Don Giuseppe Carruba, 60 anni di sacerdozio al servizio della comunità suterese
Alcuni tratti peculiari relativi alla sua formazione e vocazione sacerdotale.
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Nasce a Palermo il 04 febbraio 1927, all’anagrafe il 06, figlio di due genitori retti e laboriosi: il padre Lorenzo lo educa fin dall’infanzia ad una vita improntata all’onestà e alla laboriosità, attraverso l’esempio personale; la mamma, per noi tutti la signora Onofria, lo ha sempre esortato alla vita religiosa e gli ha dato i primi rudimenti della dottrina cristiana. L’infanzia la trascorre assieme alla sorella Peppuccia al Rabato, dove comincia a conoscere e apprezzare la vita sacerdotale testimoniata dai tanti sacerdoti allora presenti.
Serve la Santa Messa come chierichetto pur se manifesta in modo esuberante il proprio carattere vivace ed estroverso. Anche grazie all’interessamento del sacerdote Don Gerlando Carruba che lo invoglia, decide di andare in seminario a Caltanissetta all’età di 12 anni, nel 1939, dove si formerà culturalmente e religiosamente. Assieme a lui altri otto giovani di Sutera entrano in seminario, tra di essi anche Antonino Scibetta e Salvatore Modica. E tra tutti forse quello su cui si poteva scommettere di meno per la riuscita come sacerdote era proprio lui. Invece molti lasciano gli studi e rimasto solo viene messo alla prova dall’allora rettore Mons. Rizzo il quale lo manda a casa al pari dei suoi compaesani. In un primo tempo sembra che i suoi progetti si siano infranti e che per lui si siano chiuse per sempre le porte del seminario.
Chiede dunque consiglio al suo confessore e a Mons. Monella il quale lo invita a provare a mandare una cartolina di auguri per le prossime festività pasquali al rettore, e attenderne una risposta. Questa non arriva, segno di cattivo presagio. Poi in modo deciso si ripresenta in seminario e lì viene accolto con un abbraccio dal rettore che felice lo nomina subito vice prefetto della camerata di giovani seminaristi in modo tale da costringerlo a badare all’ordine e alla disciplina di coloro che gli sono stati affidati.
Nonostante la giovane età, 23 anni e mezzo, sta per essere ordinato sacerdote, ma proprio perchè non ha compiuto l’età minima di 24 anni non può esserlo ancora. Occorre la dispensa da parte della Santa Sede, che debitamente richiesta viene ottenuta in tempo per il giorno 29.06.1950, anno giubilare, in cui viene ordinato sacerdote nella Cattedrale di Caltanissetta da mons. Giovanni Jacono. Come suo primo incarico viene destinato a Sutera come Vicario Cooperatore presso la Chiesa Madre dove era parroco e Arciprete Don Salvatore Scibetta, e quando questi col passare degli anni si dimette per l’età e la salute cagionevole, lo sostituisce essendo nominato il 05.03.1972 parroco Arciprete della Parrocchia Maria SS.ma Assunta da Mons. Francesco Monaco.
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In tutti questi anni si è dedicato alla educazione e formazione dei giovani. Si è interessato del mantenimento in efficienza e della ristrutturazione delle chiese a lui affidate. Tutte hanno subito notevoli e ripetuti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. E se ancora oggi possiamo fruirne lo dobbiamo al suo interessamento al quale va dato merito tanto più che in quegli anni non era cosa usuale pensare al decoro e al mantenimento del patrimonio edilizio della chiesa.
Ha rivestito cariche di responsabilità: è stato presidente del patronato scolastico, membro dell’ECA,
Vicario Collaboratore del preside della scuola media statale di Sutera dove ha insegnato religione dal 1960 fino alla fine degli anni 80.
Ha collaborato con riviste e periodici con articoli di carattere storico. Ha dato alle stampe tre libretti sulla Città di Sutera e i suoi compatroni, sulle opere d’arte delle chiese di Sutera e sulle feste e tradizioni di Sutera.
Si è reso sempre disponibile ai vari studiosi che lo hanno richiesto, aprendo gli archivi della chiesa
Madre e permettendo la valorizzazione dei tesori storico artistici che essa conserva.
Ha anche affrontato periodi difficili: il dopoguerra e la difficoltà della società nel superare la miseria e l’arretratezza economica, le contestazioni degli anni Settanta, in cui si fece maggiormente sentire il secolarismo e l’allontanamento dalle tradizioni e dalla pietà popolare, che oggi grazie a Dio sembrano essere riscoperte e valorizzate, e infine gli anni a noi più recenti caratterizzati dal continuo calo demografico, dall’invecchiamento della popolazione e dunque dal dilagare del terribile male della solitudine.
Ha anche sofferto personalmente soprattutto per il venir meno in poco tempo dei familiari più cari. Oggi è circondato dall’affetto del cognato e dei nipoti, in particolare è accompagnato dal nipote Calogero che con premura si dedica alla sua cura, e dall’affetto di tutti i paesani e amici.
Il raggiungimento di questo traguardo inusuale è anche tempo idoneo per fare un bilancio di quanto si è operato e vissuto in un così lungo lasso di tempo.
E volendo fare un resoconto seppur sommario, e dall’esterno, cioè dal nostro punto di vista, di
parrocchiani, fedeli, collaboratori e amici, della sua vita sacerdotale si può senza dubbio affermare che il risultato è doppiamente positivo: lo è dal punto di vista sociale ma soprattutto spirituale.
Del primo possiamo sicuramente affermare che ne hanno determinato il segno e la consistenza: il
continuo prodigarsi per la sua comunità parrocchiale e per l’intero paese di Sutera, l’interessamento per la ristrutturazione delle numerose chiese che in questi anni grazie al suo interessamento hanno resistito ai danni causati dal tempo e dalle avversità naturali.
Appena nominato arciprete dovette interessarsi del rifacimento del tetto e della volta centrale della
Matrice, che crollò di notte interamente nel 1974. Dovette interessarsi della sistemazione della Chiesa di Santa Maria di Gesù meglio nota come dei Cappuccini o di San Francesco. Si occupò dei lavori della chiesa del Carmine, sia quelli degli anni Settanta che di quelli più recenti.
Si è sempre mostrato disponibile e collaborativo per la riuscita del Museo degli ori e argenti e arte sacra da creare nell’ex convento del Carmine. Ed infine, ma non per ultimo ha promosso, i lavori per la strada e il santuario di San Paolino di cui è stato l’ultimo rettore parrocchiale, essendo stata poi la rettoria elevata a rango di Santuario Diocesano.
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Se gran parte del patrimonio artistico e materiale delle chiese di Sutera ci è pervenuto intatto e restaurato, lo dobbiamo alla sua premura nel curare e preservare gelosamente quanto di storico e artistico ci proviene dalle generazioni passate avendo l’accortezza di considerare degne di cura non solo gli ori e gli argenti che hanno un evidente valore intrinseco ma anche i paramenti e le suppellettili di materiale meno nobile che al pari recano un carico insostituibile di significato storico e identitario per il nostro paese.
Dal punto di vista spirituale è stato e continua ancora oggi ad essere un educatore infaticabile sia con la predicazione che con l’esempio. Se le sue prediche hanno la caratteristica della brevità nel contempo non lasciano mai l’uditorio apatico o indifferente, essendovi sempre un accenno o una parola che colpisce direttamente l’ascoltatore. E anche ora che le sue capacità oratorie vengono un po’ meno ci è di esempio con il suo infaticabile e imperterrito attaccamento al dovere, al suo amore per la parrocchia e diremmo anche al suo soffrire e preoccuparsi per le sorti della stessa che vede proiettata ormai verso un inesorabile ridimensionamento nelle messe e nei servizi assicurati dal clero.
Egli è stato e continua ad essere per molti di noi il confessore e il direttore spirituale. Attraverso il
sacramento della riconciliazione ha dato ad ognuno di noi i consigli e le indicazioni per una vita santa e timorata di Dio. Ci ha sostenuto e incoraggiato nelle nostre debolezze e ci ha sempre spronato a mettere a frutto i nostri talenti non tanto per la nostra soddisfazione ma soprattutto per la maggior gloria di Dio.
E’ stato per tutti questi anni il padre spirituale della confraternita del SS.mo Sacramento sotto il Titolo di Sant’Isidoro, l’agricoltore di cui mi onoro di essere il Superiore, e colgo qui l’occasione per dire un grazie di cuore a nome di tutti i confrati per la cura spirituale e il sostegno anche finanziario e che ha rivolto verso la nostra compagnia senza i quali molto difficilmente si sarebbe mantenuta ancora in vita e funzionante.
Al pari della nostra egli ha saputo mantenere in vita e far crescere altre associazioni e gruppi di preghiera presenti in parrocchia: l’Apostolato della Preghiera, L’Associazione del Rosario Perpetuo, la devozione allo scapolare della Madonna del Carmine e di quello dell’Addolorata che ultimanente ha visto un rinnovamento e un incremento di numero anche grazie al suo sostegno. Ed infine ma non per minore importanza, è doveroso ricordare il suo decisivo e discreto apporto per la creazione in seno alla Chiesa Madre dell’Associazione Kamicos di cui egli si può definire il promotore e sostenitore esterno.
Pur ammnistrando anche ingenti patrimoni ha sempre condotto una vita modesta e umile. Non si può dire che abbia cercato gli onori e le vanità anche lecite. A questo ha sempre preferito la compagnia e la condivisione, lo stare assieme con i suoi parrocchiani. E questo è stato di grande insegnamento per noi.
Innumerevoli sarebbero gli esempi e gli aneddoti da raccontare, ma qui non ne abbiamo il tempo. Del resto in questi anni ognuno di noi conserva di padre Carruba un episodio o un avvenimento caro che ne fanno risaltare il suo carattere particolare, deciso e allegro. Egli non si può dire che sia un tipo dimesso o bonaccione nel senso della faciloneria. Ha sempre mantenuto un carattere schietto e leale. Un tipo deciso e pronto a impegnarsi per il raggiungimento delle sue mete. Dalla battuta pronta e a volte pungente. Ha sempre trattato equamente tutti anche coloro che rivestivano alte cariche di cui per inciso poco si preoccupava. Del resto egli nel suo ministero non ha mai avuto preferenze o particolarità. Non si è mai lasciato affascinare dal potere o dall’autorità del suo interlocutore, trattando nello stesso modo il presidente di qualche autorevole istituzione e il semplice contadino.
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Ha con puntualità amministrato i sacramenti e in particolare ha sempre celebrato la Santa Messa con puntualità e precisione; da un veloce calcolo, in questi anni ne ha sicuramente celebrate più di 26.000 e sempre si è reso disponibile ad intervenire di notte e di giorno in caso di necessità e per l’intero anno. Difficile ricordarlo in vacanza.
A prima vista, chi non lo conosce, lo potrebbe giudicare dal carattere burbero ma in realtà questa sua maschera nasconde una sua pudica bontà di fondo. Tipica la sua risposta negativa o dissuasiva (“ ah, ca ta fari!”) ad ogni proposta che si avanzava, salvo poi a cose fatte complimentarsi per la buona riuscita della stessa e alla sua scusante nel dire che lo aveva fatto per motivarci maggiormente e nell’invogliarci a credere di più in quello che facciamo.
Ultimamente ci ha confidato di essere più incline al pianto quando si commuove e questo lo ha in un certo senso stupito e disturbato volendo egli dare di sé un’immagine di uomo fermo e deciso e poco sensibile.
Del resto ognuno di noi lo conosce e lui ci conosce bene perché ci ha visto nascere e crescere tutti, o quasi. E’ stato quel componente della nostra famiglia nascosto e discreto ma sempre presente nei
momenti più importanti sia felici che dolorosi.
E’ questo a mio avviso il ruolo del sacerdote che è investito dell’incarico di una parrocchia, quello cioè di non essere soltanto un ministro, ma un dono per i suoi parrocchiani. Il ruolo del parroco oggi mi sembra si stia evolvendo verso una professionalizzazione che ne riduce il contenuto al rango di un mestiere come tanti altri. Noi che grazie al suo esempio, abbiamo fatto esperienza del servizio di parroco come totale dono di sé per adempiere alla missione apostolica a favore delle anime a lui affidategli, cogliamo questa occasione che si colloca proprio al termine dell’anno sacerdotale indetto dal papa S.S. Benedetto XVI, per ringraziare il Signore per averci dato in lui un esempio di autentica vita sacerdotale.
Dopo questa breve riflessione che non voleva essere adulatoria ma solo un affettuoso e doveroso attestato di riconoscenza e stima vogliamo dire a padre Carruba un semplice ma sentito Grazie.
Grazie per tutti questi anni spesi per noi. Essendo stato costituito, egli - come si legge nella lettera agli Ebrei – “ per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio”.
Grazie per la Parola di Dio che ha annunciato con entusiasmo e coraggio.
Grazie per il bene che ha seminato.
Grazie per quello che ha fatto ma soprattutto per quello che ancora continuerà a fare come sacerdote e rappresentante di Cristo tra noi.
Dott. Calogero Diprima
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