Seme di senape
Se il Vescovo di Roma succeda pure all’apostolo Paolo
Come ogni anno, il 25 gennaio ricorre la festa della conversione di san Paolo e il 22 febbraio la festa della Cattedra di Pietro. Qualcuno ha scritto: «Il Vescovo di Roma in quanto successore dell’apostolo Pietro esprime l’unità della Chiesa di Gerusalemme così come risulta strutturata nei primi otto capitoli degli Atti, mentre in quanto successore di Paolo esprime l’unità delle Chiese paoline che vivono riconciliate con quella di Gerusalemme».
La Chiesa di Gerusalemme, presieduta dall’apostolo Giacomo, è stata la sede dove, grazie al ministero di Pietro, i contrasti fra etnici cristiani e giudei cristiani sono stati sanati (Atti degli apostoli 15). Pietro, Giacomo e Giovanni, sin dal tempo in cui Gesù era con loro, sono stati punti di riferimento. Non per questo possiamo dire che esista una Chiesa paolina, una Chiesa giacobita, una Chiesa giovannea, una Chiesa petrina, una Chiesa mariana… esiste solo la Chiesa di Gesù Cristo!
Nel cristianesimo antico Roma diventa la sede verso cui tutte le Chiese si orientano e si regolano; il motivo è che Pietro e Paolo sono morti come martiri nella capitale dell’ecumene imperiale. Ignazio di Antiochia, nell’indirizzo d’apertura della Lettera ai Romani, della Chiesa di Roma dice pure «che presiede nella carità»; essa gode di una certa preminenza rispetto alle altre Chiese. Non si tratta di certo del primato del Papa sulla Chiesa universale; il primato giurisdizionale sarà definito per la prima volta al Concilio di Firenze (1438-39) che dà il via all’unione con i greci, gli armeni e i giacobiti. Di certo, è un segnale rilevante che nelle sue Lettere Ignazio, sostenitore di un episcopato monarchico, riconosca un certo qual primato di carità e comunione alla sede di Roma.
La Chiesa di Roma, che non è la più antica, è divenuta il centro della cattolicità; questa preminenza le è stata riconosciuta da altre sedi antiche. San Pietro è stato in missione in varie città, ma una sola diventa la sede petrina, al nascere della quale non è estraneo il martirio di san Paolo apostolo. In senso giuridico, Paolo era finanche civis romanus, al contrario di Pietro!
Poniamo che in una parrocchia dove c’è stato un cappellano specifico per aggregazioni cattoliche carismatiche, subentri poi un solo sacerdote parroco con il compito di provvedere pure a tali aggregazioni; il neoparroco non è successore del cappellano trasferito in altra sede. Egli provvederà anche ai gruppi ecclesiali carismatici, in quanto è il responsabile in capo dell’intera parrocchia.
Ora, mutatis mutandis, sarebbe un errore pensare che la potentior principalitas, che in Roma svolge il Vescovo successore di Pietro, sia in qualche modo condizionata dal carisma delle Chiese paoline; o sostenere che il carisma petrino sia tale perché la sede apostolica è illuminata dal carisma paolino. Come pure è erroneo che esista una unità delle Chiese a prescindere dalla unità della Chiesa, voluta da Cristo.
Della Catholica è testimone e garante, servo e capo, Pietro e i suoi successori. «Senza comunione con Roma non si può essere nella Catholica» (J. Ratzinger). Nei paesi di lingua tedesca, i teologi della Riforma, sulla scorta della Lettera di san Paolo ai Romani (in specie dei vv. 10,14-17), hanno preso come criterio dell’apostolicità della Chiesa l’annunzio della Parola; i teologi cattolici hanno confermato come criterio apostolico la successione.
Dal mondo anglicano proviene la vicenda di J.H. Newman, da alcuni mesi beatificato. Questo ministro anglicano, professore di Oxford, si era addentrato nell’esame delle controversie teologiche del V secolo; attraverso l’approccio alle fonti storiche e patristiche giunse alla conclusione che solo la sede apostolica petrina portava con sé le caratteristiche della Catholica. Nella Apologia pro vita sua Newman dice che Roma è la madre del cristianesimo inglese. Egli si richiama a 2 Cor 10,8 e 13,10 dove san Paolo fa appello alla sua autorità apostolica e considera questo potere dato a lui per l’edificazione della Chiesa, e non per la distruzione. La prima Lettera di Paolo ai Corinzi basterebbe da sola ad argomentare in favore della Chiesa una e santa, apostolica e ortodossa.
C’è un teologo elvetico che ha colto queste cose con assai migliore pregnanza di termini e di concetti. H.U. von Balthasar sosteneva che il principio giovanneo dell’amore deve sempre animare la vita apostolica che deriva dal principio petrino. Il carisma giovanneo è chiamato a impedire che il ministero petrino decada completamente dalla forma ecclesiale della santità mariana. Per quanto il ministero gerarchico (cattolico e non) sia carente e colpevole, la Chiesa dell’amore non finisce mai; e neppure Maria sfugge all’unità apostolica petrina.
Concludendo, diciamo: come il carisma di Giovanni acquista il suo ruolo in relazione a Pietro, così il carisma paolino trova posto nella sede petrina.
Sac. Salvatore Falzone
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