Seme di senape
Giacobbe preferito ad Esaù
Il tempo della quaresima è un invito al digiuno e alla penitenza; si potrebbe dire che la Pasqua comporta di rinunciare ad un gustoso piatto di lenticchie che soddisfi subito i nostri appetiti, per preferirvi la fiera gioia di essere fratelli in Gesù risorto. Nel Cristo Gesù, Figlio di Dio e Primogenito di Dio Padre, gli uomini hanno guadagnato la condizione di figli di Dio.
Ora c’è nell’Antico Testamento un episodio in cui Giacobbe, complice la madre, con astuzia sottrae al fratello Esaù la benedizione di primogenito (Gen 25,19-34). Nel Nuovo Testamento parole di biasimo cadono su Esaù che in cambio di una squisita pietanza aveva ceduto la primogenitura ch’egli stesso disprezzava. L’episodio dei due fratelli gemelli, figli di Rebecca, è emblematico del rapporto fra antico e nuovo Israele; o se vogliamo, fra ebraismo e cristianesimo.
Nel profeta Malachia (1, 2-3a) si legge l’oracolo «ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù»; nella Lettera ai Romani (9, 12-13) si trova confermata tale profezia. Nel brano di Rm 9, 6-13 Paolo scrive ai giudei emigrati a Roma, venuti a conoscenza del primo annunzio cristiano; per loro afferma che la Parola di Dio non è venuta meno. L’Apostolo conferma che Israele è il popolo prediletto da Dio; eletto, non per le opere, ma per pura grazia di Dio.
Nella Lettera ai Romani, al cap. 11, l’apostolo Paolo illustra come l’annunzio cristiano venga ad innestarsi sul tronco dell’ebraismo; egli parla del nuovo Israele come di un olivo buono, ora innestato, in grado di portare frutti.
I verbi «odiare» e «disprezzare» nella Bibbia equivalgono ad «amare di meno», a «non preferire», a «disistimare». Il senso della gioia pasquale può essere questo: superare le liti tra fratelli e sorelle, imparare a stimare di più il prossimo, abnegare se stessi per far progredire un coetaneo.
La promessa di Gesù Cristo rimane valida; egli è l’unico pastore per un solo gregge. La Chiesa cattolica da tempo si interroga sulle sue origini dall’ebraismo e condanna ogni insegnamento antisemitico. «Chiesa ed ebraismo non possono essere presentate dunque come due vie parallele di salvezza e la Chiesa deve testimoniare il Cristo Redentore a tutti…». Questa frase è tratta da un documento ufficiale della Santa Sede e risale al 1985; un anno dopo Giovanni Paolo II compie la storica visita alla Sinagoga di Roma. Un passo che ha dato sviluppo alla ricerca convergente della verità salvifica.
Tornando alla lite tra i due fratelli ebrei, la rivalità tra Giacobbe ed Esaù non ha più ragion d’essere; entrambi sono figli della stessa madre. Esaù era il prediletto di Isacco, mentre Giacobbe il prediletto di Rebecca. L’episodio dei due fratelli si conclude con la riconciliazione. Isacco non ritira la sua parola di benedizione ed Esaù, colpevole di una certa arroganza e di una certa indolenza, concede il perdono al fratello Gaicobbe (Gen. cap. 33).
Sono davvero belle le parole di Giacobbe, primogenito riconosciuto in famiglia, al fratello Esaù, che di per sé è venuto prima alla luce, nel parto gemellare: Giacobbe dice «accetta dalla mia mano il mio dono, perché appunto per questo io sono venuto alla tua presenza, come si viene alla presenza di Dio, e tu mi hai gradito» (Gen 33,10).
Anche Giovanni Paolo II è “andato verso Dio” e la sua beatificazione, al primo maggio 2011, conferma per tutti i fedeli cristiani e per tutti gli uomini che cercano Dio con cuore sincero, che la fraternità è il volto della pace nelle famiglie e nelle etnie. E se tribù ed etnìe sorte dalla stessa terra scaturisce un popolo più forte dell’altro, la nazione più forte acquista il compito paterno di soccorrere la nazione più debole.
Salvatore Falzone sac.
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