Ho incontrato Lucio Dalla. Così, per caso!

Che avessi potuto incontrare Lucio Dalla, a Bologna, sua città natale,  poteva essere una possibilità non del tutto remota,  considerando che  la sua casa di produzione (Assist e Pressing) si trova in  un palazzo, nei pressi di piazza Maggiore, quasi attaccata a Palazzo d’Accursio sede del vecchio, imponente, municipio; ma che fossi  potuto anche entrare nei suoi studi e girovagare per quelle stanze piene di quadri,  pezzi di antiquariato e spartiti musicali, lo debbo senz’altro all’intervento del mio amico pittore Leonardo Santoli. La sua amicizia con il cantautore, tra i più amati d’Italia,  è ormai  datata, anche perché  Lucio Dalla è stato e continua ad essere  un suo prezioso estimatore ed  un collezionista delle sue opere d’arte. A  farci da  eccezionali ciceroni, tra le decine  di dischi d’oro posti in evidenza sulle pareti di quell’appartamento museo, sono stati la segretaria Paola Maieli originaria di Messina e il quarantennale produttore-socio Tobia (Umberto Righi), che ha voluto rimarcare la sua certificata fedeltà all’artista,  mostrandoci un fotomontaggio ironico, nel quale era ritratto in divisa da carabiniere  con  una decorazione “ luciana” sul petto a parodia della sua “fedeltà nei secoli” come la quarta “benemerita arma”dello stato.

L’incontro con Dalla è stato casuale, all’uscita dall’ascensore,  mentre si apprestava ad uscire di casa con l’ attore Marco Alemanno e con il suo collaboratore Luca Gnudi, detto “il buono”. Era seduto su una carrozzella a causa di un incidente accorsogli durante uno spettacolo musicale a Roma, che gli aveva procurato la frattura del perone destro. Malgrado l’invalidità fisica l’umore era quello del solito mattatore del palcoscenico che tutti conoscono direttamente  nelle sue esibizioni pubbliche o attraverso la televisione. Durante la  nostra presentazione-conversazione, non si è sottratto a qualche battuta sull’incidente, sulla Sicilia, dove possiede una casa alle pendici dell’Etna, sulla condizione da infermo momentaneo. Con l’ironia che lo contraddistingue, di cui è piena la sua produzione discografica non ha fatto niente per sfuggire ad una foto ricordo, che ci ha reso testimonianza del grande intellettuale e del grande uomo che si cela dietro quella figura vulnerata dall’infermità e dalla sofferenza. Stava  uscendo per recarsi  alla Fonoprint di Bologna e la sua giornata di lavoro cominciava in quel momento con  gli amici che lo accompagnavano, sobbarcandosi il peso della carrozzella, sapendo già, forse per l’esperienza quotidiana, che sarebbe stato un continuo fermarsi con la gente” della piazza grande”scenario della sua crescita cronologica ed artistica. Ho ringraziato il mio amico Leonardo Santoli per quella opportunità offertami in alternativa alla visita monumentale dell’arcinota Bologna, riconoscendogli l’intuito tipicamente artistico per quella gradevole sorpresa. Per lui che ha scoperto un rapporto genealogico con Sutera e Campofranco e che ha riposto tra i suoi tesori culturali  la comune appartenenza ad un territorio fino ad ora sconosciuto, è stata la riprova della sintonia intellettuale con un sindaco di provincia che vuole rinsaldare i legami con chi non rinuncia alle sue radici,  e che difficilmente schiva le curiosità che la vita e la storia molto spesso gli propongono. E’ stata una esperienza magnifica che ha arricchito un viaggio di fine estate,  affrontato per l’ emigrazione scolastica di uno dei tanti figli che vogliono accedere alle sedi migliori della formazione universitaria e che coinvolge emotivamente e praticamente i genitori che vogliono sobbarcarsi l’incombenza di assecondarli.

Gero Difrancesco