Libri da leggere
Storia di una Chiesa
di Carlo Petix
L’ennesimo atto di fede di Carlo Petix che si propala
nell’ardere devoto, risaltando la commistione tra storia del
luogo particolare ( l’arte del Biangardi ) e storia universale
(il Concilio Vaticano II°), sebbene la traccia di fondo è il
cuore dell’autore , come se fosse, e lo è , lo scritto
personale del Carlo che tutti conosciamo a Milena o nell’ambiente
di lavoro a Caltanissetta , o nella Diocesi per il culto a San
Calogero, scritto come ex voto , e per le ormai numerose pubblicazioni
( la raccolta delle “ Feste Religiose “ locali presentata
da Mons. Cataldo Naro , Famiglia Cristiana e il periodico diocesano
L’Aurora ) e che va ad accrescere quella biblioteca petixiana che
inizia genetica e fattiva a Montedoro e continua ad esprimersi
intrinseca alla nostra comunità. Dicevo, questo essere lo
scritto personale dell’autore e della traccia che percorre e
percuote il lavoro, dove anziché presentare la consueta raccolta
di testimonianze, distaccata, quasi atona, qui, raccoglie la propria
testimonianza e ce la confida. Riflettendo se stesso. Incarnando il suo
metodo. Ciò non è un limite, bensì, emerge il
profilo dello storico nella fornitura di preziosi dati nuovi e
documenti ( l’atto della statua di San Giuseppe del 1919 ,
l’immaginetta del precetto pasquale del 1947 ) ad incrementare la
memoria storica d’ognuno con la memoria del periodo vissuto in
prima persona in parrocchia coincidente con la lunga arcipretura di don
Salvatore Taffaro. Leggere il e scriverne la prefazione ( della quale
ringrazio ) è stato per me affascinante, poiché
l’esperienza del giovane Petix si intreccia con la mia infanzia
assurgendo forma e sintesi nel saluto rispettoso al padre Arturo
nell’asse delle vie Monti e Marconi così prefigurando la
nostra amicizia ( e, vivendo direttamente il catechismo e
“l’oratorio” di padre Taffaro nell’attuale
salone parrocchiale). Non si esaurisce eo ipso l’atto di fede ,
ma è , nei riguardi della Chiesa , del paese, della cultura,
come ad essere un pellegrinaggio , del lettore d’ogni specie ,
del futuro in tempi cui viene vituperato il crocifisso con la
famigerata sentenza di Strasburgo o in tempi cui la pubblicità
di nota telefonia ricusa il simbolo della mirra ,lettera della
sofferenza ( e dell’incenso sottaciuto ), in un mondo- rete
ovvero il network , dove sgorgano manifestazioni ed eventi per la pace
dimenticando il disarmo espresso dal tabernacolo.
“ La rete di Simon Pietro , la Chiesa di Pietro , non è
una rete fatta per un piccolo gruppo , per una èlite spirituale
d’uomini ; è la rete per una Chiesa popolare, universale ,
capace d’abbracciare tutte le genti e tutte le categorie di
persone “ ( Carlo Maria Martini ).
“Storia di una Chiesa” è la storia
dell’edificio della chiesa madre di Milena che dalla visuale
antropologica di Charlotte Gower Chapman , risulta essere
“il centro , in senso sociologico ,del paese” ma è
più importante quanto afferma appena dopo :
“nell’edificio adibito a culto tutti vedono il risulatto
dello sforzo cooperativo”. Sotteso ancor oggi.
Tramite l’elenco dei sacerdoti succedutisi a Milocca e Milena tra
i quali si annoverano magnifici esempi e positive intuizioni ,
l’autore (de)scrive la storia dell’edificio attraverso i
parroci da non confondere come storia d’essi né tantomeno
come storia della parrocchia benché implicita , rafforzando il
senso ma anche la “fisicità” dell’edificio
divenuto parrocchia. Legandomi alle parole dell’antropologa
statunitense , direi che la dialettica della pietra a faccia-vista (
scelta approntata nell’80° Anniversario dell’elevazione
a Parrocchia 1922-2002) si sposa con la roccia “
parrocchiale” ( The Rock , Thomas Stearns Eliot ). Ebbe a
scrivere guardando le nostre pietre “ Individuo idealmente ,
quelle che i miei avi pure portarono ( dalla cava Mancarella ) ,
sentendomi parte della storia “.
Storia di una Chiesa, più d’altrove qui è storia di
un paese , del nostro paese e questo scritto ci consegna il passaggio
da villaggio a paese , difatti la piccola chiesa di San Martino era
decentrata : dal momento in cui si erge la nuova chiesa , questa
diviene il centro. Oggi , una chiesa è centro se lo è
come parrocchia , il termine paroikìa che dai testi biblici
viene indicato anche come pellegrinaggio ( nelle lettere di Pietro ),
nell’ambito territoriale che è sociale e geografico non
può risolversi soltanto nell’attivismo, ( che , se
militante, a mio parere, sfocia nel laicismo )come la nostra stessa
storia ci insegna. E’ indefettibile dire che la nostra chiesa
nasce da un pellegrinaggio , anzi da un ripetuto pellegrinaggio, che
definirei , come carattere somatico , essendo la parrocchia nata prima
del comune (1923). “presenza nella comunità
cristiana” (Vincenzo Bo, Storia della Parrocchia ,Introduzione
vol.III°). “Infatti la crescita di una istituzione, a
somiglianza di quanto avviene nel corpo umano e in ogni altro
organismo, deve realizzarsi in modo armonico, equilibrato, senza
sfasature in ogni sua parte , senza privilegiare questo o
quell’aspetto particolare a scapito o detrimento degli altri (
…) la storia della parrocchia verte fondamentalmente e
primariamente sui suoi due elementi costitutivi, clero e fedeli
(…) e sulla qualità della loro presenza nella
comunità cristiana” ( Vincenzo Bo, Storia della
Parrocchia, Introduzione vol III°). Quello che potremmo definire
come un poeta locale , il dottor Giuseppe Carruba Toscano di Sutera ,
negli anni ’30, così scriveva nel sonetto “ La
duminica di li palmi a Milocca”: “‘Nti la chiesa a lu
pasturi vannu a farli binidiri cu dda fidi e cu dd’amuri / Chi
ricorda e fa sentìri di lu Cristu redenturi atti, opiri e so
diri!”.
Sostiamo come dinnanzi la semplicità di un fiore , è lì la Sua bellezza.
Vincenzo C. Ingrascì
(Milena , Feria di Natale Gennaio 2010)