Percorsi Letterari in Sicilia 2a parte
Attratti dal "particolare siciliano", i viaggiatori stranieri, tra il
Settecento e Ottocento cercavano stratificazioni culturali corne Guy De
Maupassant, grande scrittore francese, il quale accorgendosi della
potenzialità dell'isola , così si esprimeva : "La Sicilia
è il paese delle arance, del suolo fiorito la cui aria in
primavera è tutto un profumo, ma quel che ne fa una terra
necessaria a vedersi e unica al mondo è il fatto che da una
estremità all'altra, essa si può definire uno strano e
divino museo di architettura. La Sicilia mi ha rivelato la Grecia ".
Inoltre, la vista dell'Etna da Taormina per Maupassant è "un
paesaggio dove si trova tutto ciò che sembra creato sulla terra
per sedurre gli occhi, la mente e la fantasia." Nella sua raccolta di
racconti di viaggi (La vie errante), con il suo accento sensuale e
pittoresco egli coglie ed immortala la vaporosa trasparenza che avvolge
l'isola in un insieme armonioso di cielo, terra e mare. Meno celebri
sono le parole sconvolte con le quali descrive l'allucinante deserto
delle Maccalube ( 15 km. da Agrigento ), incastonato nella media Valle
del Platani e il raro fenomeno geologico di degassazione del suolo : "
Se Satana ha una dimora, essa è qui, si manifesta in questa
mostruosa malattia della natura, tra queste pustole simili , in tutto,
ad una raccapricciante suppurazione del suolo, ad ascessi della terra
che, talvolta, scoppiano rumoreggiando e lanciando a grandi altezze,
pietre, fango e gas ".Egli è capace anche di commuoversi davanti
all'abominevole sfruttamento dei bambini nelle miniere di zolfo. Goethe
richiamando alla mente la storia e la poesia scriveva: " Senza la
Sicilia non ci si può formare nessuna idea dell' Italia. In
questa terra beata sovranamente classica mi sono trovato in una
così poetica disposizione di spirito, che mi ha permesso di far
tesoro di tutto e di custodire in me, come in un'urna di gioia,
ciò che ho provato, ciò che ho veduto, ciò che mi
è accaduto ". Per Goethe la Sicilia è terra di
ispirazione dove il mito rivive e il verso di Omero è ricordato
dalla realtà della natura e del paesaggio dove rivivono le
creature dell' antica poesia. Erano viaggiatori eruditi che volevano
vedere in prima persona i luoghi dell' Odissea , capaci, corne ha
scritto Sciascia " di dare risalto a quello che i siciliani non vedono
perché, a forza di guardarlo tutti i giorni, diviene troppo
evidente e, quindi, invisibile ". Essi avevano aspirazione al mitico
Sud, alla terra del sole, sede della splendida civiltà classica,
alla terra del fuoco e della primavera perenne.
La società siciliana con il suo povero mondo popolare diviene
per Luigi Pirandello quasi il simbolo della società umana in
generale, segnata da uno stato di solitudine e di
incomunicabilità in cui vive l'uomo moderno. Egli coglie
l'arretratezza di quella società vittima dei pregiudizi, dei
tabù, delle superstizioni, delle ipocrisie, con l'amara e
sfiduciata costatazione dell'assurdità della vita e della
impossibilità di cambiare un mondo che vive con lo spettro della
miseria e in balia di un destino crudele e beffardo in una terra arida
che non conosce neppure la solidarietà tra gli umili. Le molte
novelle di ambientazione prevalentemente contadina raccontano di tipi
strani, bizzarri, protagonisti di situazioni drammatiche, talvolta
paradossali, oppressi dalla grigia routine di una vita insignificante.
Esse ci dicono molto sulla Sicilia di fine Ottocento, quella che in un
generale immobilismo politico e sociale si apprestava a fare il suo
ingresso nel " 900. Nella società in cui l'uomo è
condannato a vivere c'è insanabile contrasto tra l'essere e
l'apparire. L'uomo non è mai uno, ma ora è uno, ora
è un altro a seconda dei casi e ha diverse personalità:
tutte quelle che gli altri gli attribuiscono. Non più uno ,
dunque, ma moltiplicandosi in centomila, egli annulla la propria
identità divenendo nessuno. L'uomo di Verga, se soffre, si
redime in una rassegnazione cupa ma eroica; l'uomo di Pirandello, se
soffre, si sente vittima di una sorte maligna, di un accanirsi del
caso, di mille cose ingiuste , che pur egli non riesce a spezzare. Ed
allora la maggiore evasione che i personaggi tentano dalla morsa della
realtà e del loro destino resta sempre affidata al tramite
improvviso della fantasia. La loro vitalità si rivela
soprattutto in subitanei scatti di pazzia " misurata ", in una
ribellione " cosciente ", che possono tramutare la monotonia e
l'angustia della loro esistenza in un attimo di rivincita, in una
vendetta sulla società, sulle consuetudini, come una valvola di
sicurezza che, aperta ogni tanto , permette di superare il disgusto del
vivere. Nasce così il bisogno impellente di evasione, di
sentirsi libero, veramente se stesso, di scrollarsi di dosso il pesante
ingombro di quella forma non sua, di quella maschera che è
costretto a portare. Nella novella IL TRENO HA FISCHIATO, basta un
treno che fischia nella notte, suscitando vaghi sentimenti di
libertà, per sconvolgere la vita di un travet : anime morte si
ridestano al barlume di una coscienza intorpidita.
Un termine spesso usato per indicare un tema centrale delle novelle e,
più in generale, delle opere di Pirandello è quello di "
assurdo ". Una situazione, un avvenimento, un personaggio, sono assurdi
quando sono contrari al buon senso, alla ragione, o ancora, quando sono
in se stessi contraddittori o come dice Pirandello " fuori chiave ". Un
altro carattere di molte delle opere di Pirandello è l'umorismo,
che lo scrittore intende non come comicità aperta, capace di
suscitare ilarità, ma è il sentimento del contrario,
cioè, l'avvertire la contraddizione che esiste in un personaggio
o nella situazione stessa. L' umorismo porta a riflettere il lettore
per cogliere gli elementi pietosi e dolorosi. La trama delle novelle
è particolarmente semplice perché l'autore mostra
più interesse per l'analisi dei personaggi e delle situazioni
piuttosto che per la costruzione di vicende complesse. Il linguaggio
è originale e innovativo, saporoso, incisivo. Nell'impasto
lessicale straordinariamente ricco vengono mescolate parole di
tradizione letteraria e colta con termini ed espressioni di origine
dialettale o comunque popolare; talvolta Pirandello arriva a creare
nuove parole per marcare meglio le caratteristiche di un personaggio o
le modalità di un'azione. Il ricorso frequente al dialogo
rivela, infine, il carattere scenico della sua scrittura : una lingua "
parlata ", pronta per essere trasferita in teatro, dove egli si afferma
come il più grande drammaturgo italiano del " 900. Oggi si dice
" pirandelliana " qualsiasi situazione umana sospesa, fluttuante
contraddizione dilacerata tra l'apparenza e la realtà ,
grottesca, impenetrabile. Pirandello visse profondamente la sua "
sicilianità " conoscendo bene usi, costumi, modi di vivere e
atteggiamenti. Il suo radicato attaccamento alla terra natia si
manifestava come nostalgia per il passato : "La lucente Sicilia dai
chiomati ulivi che par che preghino pace e i grandi templi ormai
solitari in mezzo al grande abbandono della campagna
di ulivi saraceni agli orli di un altipiano di argille azzurre
sul mare africano ".
Leonardo Sciascia, autore di romanzi a metà tra narrativa e la
saggistica, dove tra l'altro ha affrontato il problema della mafia,
è un profondo e lucido conoscitore della condizione della
Sicilia, dove tutto sembra destinato a non cambiare e dove i
galantuomini restano sempre galantuomini e i diseredati sempre
diseredati. Di questa atavica condizione già Verga aveva
indagato i risvolti con sconsolata rassegnazione. In Sciascia,
diversamente che in Verga, la rassegnazione cede il posto alla speranza
del rinnovamento e del riscatto, che potranno attuarsi in forza della
ragione e del valore dell' educazione, strumenti di elevazione morale e
sociale. Egli indaga nei problemi sociali per mettere in luce con
risentimento ed amarezza le carenze esistenti nel Sud, nella
costatazione che troppo spesso illusione e disinganno si susseguono
nella speranza di un futuro nonostante la verifica che gli errori di
ieri ancora oggi si scontano e, anzi, persistono. Prima o poi " la
carta buona ", l'opportunità del riscatto e dell' elevazione
sociale potranno toccare a tutti. Ma la sola speranza non basta, sono
necessari una più alta coscienza civile e un più concreto
impegno da parte delle Istituzioni per poter sconfiggere le
ingiustizie. In una intervista rilasciata ad una giornalista francese
nel 1979 egli testimoniava così i suoi sentimenti: " Io credo
nella ragione, nelle libertà, nella giustizia. Ma la storia
siciliana è tutta una storia di sconfitte : sconfitta della
ragione e degli uomini ragionevoli. Anche la mia storia è una
storia di sconfitte ". Ispirandosi sempre all'isola natia,
scandagliando le vicende e le molte contraddizioni, egli alternava
sempre la rappresentazione della Sicilia di oggi alla rievocazione
della Sicilia di ieri. La corruzione, la speculazione, il degrado
morale e materiale costituiscono il bersaglio dei suoi scritti che
hanno la natura della narrazione e del pamphlet politico,
caratterizzando l'attività di scrittore con il suo impegno
civile con cui analizza e fa conoscere la realtà siciliana. Nel
saggio-denuncia sulle condizioni del suo paese, Racalmuto (chiamato con
il nome immaginario di Regalpetra), egli fa la cronaca della vita
quotidiana : la triste esistenza dei braccianti e dei minatori, fatta
di fame e di miseria, l'ozio dei benestanti che si annoiano al Circolo,
la finta lotta politica che vede amici ed avversari intenti soltanto a
spartirsi il potere, la condizione di miseria dei bambini e dei ragazzi
:" D' inverno il freddo ,come dicono i vecchi, s'infila nelle cornadel
bue. Stretti e intirizziti come passeri, i ragazzi si raccolgono sui
gradini della scuola, dentro una striscia di sole, che è
soltanto gracile luce e consumano la loro prima colazione : il pane
scuro che addentano con furia, la sarda iridata di sale e squame che
mordono appena, con attenzione! Racalmuto incarna il carattere di
quella Sicilia interna, terra dello zolfo, del grano e del salgemma,
che ispirò tante pagine dei romanzi di Sciascia. Essi
rappresentano la cultura siciliana, la SICILITUDINE che egli trovava
negli abitanti, nelle loro storie, nei loro detti, nelle conversazioni
che si svolgevano per le strade, davanti alle botteghe, nei
caffè , nei circoli, nei silenzi della gente, nella
rappresentazione dei comuni vizi degli isolani, negli intrighi di
potere a livello sociale.
Lucio Bartolotta