Pagine di Storia
Montedoro e gli Americani


Don Giovanni Tulumello, attivo vicario curato di Montedoro così scriveva al vescovo il 23 febbraio 1901.
“ Le stremate condizioni finanziarie della mia famiglia non mi permettono più di occupare la carica di vicario curato di questo paese. Io stesso non so conoscere i molti e pesanti debiti di cui sono gravato; qui non ho mezzi valevoli a potermene esonerare, anzi di giorno in giorno mi si aggrava il peso, guadagnando in questa solamente lire 500(annue) unico mezzo di sussistenza della mia numerosa famiglia. Vedo continuamente pressarmi dai creditori, mentre vengono da ogni parte fallite le mie speranze e qualsiasi mezzo di scampo(…). Conviene quindi che io mi risolva a cercare altrove i mezzi di sussistenza (…) Rimanere ancora in questa è lo stesso che restare sopraffatto e conquiso dai miei crescenti debiti contratti e soccombere infine sotto le procedure dei miei creditori.”
Lo stesso motivo dell’ostilità da parte del municipio, giunto a livelli di insopportabilità, spingeva don Tulumello di Montedoro a chiedere di emigrare:con la sua partenza la parrocchia “si avrebbe in miglior maniera gli aiuti necessari da questo municipio, a cui la mia presenza per riflessi fazionali riesce di peso e di poca attrattiva.(lett.25.02.1901) Da Montedoro, comunque, a motivo del contrasto con la fazione che deteneva il potere municipale, dovette allontanarsi un altro sacerdote, don Angelo Lumia, che si stabilì a Palermo.
Nella medesima lettera il Tulumello aggiungeva che, emigrando, avrebbe potuto raggiungere quella maggiore disponibilità finanziaria che gli avrebbe permesso di far continuare gli studi nel seminario di Caltanissetta al fratello Calogero, già ventisettenne, il quale molto prometteva quanto a pietà e zelo pastorale. Di Fatto in seguito il fratello fu ordinato sacerdote e svolse un fecondo apostolato nel paese natale, morendo in fama di santità. E’ da rilevare che la somma di L.500 che il Tulumello dichiara di percepire annualmente per il suo ufficio di cura d’anime non era in quei tempi proprio da buttar via. Altri sacerdoti sia di Montedoro sia di altri paesi della diocesi sarebbero stati molto contenti di potervi tranquillamente contare. Ma evidentemente, il vicario di Montedoro, oltre che soddisfare i debiti di cui scriveva al vescovo, doveva fare i conti anche con la condizione “civile” della sua famiglia – tra le migliori del paese – che gli imponeva certi obblighi di decoro sociale per soddisfare i quali non sembrava disdicevole imbarcarsi per l’America. Il sole del Mezzogiorno del 9 gennaio 1903 nella corrispondenza da Montedoro riferisce che il giorno 4 si era organizzata una protesta contro “l’Atto irreligioso con cui il Consiglio comunale nel formulare il nuovo bilancio del 1903 riduceva l’assegna da lire 600 a lire 300 al cappellano sacramentale perché nativo in questa comune”
I contadini erano la categoria più tradizionalmente legata alla Chiesa, alle sue feste, ai suoi riti, più fedelmente attaccata al senso tradizionale della famiglia patriarcale, ed, infine, ancora tenacemente protesa verso la realizzazione del sogno del pezzetto di terra, da conquistare con la fatica del proprio lavoro, con l’esercizio tranquillo delle solide virtù contadine del risparmio e della laboriosità. Cassa Rurale di Montedoro – 7 giugno 1904 – soci n. 69 Situazione al 30 Settembre 1907: Lire 18.311,70 Primo Presidente e fondatore il vicario Don Giovanni Tulumello. Gli zolfatai, già abbastanza lontani dalla Chiesa come anche dalle abitudini di sobrietà e dai rigidi costumi familiari dei contadini, prestarono più facile ascolto alla propaganda violentemente protestatoria ed ugualitaria dei socialisti e accettarono di organizzarsi in forti leghe.
L’Aurora del 21 Luglio 1901 – si disse da alcuni che il sentimento religioso è vivo negli zolfatai, ma bisognerebbe fare delle distinzioni .Se per sentimento religioso si vuole indicare quell’estro che si sviluppa in loro quando si tratta di feste esteriori e lussuose, di procurare denari per razzi e bande e chiassi allora sì, ma se si vuole indicare quello che si dovrebbe intendere, cioè la pratica della vera religione, allora quale sconforto, quale disillusione. Mons. Intrecciatagli durante la sua prima visita pastorale nel 1908 a Sommatino, centro prevalentemente solfifero, trova bambini di 12 anni senza battesimo, numerose coppie unite senza matrimonio religioso, e, in genere, la popolazione distante ed avversa ai preti.
Un esempio del rafforzamento della consapevolezza d’appartenenza ecclesiale da parte degli emigrati, in connessione col fenomeno del rafforzamento dei vincoli dell’appartenenza paesana(non priva di effetti non sempre e non tutti positivi)di cui abbiamo già detto, può essere indicato nel particolare legame tra il circolo giovanile cattolico di Montedoro, fondato e animato da don Giovanni Rizzo, e la società di mutuo soccorso”Montedoro” di Pittston negli Stati Uniti, presieduta dall’emigrato Santo Volpe. Il Diario del circolo(conservato nell’archivio della chiesa madre di Montedoro) alla data 23.12.1919 attesta che dalla società di Pittston sono pervenute L.300 e “spediranno pure due foot-ball, il drappo per la bandiera e 200 matassine di seta”. Quando il 23 maggio dell’anno seguente Santo Volpe visita il circolo è festa grande:”Questa sera il circolo è in festa. Si ha la gradita visita del socio d’onore sig.Santo Volpe, presidente della società di mutuo soccorso”Montedoro” di Pittston-Pa, che beneficò il circolo…..Gli vengono offerti fiori e liquori ed è salutato da fragorosi applausi e da un affettuoso e alato discorso del nostro presidente cav. Sebastiano Piccillo. Si fa un brindisi alla salute del circolo e della società Montedoro di cui il sig.Volpe ci ha regalato una magnifica fotografia….viene accompagnato da tutti in casa e salutato da nutriti applausi”. Alcuni circoli svolgevano anche attività mediante le conferenze di San Vincenzo de’ Paoli, con “soccorso ai poveri a domicilio” e in qualche caso – come il circolo S. Vito di Montedoro – si ricorse ad un appello “ ai nostri compaesani che risiedono nelle Americhe” per aiuti specie per il “crudo inverno così micidiale per i poveri”
Il 13 maggio 1926 il presidente del circolo, Michele Serpe, scriveva al Corsanego che la S. Vincenzo aveva avuto un “insperato successo”, dando “maggiore vitalità” al circolo, le cui “file si sono accresciute”. Si veda il Programma a stampa della Federazione diocesana, Montedoro 18 gennaio 1926, Il corso doveva comprendere minimo 32 lezioni ed era suddiviso in Corso inferiore per gli aspiranti e Corso superiore per i soci attivi; si sarebbe seguito un sistema ciclico per le tre parti della dottrina cristiana, con esami, gare finali,ecc.
Il Rizzo propose anche, in altre occasioni, un operaio e un contadino per cariche direttive:Addirittura propose un contadino a presidente diocesano, Michele Serpe. Questo giovane – scriveva il Rizzo a Tardini – è molto ben formato, parla e scrive con convinzione e con fede da apostolo, conosce esattamente tutto il movimento dell’ Azione cattolica, è assiduo lettore della nostra stampa e scrive spesso, quasi settimanalmente, su Primavera siciliana articoli ben fatti.
Lettera del Rizzo a mons. Tardini, 8 gennaio 1927. analoghe richieste saranno ripetute altre volte; per es. il 21 marzo del 1928 il Rizzo scrive a don Ettore di venire a tenere gli esami a Caltanissetta”non più tardi della seconda settimana di maggio, perché oltre tale tempo i giovani saranno occupati nei lavori campestri; in secondo luogo ti prego di mettere a disposizione della nostra federazione tra gli altri un giorno di domenica come ci ha promesso Mons. Tardini a Palermo.
Nella lettera dell’ 8 gennaio 1927 il Rizzo per la presidenza diocesana proponeva, in via subordinata, Michele Serpe ma pensava che ci sarebbero state difficoltà pratiche; proponeva che il vice presidente della federazione, un ingegnere, ma anche in questo caso si trattava di una candidatura difficoltosa poiché questo giovane risiedeva a San Cataldo e non a Caltanissetta(Luigi Di Forti?) Il circolo S. Vito fondato nel giugno del 1919 da Don Giovanni Rizzo tra gli scopi indicati nello statuto ha: formazione di coscienza delle funzioni sociali del Cristianesimo. A Montedoro, per alcuni anni, il Rizzo tenne la Presidenza della federazione diocesana di Gioventù Cattolica. Don Giovannino Rizzo dal 16 settembre del 1921 al 1930 Presidente della Federazione diocesana con assistente il canonico Michele Natale.
Circolo giovanile di Caltanissetta Silvio Pellico con assistente, negli anni trenta, di don Giovanni Magrì e poi anche don Salvatore Piccillo.
La G.F. cercò di raggiungere tutte le giovani. Per questo in città organizzò le studentesse, delle quali per un po’ di tempo si occupò il sac.prof. Salvatore Piccillo, e le lavoratrici: Lo scopo era la formazione integrale delle giovani.
Lettera del Vescovo del 18.9.1944 -
Jacono ad un invito di Togliatti, che auspicava concordia e denunciava un anticomunismo viscerale dell’arciprete di Sommatino, ribadiva le prospettive essenzialmente religiose dei programmi di quel sacerdote, che stavano “al di sopra e al di fuori di ogni aggregato o movimento politico” e con fermezza definiva “pastorale dovere” l’opera di don Salvo, manifestando”profondo e paterno dolore” per “i reiterati attacchi ed insulti” che i comunisti di quel centro”si sono permessi di rivolgere ai ministri del culto e alla Santa Religione”.
Il Prefetto di Caltanissetta, Zingale, in una nota riservata al ministro degli interni, rileva che don Alessandro Salvo era “inviso a gran parte della popolazione” in quanto “ha svolto vera e propria propaganda politica” Dalla pagina 37- il sac. Piccillo riceve l’incarico dal vescovo mons. Jacono di accompagnare un ufficiale inglese, che vuol fare un giro per la provincia per constatare lo stato di necessità della popolazione. Le autorità alleate riponevano molta fiducia nella Chiesa. Il sac Piccillo nativo di Montedoro e molto amico di Calogero Volpe lo invita ad accompagnarsi a lui per meglio illustrare la necessità sanitaria dei paesi. A Villalba Volpe rivede il cav. Vizzini insediato dagli americani sindaco del paese: il suo vice era il geometra Michele Pantaleone, divenuto mafiologo negli anni cinquanta. Quando Volpe venne a Villalba col sac. Piccillo in effetti Vizzini fungeva da Sindaco (pagina 66 C. Volpe) Democrazia Cristiana sostenuta dai sacerdoti Vizzini e dal loro nipote Beniamino Farina in contrapposizione a Don Calò che, nel frattempo, era divenuto liberale in omaggio al suo legale avv. Girolamo Bellavista che nel 1948 fu candidato alle elezioni nazionali per quel partito.
Nel congresso presieduto dall’on. Enrico Medi Segretario Regionale, nel 1947, Volpe viene eletto segretario provinciale della DC con vicesegretario il prof. Francesco Pignatone.In tutti i paesi vengono create le cooperative bianche per un totale di sedici. Il padre di Volpe cede le terre di Crocevia di circa 600 ettari alla cooperativa San Giuseppe di Montedoro.
Nel 1947 si vota per l’assemblea siciliana e don Calò appoggiò la lista dell’Uomo qualunque della quale faceva parte un cugino l’on. Cipolla di Villalba.


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