Personaggi

Don Mariano Diprima di Sutera e la via di Mangiabue

Lasciato Bompensiere alle spalle, il pellegrino che si dirige a Sutera si preoccupa di superare il fiume Salito; attraversato un ponte può addentrarsi per un sentiero sterrato che da sud est si inerpica verso il monte S. Paolino, in cima al quale c’è un santuario.

È questa la via che frequentano anche quelli che scendono da Montedoro e, superata contrada Mangiabue, da valle salgono a piedi, diretti a Sutera; così fa ad es. don Giovanni Rizzo che per un breve tempo si trova a guidare la parrocchia di Sutera.

A questo episodio accenna il chierico Mariano Diprima in una lettera a don Rizzo; il chierico, che si trova al paese natìo, scrive il 31 luglio 1931: « […] questo paese è ancor suo […] qui quasi tutti i sacerdoti sono musici: P. Carruba ha dato lezioni di armonio ad orecchio al P. Firrone e al P. Raimondi e se vedesse, mattina e sera strimbellano (sic). L’asilo va avanti; in questi giorni le Suore aspettano la Superiora Suor Immacolata». Un anno dopo il giovane è ordinato presbitero, al 10 luglio 1932; in un biglietto del 28 luglio 1932, inviato a don Rizzo, rettore del Seminario, il novello sacerdote descrive una sua tipica giornata: «[…] sono stato a far visita agli ammalati del Giardinello: come è bello portare il sorriso e la consolazione a coloro che soffrono! […] Staserà attenderò un po’ ai bambini dell’asilo per qualche canto, dopo saremo al Carmine per la novena della Madonna».

Mariano Diprima è tra quei chierici che il 9 aprile del 1931 sottoscrivono un Indirizzo di omaggio a don Vito Alfano. I giovani del Seminario ringraziano l’arciprete parroco per l’accoglienza ricevuta in occasione di una gita svolta a Montedoro, nei giorni 7 e 8; sono edificati pure per lo zelo dimostrato da valenti fedeli e operosi sacerdoti; ne hanno tratto un esempio di vita apostolica, tanto più considerando che tra le due guerre don Rizzo nativo di Montedoro e nipote diretto di don Vito è il rettore del Seminario di Caltanissetta, oltre che l’animatore di tante attività pastorali che si svolgono in diocesi.

I chierici suteresi di quegli anni sono Vincenzo Monella, Giuseppe Mistretta, Onofrio Schillaci. I giovani chierici, specie nel periodo estivo che si trascorre a Sutera, hanno l’abitudine di raggiungere la Chiesa Madre, al Rabato, e di recitare il rosario, a sera, presso la Chiesa di sant’Agata.

Tranne qualche uscita per predicare o sostituire dei sacerdoti nei paesi del Vallone, don Mariano trascorre per intero la sua vita a Sutera; possiamo immaginare che anche lui per raggiungere Bompensiere si metta in cammino, e risalga la via di Mangiabue. Ben diverso è il corso della vita di Vincenzo Monella (classe 1908); l’azione è tra Palermo, paese natìo e capoluogo nisseno; ordinato sacerdote da mons. Giovanni Jacono, il 19 marzo 1932, nel giugno 1947 si trasferisce negli Stati Uniti.[1]

A Campofranco, c’è pure un sacerdote che trascorre quasi tutto il suo ministero nel paese natio; don Nazareno S. Falletta (classe 1910) vi si dedica dal 1935 al 1995, quasi; anche lui compie solo qualche breve periodo di servizio fuori da Campofranco; e, non a caso, a Sutera, il paese più vicino. E mentre don Nazareno trascorre il periodo della prima giovinezza solo nel seminario nisseno, don Mariano ha già un’esperienza più ampia. Nel 1919 è entrato nel vocazionario salesiano di Pedara, vicino Catania. Qui svolge le prime tre classi di ginnasio e poi passa al seminario di missioni estere, di San Gregorio di Catania. Nell’autunno del 1924 entra nel seminario di Caltanissetta. Simili percorsi accomunano molti giovani sacerdoti del seminario di Caltanissetta, specie nel periodo tra le due guerre. La generazione dei preti degli anni venti e trenta si forma a contatto con personalità spirituali, come il vescovo Jacono, Pietro Capizzi, direttore spirituale del seminario e poi vescovo di Caltagirone; Giovanni Rizzo rettore del seminario e poi vescovo di Rossano Calabro.

Nella chiesa di sant’Agata don Mariano introduce la statua di don Bosco e, ispirandosi all’apostolo della gioventù, si dedica con generoso impegno ai giovani e ai ragazzi delle associazioni di Azione Cattolica. Nella chiesa di S. Agata, del resto è stato battezzato da don Giuseppe Nicastro, dopo la nascita avvenuta il 16 novembre 1907, al quartiere Rabato, in Via Normanni, nella casa paterna. I genitori si chiamano Stefano, commerciante di tessuti e membro della Confraternita degli agonizzanti, e Calogera Montalto Monella.

Della chiesa di sant’Aagata, a nord ovest del monte S. Paolino, don Mariano diviene primo parroco nel marzo 1952; qui sviluppa il suo ardente zelo per la formazione dei giovani, la cura degli ammalati, il culto e il decoro della chiesa, la catechesi ai fanciulli, la direzione spirituale ai fedeli. Coltiva pure il canto e la musica, per incrementare le attività di oratorio; scrive pure poesie in dialetto e si diletta di pittura. Cura pure la casa canonica, la bibliotechina e la sala parrocchiale, dove è pure animatore di tante rappresentazioni teatrali d’occasione.

Per la posizione geografica che tiene il suo paese, soffre un poco di un certo isolamento e di una certa routine; all’indomani della sua morte (11 febbraio 1974) emerge però in modo pieno la memoria ecclesiale di don Mariano. Una fedele discepola, Gesua Amico, raccoglie nel corposo dattiloscritto Una scia luminosa numerose e affettuose testimonianze, nonché varie pagine di diari intimi.

Tra le testimonianze si segnala quella benevola di padre Ermenegildo Salvatore Giarrizzo, dell’Ordine dei frati minori, autore di un vocabolario della lingua siciliana; una circostanza, degna di nota è il 25° anniversario di sacerdozio di don Marianno (10 luglio 1957); per l’occasione accorrono le autorità cittadine, i sacerdoti secolari e i frati cappuccini in servizio a Sutera, le associazioni di Azione Cattolica, i membri delle confraternite. Una istantanea di quel fausto avvenimento vede riuniti anche diversi sacerdoti da Mussomeli, da Campofranco, e finanche da Montedoro; ora è don Angelo Rizzo a passare il Salito in automobile e non più a piedi o con muli sul vecchio tracciato di Mangiabue.

Il servizio parrocchiale di don Mariano è semplice: è molto radicato nelle tradizioni locali e popolari del cristianesimo, si effonde nella devozione ai santi e alla Madonna. La sua predicazione è semplice; anche le carte private, lettere e diari, che rivelano un certo tono sentimentale, contengono messaggi modesti, adatti a edificare e incoraggiare; la sua catechesi è divulgativa, priva di grandi riferimenti ai Padri della Chiesa o di dotte citazioni dei maestri della spiritualità moderna. I fedeli sono esortati alla virtù, sostenuti nel cammino e corretti negli errori.

Un simile modello pastorale si nota pure nell’opera di don Nazareno Falletta che dalle colonne della «Voce di Campofranco» scrive numerosi editoriali; il mensile viene pubblicato a partire dal settembre 1961 e don Nazareno dà ai suoi articoli un’impostazione esistenziale; i messaggi morali e le catechesi dottrinali sono pure molto semplici.[2]

La devozione era rivolta ai santi, ad es. s. Rita e s. Teresa di Lisieux, e in special modo alla Madonna; letture preferite erano le vite dei santi, senza escludere i bollettini locali come «La Voce di Campofranco». Tra le letture preferite di don Mariano le pagine della mistica Lucia Mangano e le pagine autobiografiche di Maria Valtorta.

Così scrive don Mariano in una lettera ad Antonietta Infantino, orsolina, il 15 maggio 1968, quando già declinano le sue condizioni di salute: «Durante la malattia credevo che non avrei mai più celebrato la S. Messa! Ma non sto bene bene! […] Durante le mie sofferenze ho pensato spesso a Lucia Mangano, alla quale, per tanti motivi, ho tanta stima e devozione. Ne ho letto le vita e ricevo il bollettino informativo».

La vita di don Mariano è trascorsa nell’apostolato fervoroso e nella semplicità morale; di lui un giudizio ben misurato dà don Giuseppe Sorce Sapia, in occasione del trigesimo della morte: «poteva sembrare lento ed era invece prudente; meticoloso ed era invece giusto; distaccato ed era tanto onesto».

Salvatore Falzone



[1] Cfr. la mia notizia biografica di Vincenzo Monella in «La Voce di Campofranco», (Maggio-Giugno 2010), pp. 14-15.

[2] Cfr. il nostro ragguaglio biobibliografico «La Voce di Campofranco» e l’apostolato di don Nazareno Falletta, in «Guttadauro» 8, 2008/2, pp. 509-522.