Ricordiamo l’arciprete Giuseppe Carruba: 40 anni di ministero a Sutera

 

Il 17 novembre 2011 il nostro arciprete Giuseppe Carruba ci ha lasciati. E’ passato dolcemente alla morte nel sonno in ospedale ad Agrigento, dov’era andato per un controllo. La salute ormai non l’assisteva più ed era pronto. Noi no, anche se da tempo avevamo capito; il paese, Sutera, aveva bisogno di lui, per finire quello che aveva cominciato.

E’ stato innanzi tutto un pastore di anime, il confessore e direttore spirituale, colui che la domenica all’omelia della messa sapeva ammonire e sostenere in modo semplice e breve, ma efficace. Ha animato la vita dei gruppi di preghiera e delle associazioni, l’Apostolato della preghiera, del rosario perpetuo, la devozione alla Madonna del Carmelo, la confraternita dell’Addolorata, l’attività dei catechisti. Soprattutto ha sostenuto la confraternita del SS.mo Sacramento e recentemente la Kamicos, frutto di un impegno religioso e sociale. I  più anziani ricordano anche le serate al cinema, le recite teatrali in siciliano.

La religione è stata la lente che gli ha permesso di vedere il suo paese legato alle tradizioni, quelle di una città che si riconosceva nella fede ininterrotta verso i Santi Compatroni e la Madonna del Carmelo, ma anche nella sua storia civile di città demaniale. Apprezzava, e seppe custodire, lo splendore dei sacri oggetti  e dei paramenti indossati nella liturgia, ristrutturò le nostre chiese ed il Santuario di San Paolino, difese con equilibrio gli interessi della chiesa conciliandoli con gli interessi del paese. Non rimpianse mai che il convento dei carmelitani, che pure poteva essere reclamato come proprietà religiosa, rimanesse nelle mani di un comune che ne aveva bisogno per la scuola. Era fiero di un Sant’Onofrio che evangelizzò Sutera nei primi anni del cristianesimo, della cappella bizantina; ma anche di Francesco Salamone, di quanto rimaneva dell’antico castello in montagna, del nostro passato arabo.

Quello che era lo ritroviamo scritto qualche tempo fa in occasione del premio Pirandello: “mi rallegro specialmente di sapere che ……. vengono premiati coloro che si sforzano di Voler Bene alla nostra terra e lo dimostrano concretamente nei vari ambiti della cultura. Spero di aver apportato anch’io il mio seppur modesto contributo in tal senso, mediante delle pubblicazioni e il lavoro costante in tanti anni di sacerdozio, svolto prima come semplice cappellano poi come parroco e infine come arciprete di Sutera e con tutte le attività collaterali di impegno sociale e di divulgazione culturale che mi hanno sempre visto partecipe.

Mi sono occupato della storia della mia città, delle opere d’arte delle chiese, dei paramenti e dei tesori di oreficeria e argenteria in esse custoditi, della pietà popolare, degli usi e tradizioni dei suteresi e della devozione verso i santi compatroni: San Paolino e Sant’Onofrio; delle bellezze naturali e paesaggistiche che offre Sutera.”

Negli anni Sessanta/Ottanta vide svuotarsi il paese alla ricerca di un lavoro all’estero o al Nord. Gli incontri estivi portavano allegria ed anche una ventata di ottimismo. Il nostro rapporto col passato divenne contraddittorio, anche contestatario. Si confrontava la vita passata, piena di sacrifici ed avara di risultati, con un presente di benessere conquistato in pochi anni. Il legame con le nostre radici, nei suoi vari aspetti, fu indebolito fortemente ed in qualche modo anche la religione, in alcune forme esteriori, subì dei cambiamenti o, come disse lui, un impoverimento: “nel decennio scorso era invalsa l’abitudine di far condurre i simulacri da mezzi meccanici, vista la mancanza di braccia per il trasporto: era una decisione sbrigativa e forse inevitabile, anche un impoverimento della tradizione” (ultima pubblicazione).

Quando abbiamo rifatto i conti col nostro passato in modo più lucido, ci siamo ritrovati lui che aveva conservato tutto: la memoria, gli archivi, le tele ed i tesori della chiesa, le usanze delle congregazioni religiose, i riti della settimana santa. Queste cose abbiamo condiviso con lui ed egli le ha utilizzate anche per dare una speranza sociale a questo paese. In questo disegno rientra sia il presepe vivente, già ricordato, che attira ogni anno migliaia di visitatori, sia il museo sacro degli ori e degli argenti presso l’ex convento del Carmine, il cui iter formale egli ha visto concludersi prima della sua scomparsa, insieme ad altri importanti coprotagonisti.

Nato a Palermo il 4 febbraio 1927, Giuseppe Carruba fu cresciuto da genitori onesti e laboriosi, in un ambiente profondamente religioso, dove papà Lucio non disdegnava recitare e condurre il santo rosario. Aveva un carattere allegro e vivace, di una franchezza rude. Serviva messa e manifestò l’intenzione di entrare in seminario a dodici anni, cosa che don Gerlando assecondò prontamente, anche se molti, riconoscendogli un carattere poco incline alla disciplina, non ci avrebbero scommesso poi tanto. Mons. Rizzo, rettore del seminario, lo mette alla prova e quando i ragazzi della sua età abbandonano gli studi, rispedisce a Sutera anche lui. Il nostro giovane non si da pace, chiede consiglio, spedisce una cartolina che non ottiene risposte. Infine si decide a presentarsi ugualmente, non invitato, in seminario dove mons. Rizzo lo accoglie a braccia aperte e lo nomina subito viceprefetto. Il 29 giugno 1950 viene ordinato sacerdote in cattedrale da mons. Giovanni Jacono. Ha soltanto 23 anni e mezzo e c’è voluta la dispensa papale per autorizzarne la consacrazione. Viene subito assegnato a Sutera alla chiesa madre dove svolgerà ininterrottamente il suo ministero prima come vicario cooperatore e poi, dal 5 marzo 1972, come arciprete. 

Ha svolto con convinzione, e recentemente anche con notevoli sacrifici, il suo compito di sacerdote, celebrando messa quotidianamente fino all’ultimo, presiedendo le riunioni dei gruppi religiosi, sentendone la responsabilità e l’angoscia che le forze lo potessero all’ultimo abbandonare. I suoi ricordi più belli riguardavano il tempo in cui faceva il predicatore quaresimale nei paesi vicini, apprezzato per le sue omelie dirette ed efficaci. Quello che il paese non dimentica è la sua azione all’interno della scuola per vent’anni come professore e vicepreside ed impegnato, ai tempi della istituzione della scuola di avviamento professionale, oggi scuola media, anche a reperirne le risorse materiali. E’ stato presidente del patronato scolastico, membro dell’ente comunale di assistenza, collaboratore di periodici e riviste locali, tra cui La Voce di Campofranco, che ha letto volentieri fino alla fine dei suoi giorni.

A lui dobbiamo la prima valorizzazione delle Sacre Urne, in una mostra allestita dal seminario vescovile e dalla Sovrintendenza ai BB. CC. di Caltanissetta, che ha polarizzato l’attenzione di studiosi e visitatori. Il confronto con quanto proveniva dagli altri paesi ci rese consapevoli della ricchezza del nostro patrimonio artistico-religioso facendo germogliare l’idea di un luogo, un museo, dove potesse essere stabilmente a disposizione di tutti.

C’era ancora bisogno di lui.

Mario Tona