fra esse, il dott. Don Pompeo Bellavia, il quale fu uno dei 14 firmatari dei capitoli.
Egli, dopo essersi costruita una decente e comoda palazzina, fece costruire altre case a proprie spese come provvisoria abitazione per i nuovi arrivati.
A lui però non piacque quella residenza e volle presto far ritorno alla sua patria natìa, dove morì il 21 febbraio 1660, lasciando numerosa prole.
Della medesima famiglia altri si recarono in quella terra, tra cui il ricchissimo D. Luigi Bellavia, il quale andò ad abitare presso il nuovo comune di Casteltermini (cioè il Castello di V° Termini) in una villetta ai Lucarelli, che fu l'istitutore del Beneficio della Chiesa che era contigua a detta villetta.
Il figlio di D. Diego Bellavia, D. Giuseppe (1625-1698) fu uno dei primi sacerdoti che da Sutera si recarono a Casteltermini. Poco dopo il 1650 un ramo di detta famiglia si stabilì nel rione Giardinello, fabbricandovi una casa alle falde del monte S. Paolino, nel quartiere Archi, nel punto dove poi sorse la <>, coperta dal materiale dell'antica miniera Lupo. La grotta era una stanza da cui scaturiva vento freddo in estate e caldo in inverno, e perciò era una stanza di sollazzo per i Bellavia.
Questa casa, alla morte degli ultimi Bellavia, D. Ignazio e D. Paolino (1730 1731) era riccamente addobbata di rara e preziosa mobilia, della quale, per loro disposizione testamentaria, le coltri di seta e le tendine dei finestroni furono legati alle chiese per servire da baldacchini, ombrelli ed altri corali.
Il ramo della famiglia rimasto al Rabato, Agostino e Antonino Bellavia fu Agostino, emigrarono in America, e rimase in paese solo il celibe Luigi.
Di detta famiglia molti si distinsero per benemerenza e per atti di pietà cristiana.
Vanno ricordati:
1) D. Girolamo Bellavia fu Diego e fu Ninfa Giovino, il quale con suo testamento del 19 novembre 1696 presso Not. D. Girolamo Petix istituiva erede universale l'altare di S. Carlo Borromeo della Chiesa Madre, compreso un legato di onze 7.26 per messe in suffragio della sua anima. Egli fu seppellito nella fossa della famiglia che si trova davanti l'altare del SS. Sacramento nella Chiesa Madre, dove si legge la seguente epigrafe: Qui giace D. Girolamo Bellavia, Abbate di Fiume Largo morto 8 dicembre 1696.(Il fiume Largo di Sicilia scorre sotto Morreale e sbocca vicino Ficarazzi).
2) Il sac. D. Antonino Bellavia, figlio di D. Gabriele, cioè nipote in linea diretta del Dott. in legge D. Pompeo Bellavia, morto in Sutera il 1 ottobre 1705 all'età di 42 anni, il quale con il suo testamento del 30 settembre 1705, legava alla Chiesa di S. Agata onze 4000, allo scopo di acquistarsene rendita, da servire in parte per una cappellania sacerdotale e in parte per un'altra corale, di cui dovevano usufruire annualmente dodici sacerdoti (onze sei ciascuno) e quattro chierici (onze due ciascuno), con l'obbligo di essere ogni giorno in questa chiesa per la recita del Santo Ufficio Divino nelle ore canoniche. Detto Bellavia istituiva eredi universali e fidecommissafri i suoi zii (fratelli del padre), i Rev. Sac. D. Paolino e D. Ignazio Bellavia, con il diritto di eliggere i 12 preti e i 4 chierici, per la recita dell'Ufficio in coro.
Alla morte di questi il diritto fu trasferito al sac. D. Paolo Castelli e D. Antonino Borghese, ed a seguire ai fratelli De Carlo.Il ritratto ad olio di questo benemerito uomo si trova nella sagrestia della Chiesa di S. Agata con la seguente iscrizione: Rev. Antonino Bellavia Borghese, di questa città di Sutera, di nascita illustre, più illustre per i costumi, sacerdote preclarissimo. Questa chiesa di S. Agata, nella quale avea arricchito la recitazione del Divino Officio, adornò munificentissimamente. Ricco di meriti, rese l'anima a Dio il 1° Ottobre 1705 nell'età di anni 42. L'immagine di tanto preclarissimo uomo amò di fare riprodurre l'Ill.mo D. Carmelo De-Carlo l'anno 1888.
3) I fratelli D. Paolino e D. Ignazio Bellavia, pur essi ricchissimi, edificarono a proprie spese, verso la fine del sec. XVII, la chiesa di M. SS. delle Grazie, a forma di Croce (oggi non più esistente).
Nel testamento olografo del 15 agosto 1726, i due pii fondatori stabiliscono: " Ordiniamo e comandiamo noi suddetti e infrascritti testatori, che …. in perpetuo dentro la chiesa M. SS. Delle Grazie di questa città di Sutera, a cui da noi, a gloria ed onore di sì potente avvocata, a nostre spese e di nostri denari, pochi anni scorsi fecimo edificare il Sacro Tempio che oggi si onora".
Come il monastero delle benedettine, anche questa chiesa venne gravemente danneggiata dai terremoti e dallo smottamento del suolo. Dall'atto del 24 dicembre 1745 presso il notaro Gian Luigi (o Carmelo?) Lo Presti di Palermo sappiamo che il sacerdote Don Paolino Schifano e sua sorella donna Anna, con il consenso del vescovo di Agrigento Mons. Della Pegna, fondarono un beneficio semplice nella chiesa della Madonna delle Grazie. Gli stessi pii benefattori, nella supplica al Vescovo di Agrigento di potere riparare la chiesa, dichiararono che i restauri avrebbero riguardato soltanto la chiesa e in nessun modo il contiguo monastero, perché essi intendevano soltanto provvedere ai bisogni spirituali della povera gente dei dintorni, che non poteva partecipare alla sacra liturgia nelle chiese cittadine perché era tanta la loro povertà da non potersi permettere vesti decenti per recarsi in paese. Il riferimento al monastero, che non si intende riparare, offre la spiegazione del suo abbandono da parte delle monache, le quali, aderendo alla proposta di Donna Isabella di Marco, si trasferirono in città. Ignoriamo l'anno esatto di tale trasferimento, ma lo si deve collocare qualche decennio prima del 1733.
I fratelli Bellavia avevano dotato la chiesa di tre messe al giorno e per ogni anno all'infinito, una delle quali in suffragio dell'anima della loro zia Rachela Spinacciolo. Il legato ammontò ad onze 308.278, somma che si ricavava dalle salme nove di terra dagli stessi acquistata dall'Ill.mo D. Pompeo Salamone con atto 7 gennaio 1697 e dalle salme di terra loro donate dalla zia Rachela.
In detta chiesa i fratelli Bellavia costruirono la loro tomba, la quale dopo la loro morte i procommissari sac. D. Giuseppe Scozzaro e il vicario D. Onofrio De Carlo, coprirono d'una lapide marmorea lavorata, dove spiccava lo stemma della loro famiglia. Tale lapide, abbandonata la chiesa, fu trasportata nella chiesa di S. Agata e posta vicino l'altare di M. SS. del Rosario, in località umida e nel passaggio tra la sacrestia e la chiesa.
Oggi essa è posta in uno stanzino attiguo al salone parrocchiale. In detta lastra è la seguente iscrizione: Qui riposano le ossa dei Rev.di D. Paolino e D. Ignazio Bellavia fratelli nobili suteresi, benefattori per molte opere Pie. Vicendevolmente e lungamente occuparono l'ufficio di procommissari della S. Crociata. Indi oppressi più dalle fatiche che dagli anni, morirono: il primo a 21 aprile 1730 dell'età di anni 93; il secondo a 19 Gennaro 1731 di anni 87.
Con il loro testamento i suddetti fratelli Bellavia legavano onze 170 alla cappella della Madonna dell'Itria, patrona della Sicilia, che si trova nella chiesa di S. Paolino, per decorarla di lavori di stucco. Nulla si fece di ciò.
Essi, inoltre, per fortificare la religione cristiana, fabbricarono sul monte S. Paolino il Conventino, ossia l'oratorio dei PP. Filippini, per farne un ritiro in onore di S. Filippo Neri, ed anche di S. Paolino.
Ordinarono ancora che la terra attigua al ritiro fosse piantata a vigna e le viti disposte a forma di croce. Dall'uva si doveva ricavare vino, solo stringendo gli acini con le mani dei Filippini (non pestandoli né stringendoli con il torchio!), da consacrare nelle messe celebrate nella Chiesa di S. Paolino.
Nel 1820 il ritiro venne rovinato, poiché, a seguito di un uragano che portò via le tegole della Chiesa di S. Agata, il popolo tolse quelle del convento e del carcere vicino la porta di ferro per coprire i tetti della detta chiesa.
Oggi, oltre alle menzionate lapidi e al ritratto, nelle chiese di Sutera si possono ancora ammirare le suppellettili argentee donate dai sacerdoti Bellavia, i quali hanno mostrato profondo distacco dai beni materiali e grande amore per la Chiesa e le chiese!
Carmelina Sanfilippo
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