Seme di senape
Magia, sterminio e gelosia


Passati i sollazzi e le magie del carnevale, il tempo della quaresima invita a sradicare ogni comportamento superstizioso, ogni simpatia verso la magia nera, ogni traccia di invidia e gelosia. Nella Bibbia troviamo una vicenda illuminante, in tal senso.
Al tempo del profeta Samuele non tutti in Israele gradivano la monarchia; c’erano forze sociali in contrasto con quanti desideravano un re. Alcuni centri di culto, come i santuari
di Rama, Mizpa e Gàlgala, favorivano la teocrazia personificata da Saul, della tribù di Beniamino; altri gruppi, in fase di non belligeranza, preferivano l’organizzazione policentrica tribale. Questa è la proposta del biblista André Wenin (Samuel et l’instauration de la monarchie, 1988); è una spiegazione conosciuta pure come «soluzione strutturale». Questo è di premessa per capire i capitoli 8 e 16 del primo Libro di Samuele; è un libro della Bibbia in cui si trovano tante pagine oscure di senso. Nella vita del re Saul c’è un episodio in cui il re israelita consulta la maga di Endor. Il profeta Samuele, pur avendo scelto come re Saul, alla fine rompe con Saul, ed unge re, quasi di nascosto, il giovane Davide. Samuele si trovò a favorire, suo malgrado, la transizione politica verso la monarchia, almeno nella fase del suo consolidamento. Fu un’opera che riuscì sofferta, nel breve termine; efficace e lungimirante, nel lungo termine. Anche i figli abbandonarono Samuele che fu costretto a uscire dalla scena civile e religiosa d’Israele.
Samuele, profeta religioso e civile, andò via senza ricevere riconoscimenti. Saul s’era rivelato un uomo diffidente e collerico; egli teneva una leadership autoritaria, istintiva e rozza; sino alla fine mantenne una sinistra connivenza con la stregoneria e l’idolatria. In Davide invece Samuele intravide una via di purificazione per Israele. Saul consultò la negromante (1 Sam 28, 7-25); lentamente nella sua vita aveva lasciato entrare la gelosia e l’idolatria. Una volta venuto a capo del suo popolo, Saul si era molto inorgoglito; s’era chiuso nella sua fierezza e s’era ostinato nella sua idea di grandezza. Era diventato molto suscettibile; sospettava che gli altri complottassero contro di lui; era geloso dell’amicizia tra il figlio Giònata e il promettente stratega Davide; non aveva più un contatto autentico con la realtà e dissimulava nei giudizi; nutriva istinti aggressivi e sensi di vendetta: era diventato paranoico. Saul non aveva tagliato via i rapporti con la magia nera e, messosi al posto di Dio, teneva una leadership autoritaria. Sul piano militare era necessaria una guida forte, impegnata in una dedizione totale; ma, fatta eccezione per i tempi di contrasto con i popoli pagani viciniori, Israele viveva bene in un sistema policentrico tribale; e i santuari rappresentavano un punto di coesione. Il dolore del profeta si trova espresso al cap. 15 del primo Libro di Samuele; vi si narrano episodi di sterminio e di pratiche magiche. Tali episodi sono letti nella storia biblica come una giusta punizione per Israele; in altre parole, dacché il popolo non si era mantenuto fedele e puro in un culto riservato solo a Dio, lo sterminio era permesso da Dio a danno d’Israele. Come Israele votava allo sterminio tutto ciò che conquistava del nemico, così ogni israelita non doveva trattenere per sé nulla che si anteponesse a Dio. Solo in rapporto alla volontà divina può esistere una gelosia totale; anzi, Dio stesso nutre una «santa gelosia».
«Da un lato (la gelosia divina) si dirige contro coloro che compiono il male, per visitarli e giudicarli… dall’altro si dirige verso i giusti, per dimostrare loro la sua misericordia» (Hans-Christoph Hahn). Dio diventa geloso del culto idolatrico concesso dagli israeliti a divinità pagane e perciò abbandona il popolo eletto a sventure economiche e sconfitte militari. Dal cap. 17 al cap. 21 del Libro dei Giudici troviamo pagine tra le più raccapriccianti della Bibbia; si raccontano massacri terribili e delitti nefandi. Votare ogni cosa allo sterminio, quando viene conquistata una città e un popolo avversario, è avvertito come un comandamento divino per non contaminarsi in nulla e di nulla che sia straniero. Per tutte queste ragioni Samuele, pur rimettendo il suo destino ad una fine ingloriosa, leva la voce in favore di Davide e gli ricorda come essere fedele a Dio.
Concludiamo con un passo del Nuovo Testamento; tra gli esegeti è noto un passo del vangelo di Giovanni, che rende bene l’idea di come l’azione del Demonio possa influenzare un’anima: Gv 13,2. Vi si legge che il diavolo aveva messo in cuore a Giuda di tradire Gesù. Ma esiste una tradizione testuale più antica (basata sui Codici Sinaitico e Vaticano, e la stessa Volgata) che riporta «avendo il diavolo messo nel cuore», nel proprio “cuore”, «che lo tradisse Giuda…». È come dire, seguendo la mentalità semitica, che Satana macchinava nel suo “cuore” affinché Giuda Iscariota si sentisse ispirato a tradire Gesù. Questo è proprio la molla che fa scattare gelosia, inganno e omicidio.

Sac. Salvatore Falzone


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