Semi di senape
Gemiti ineffabili


Nella Lettera ai Romani si trova un passo di assai difficile interpretazione: Rm 8, 26-28. Qui si dice che è lo Spirito ad intercedere per i fedeli; dai cuori dei credenti si elevano a Dio «gemiti ineffabili». Alla luce di tali gemiti dell’umanità proviamo a valutare la devastante cronaca nera televisiva di questi mesi, legata all’omicidio di Sara Scazzi, ad Avetrana.
Le difficoltà di Rm 8, 26-28 sono tali che perfino il cardinale Martini, biblista di fama, riconosceva di non aver trovato
sufficiente spiegazione né sulle pagine degli scrittori cristiani antichi, né presso esegeti contemporanei.
Prendiamo dal vocabolario medico un termine che ci può aiutare; «la ferita geme», dice un medico, quando nel corpo, un taglio lascia un organo sul punto di versare sangue; potremmo dire che lo Spirito di Dio geme in noi, come una ferita aperta: se una ferita geme sangue, Cristo Gesù geme lo Spirito. È lo Spirito, effuso nei credenti, che geme e intercede; perciò ci aiuta la preghiera dei santi. In questa linea sant’Agostino commentava il passo paolino nella Lettera a Proba.
La creazione geme e soffre per ogni taglio profondo inferto all’umanità, in modo simile al travaglio di una donna che dà alla luce un bambino. Il gemito divino comporta lamento e consolazione, sofferenza indicibile e propiziazione inenarrabile. Gesù, in vista della gioia che gli era posta innanzi, accettò la croce e non tenne conto della vergogna che comportava (cf. Lettera agli Ebrei, 12, 1-2). Si deve all’esegeta tedesco Heinrich Schlier aver suggerito per primo che la gloria divina si manifesta con gemiti di tutta la creazione; è questa la spiegazione accolta e diffusa dal cardinale Martini.
Di certo a partire dal mistero del Natale si contempla il travaglio cosmico; in molti il mistero del bambino Gesù nato da Maria Vergine suscita sincera commozione e talvolta ci immaginiamo ai piedi della grotta di Betlemme, simili ai pastori pronti ad ascoltare gemiti e vagiti di Gesù bambino; questa devozione rimane oleografica, se non è collegata al mistero dell’Epifania e del Battesimo nel Giordano. È qui, come lasciano trasparire i testi della liturgia cristiana, che si estende la visione del Mistero: Dio rinnova l’umanità nelle acque di purificazione e si rivela ai popoli in quegli elementi di natura (oro, incenso e mirra) che comportano sofferenza e consolazione, insieme. Infine la festa della Presentazione di Gesù al Tempio (dal popolo chiamata «Candelora», al 2 di febbraio) include nella pietà popolare un rito di purificazione della puerpera, sull’esempio della Madonna che presenta il Bambino Gesù. Nel Libro dei Giudici (2,18b) si legge che Dio, vedendo il popolo ebreo oppresso da nemici, si lasciava commuovere dai loro gemiti. In Gesù che ha sofferto per il suo popolo la supplica dolente diviene preghiera di impetrazione, suscita perdono, propizia riconciliazione. Quanto a gemere, noi siamo autorevoli solo dicendo: «sul volto di Dio risplenda la giustizia, sulle facce degli uomini spunti la vergogna».
È vero che il Verbo incarnato si è reso simile a noi in tutto, fuorché nel peccato; Egli si è reso vulnerabile, ed ha perciò piena comprensione della debolezza umana; nella Scrittura troviamo come sinonimi i termini «peccatori» e «deboli», anzi dacché siamo vulnerabili diventiamo spesso peccatori: «mentre eravamo peccatori (asthenès) Cristo morì per gli empi…» (Rm 5,6).


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