Seme di senape
Nel capitolo 8 del libro del
profeta Ezechiele si condanna l’idolo della gelosia; cioè, la statua di
Astarte, la Venere dei Fenici, che agli occhi degli Israeliti appare un idolo
impuro; si considera pure abominevole il culto di Tammuz, dai ai Greci venerato
poi come Adone, amante di Venere, e dio della vegetazione.
Sul piano storico, ciò che si
racconta in Ez. 8 è databile al 1
settembre 592 a. C., quando il profeta rimprovera il partito filocaldeo della casa
israelita un partito che ha accettato le pratiche idolatriche babilonesi.
All’ingresso della porta di
settentrione del tempio, il profeta vede l’idolo della gelosia. Più avanti
ancora, nel suo percorso mistico, il profeta vede «ogni sorta di rettili e di
animali abominevoli e tutti gli idoli del popolo d’Israele raffigurati intorno
alla pareti» (Ez. 8,10).
Ezechiele pare già deportato in
Babilonia (598-97 a.C.); poi, avvertito delle sorti del resto d’Israele, invita
a non confidare nell’aiuto egiziano ed anzi a rompere il patto di vassallaggio
con la potenza imperiale neobabilonese. Dopo che i Babilonesi conquistano e
saccheggiano Gerusalemme, l’animo degli Ebrei rinuncia ad ogni compromesso
politico e si arrende.
Non c’è politica che tenga in
piedi, se tale politica prescinde da Dio. Il primato morale e religioso è per
il profeta il punto discriminante.
A capo della situazione è
lasciato Godolia che era stato prefetto nella casa di Sedecia ed «era il membro
più autorevole della famiglia di Shafan e del partito filo-caldeo alla corte di
Sedecia»; così dice l’orientalista Mario Liverani. E poi conclude.
«Questo mondo del Levante, mondo
ricco e prospero, vivace e originale, venne messo in crisi dall’avanzata
imperiale: dapprima gli Assiri (tra il 750 e il 640), poi i Babilonesi (tra il
610 e il 550) intervennero in forze nell’area, sospinti senza dubbio dalle loro
ideologie espansionistiche e totalizzanti, ma attratti anche più concretamente
dal prestigio economico e culturale della regione» (M. Liverani, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele,
2004).
Nella striscia di terra di
Palestina dove più aspro si fa il conflitto per i popoli che vogliono avere il
primato economico e politico, si manifesta con più urgenza il disegno della
Provvidenza divina. E i popoli che rivendicano il vero Dio debbono piuttosto
rinunciare a odio e gelosia, l’un contro l’altro.
Una coppia, emigrata ormai da
anni in Svizzera, raccontando la sua esperienza di coabitazione con altri
emigrati, con gente di altri popoli, mi faceva intuire che esistono difficoltà
nella convivenza, specie nel mondo giovanile. E, anziché le razze e le culture,
i due chiamavano in questione le religioni. Segno che così più fortemente si
connota l’identità dei popoli, ma pure più aspramente, come avviene in certa
opinione pubblica, si manipola la questione.
Vero uomo religioso è colui che
persevera nella giustizia e nella pietà; i veri atleti della religione sono
coloro che sopportano gli effetti dell’ingiusta gelosia altrui. Clemente
Romano, dopo una breve rassegna dei primi martiri cristiani, conclude: «gelosia
e discordia sconvolsero grandi città e sradicarono grandi nazioni» (Lettera ai Corinti, 6,4).
Salvatore Falzone sac.