Sutera, l’orologio del Carmine torna a ricordare le ore

Dopo circa quindici anni di riposo forzato è  stato ripristinato l’orologio della Chiesa del Carmine di Sutera, nel rione Rabatello. L’antico orologio adesso ha delle parti digitalizzate; le lancette, risalenti agli anni ’40, sono collegate agli elettro-battenti del campanile, precedentemente realizzati.

Il campanile, attiguo alla chiesa, ospita due campane, una del peso di Kg 250, fusa nel 1764, e l’altra del peso di Kg 165, fusa nel 1521. Sulla campana più piccola è rappresentata l’immagine della Madonna con il Bambino in braccio e reca la scritta (purtroppo non completamente decifrabile):<<XPS rex venit in pace Deus … Homo factus est anno DM … idem depalubo prior Andreas De Agarbato Tec …>>. Sulla campana più grande si legge:<<…Terre Serradifalcico Michelangelus expello tempestat refedit R…Antoninus Arcur fecit 1764>>. 

Adesso anche l’ orologio della Chiesa del Carmine,  come quello di Sant’Agata e della Madrice, segna il tempo “alla francese”, prima i tocchi dei quarti e poi quelli delle ore, secondo il sistema di 6 in 6 anziché da I a XXIV. Con le campagne napoleoniche si convertì gran parte degli orologi italici nel sistema detto appunto "alla francese", con il quadrante in 12 ore e pari al nostro moderno sistema astronomico che computa il tempo in 24 ore da una mezzanotte alla successiva. Con Pio IX si ebbe il vero cambiamento che é rimasto definitivo (Cfr. A., Orologi dal 500 all'800 - Vallardi, Milano 1965).

Le campane  un tempo, secondo la tradizione attribuita a San Paolino, vescovo di Nola (V secolo), richiamavano i fedeli, e cadenzavano il lavoro agricolo della gente con il loro ritmo: la giornata iniziava all’alba e terminava al tramonto.

Il tempo si misurava, abitualmente, con l’ora italica, derivata dall’ora canonica, che iniziava subito dopo un’ora dal tramonto del sole e non dalla mezzanotte. L’ ora canonica è derivata dall’ora romana (III sec. A.C.): le 24 ore della giornata sono divise in due parti di dodici ore ciascuna. Le ore del giorno sono divise in quattro parti di tre ore ciascuna e sono denominate: terza (ore 09.00); sesta (ore 12.00 o mezzodì); nona (ore 15.00); dodicesima (ore 18.00, vespro).  L’ora italica, usata per diversi secoli fino al 1800, divideva il giorno in 24 ore comprendendo in questa divisione anche la notte. L’ orologio ad ora italica aveva l’inconveniente di doversi adeguare alla variazione del tramonto nell’arco dell’anno; lo stesso momento della giornata era individuato, al variare delle stagioni, con ore diverse. Infatti il mezzodì coincideva all’incirca con l’ora 19a in inverno, e con l’ora 16a in estate.

 Il sistema ad “ora francese”, offre il vantaggio di avere l’ora di durata costante per tutto l’anno. L’ora delle campane regolava, inoltre, gli “Uffizi Divini”: le preghiere del mattino (mattutinum), le preghiere della sera (vespera) nei giorni lavorativi, mentre la domenica e nei giorni di precetto si suonava a gran distesa (compulsatur). Nel periodo dei sessanta giorni antecedenti alla Pasqua (Septuagesima) le campane non andavano suonate a distesa  né dall’alto verso il basso ma si facevano solo rintoccare  durante le ore del giorno e al mattutino. Quando qualcuno moriva, si suonavano le campane al momento dell’agonia affinché gli altri pregassero per la sua anima che si presentava al cospetto di Dio. Si suonava con due rintocchi se l’agonizzante era una donna. Per un uomo si suonava, invece, tre volte a significare anzitutto che la Trinità si è espressa nell’uomo: Adamo fu plasmato dalla terra, da lui venne creata la donna e da entrambi vennero generati tutti gli altri, determinando quindi una trinità.

Per i chierici si suonavano tanti rintocchi quanti erano i voti da questi ricevuti.

Oggi, data la trasformazione della vita sociale, sempre più raramente sentiamo nominare le ore secondo le antiche abitudini: “a vint’uri”, “all’Avi Maria”, ecc., ma gli orologi collegati alle campane delle varie chiese, all’unisono, continuano a scandire il tempo, sperando che, secondo la tradizione greca,  il kronos, nelle sue dimensioni di passato, presente e futuro, si trasformi in kairos o tempo propizio, tempo di Dio.

 La comunità suterese, pertanto, ringrazia l’arc. P. Francesco Maria Miserendino, per avere rimesso in funzione l’orologio del Carmelo, che con i suoi rintocchi rompe il silenzio dell’intero quartiere.

Carmelina Sanfilippo