Seme di senape
Nel sangue di Lui
Il mese di giugno ha richiamato la devozione al Corpo e al
Sangue di Cristo; e i martiri, ricordati nel periodo estivo, si inseriscono nel
mistero della morte di Gesù Signore.
Salutando gli anziani di Efeso l’apostolo Paolo richiama:
«lo Spirito Santo vi ha posto come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli
[Gesù Signore] si è acquistata con il suo sangue» (Atti 20,28).
È il culmine del discorso pastorale rivolto da Paolo ai
vegliardi delle comunità ecclesiali, convocati a Mileto. Qui la parola
‘vescovi’ è sinonimo di ‘anziani’ o ‘presbiteri’; solo verso la fine del I
secolo il titolo sarà riservato ai capi delle comunità.
Attraverso il sangue di Cristo, anche l’amore di Dio Padre
e dello Spirito Santo si è effuso sui vescovi. Fuoco, sangue ed acqua… tre
elementi simbolici che manifestano di Dio Padre l’azione di creare (fuoco), del
Figlio di Dio, Gesù Cristo, l’azione di redimere (sangue), e infine dello
Spirito Santo l’azione di rinnovare (acqua).
Un antropologo e filosofo francese, René Girard, ha
studiato delle varie religioni i rituali del sacrificio; egli ha stabilito il
rapporto che tali riti hanno con la violenza esercitata dai molti che spargono
il sangue dell’innocente.
Girard coglie nel cristianesimo delle origini, legato al
giudaismo, una caratteristica. Il rito del capro espiatorio è un contesto in
cui si è svolta la passione di Gesù; nei vangeli però non troviamo che la morte
violenta di Gesù sia assimilata a tale schema religioso cultuale.
I vangeli non usano mai l’espressione ‘capro espiatorio’.
Il filosofo Girard aggiunge: «per dire la differenza tra il capro rituale e ciò
che noi stessi intendiamo per ‘capro espiatorio’, i vangeli possiedono
un’espressione che è loro propria e che sostituisce vantaggiosamente la nostra,
perché essa è almeno senza equivoci: si tratta di Agnello di Dio».
L’espressione ‘Agnello di Dio’ nei vangeli viene riferita a
Cristo; ha un significato antropologico e teologico; richiama l’innocente che
si sostituisce a ciò che merita distruzione e genera malvagità.
E conclude Girard: «Non bisogna ridurre il cristianesimo a
una scienza sociale, ma non bisogna nemmeno dimenticare l’Incarnazione».
Il cuore della rivelazione è proprio questo; la vittima è
innocente, la vittima ora giustifica. «La vittima sacrificata divenne
sacerdote; il condannato, giudice; l’impotente, signore del mondo; l’escluso,
centro della comunità» (G. Theissen).
Nel Nuovo Testamento troviamo nella Prima lettera di
Giovanni un termine, ‘espiazione’ (hilasmós), presente due volte; 2,2 e 4,10. È
una ricorrenza che risulta coerente con altri passi della lettera dove ricorre
il lessico di purificazione e perdono.
Il concetto teologico è chiaro: Gesù Cristo ha superato una
morte espiatrice ed egli è in grado di intercedere presso Dio Padre per
ottenere il perdono in favore dei peccatori.
C’è una vicinanza ideale con il passo paolino di Rom 3,25;
là dove, secondo una fraseologia più cultuale e tecnica, proprio Gesù Signore è
indicato, lui che «Dio ha esposto pubblicamente come strumento di espiazione
(hilasterion), per mezzo della fede, nel suo sangue»
Salvatore
Falzone sac.